Tibaldi riaccende la polemica nel PDL: “Scelte prese al buio, non seguirò le indicazioni”
"Io non ci sto". Prendendo in prestito una delle più celebri esclamazioni dell’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, il consigliere regionale del PDL, Enrico Tibaldi, ha espresso tutto il suo dissenso rispetto alle scelte portate avanti dal coordinamento regionale del suo partito in merito alle prossime elezioni politiche. La pace sbandierata nei giorni scorsi da Alberto Zucchi, che aveva negato la presenza di spaccature, predicando una "unità di intenti", è durata poco.
"Non condivido la scelta di desistenza del PDL valdostano a favore di candidati, programmi e strategie che nemmeno lui conosce", scrive oggi Tibaldi sul suo sito internet. "Una scelta al buio, senza sapere chi saranno i "nominati", dove si collocheranno nell’agone parlamentare e quale ipotesi di governo saranno disposti a sostenere. E senza possibilità di condividere alcunché da parte del PDL perché, come cinguettato dal Presidente della Regione, la coalizione è composta da tre sole forze; il PDL è fuori".
Il titolo del "post" con il quale Tibaldi affida il proprio pensiero s’intitola eloquentemente "Dalla resistenza alla desistenza": "Desistere significa non continuare, smettere, cessare, rinunciare a qualcosa: il primo partito italiano, per mutuare la solita frase di Berlusconi, ha scelto – per volontà del suo vertice locale – di non essere presente in Valle d’Aosta con una propria lista e con propri candidati alla competizione politica nonché di rinunciarvi a favore di un sodalizio che l’ha platealmente scaricato alla vigilia del nuovo anno. Non ho capito quale sia la merce di scambio, la contropartita: lo sapranno forse i contraenti dell’operazione, in particolare il coordinatore regionale e il capogruppo regionale, che prima fingono di essere su posizioni opposte e poi dichiarano di essere “più uniti che mai”. Buon per loro, male per i nostri elettori".
E poi, l’affondo finale. "Saranno pur tempi di saldi, ma svendere fino a questo punto un partito e i relativi consensi messi faticosamente insieme sul territorio, da tante persone e in almeno quindici anni, è una condotta che non si giustifica e che sarà punita severamente da un elettorato – liberale, di centrodestra, chiamatelo come volete – che appare silente e composto ma è tutt’altro che acquiesciente. Io non ci sto. Non seguirò le indicazioni di questo PDL alle prossime elezioni politiche e mi riterrò libero, come molti altri cittadini, di scegliere diversamente".