Covid, i pazienti trattati con i monoclonali in Valle hanno superato quota 400

21 Gennaio 2022

I pazienti trattati in Valle d’Aosta con gli anticorpi monoclonali hanno superato quota 400. E, molti di questi, sono ricoveri scongiurati, come spiega la Direttrice del reparto di Malattie infettive Silvia Magnani: “In questo momento siamo a circa 20 pazienti trattati a settimana. Non abbiamo sentore che le loro condizioni peggiorino e non abbiamo nessun ricoverato tra i pazienti che hanno ricevuto questa terapia. Ne abbiamo avuti solo due che erano in attesa di ricevere i monoclonali e che sono peggiorati prima di ricevere il trattamento”.

Non solo: “Da dicembre a oggi – prosegue l’Infettivologa –, degli ultimi circa 80 pazienti, nessuno è tornato in ospedale ed erano tutti molto fragili. Almeno un terzo dei pazienti trattati è un ricovero evitato. Nella scelta dei candidati, in genere, ci orientiamo anche su quante dosi di vaccino ha ricevuto”.

In realtà, però, la differenza tra chi ha avuto il vaccino o meno è poco significativa: “Il Sistema di Aifa è molto democratico: ti chiede se il paziente sia vaccinato o meno, con quale vaccino, ma non preclude a nessuno la possibilità di essere trattati. I monoclonali sono massimamente efficaci entro 7 giorni dall’esordio dei sintomi, sebbene si permetta di prescriverli anche con un tempo più vicino ai 10 giorni. C’è la possibilità di utilizzarli anche sui ricoverati, purché non stiano usando il casco Cpap. Serve conoscere il dosaggio degli anticorpi del paziente e possono essere somministrati solo se la persona non ne ha. Il che non si verifica solo nei non vaccinati, ma anche in chi ha delle immunosoppressioni. Esempi frequenti sono chi soffre di insufficienza renale, chi è in dialisi e non risponde bene allo stimolo dei vaccini e produce pochi anticorpi”.

La Valle d’Aosta, dall’inizio, è sempre stata in cima alle classifiche nazionali per l’utilizzo di questa terapia. Un problema nel resto del Paese la sta dando la variante Omicron, che rende pienamente efficace solo uno dei tre monoclonali, il Sotrovimab, le cui scorte scarseggiano.

Qui, la situazione è più stabile, complice anche una prevalenza residua di variante Delta. Magnani, ad ogni modo, spiega: “La difficoltà, al momento, sta nel fatto che il sequenziamento viene fatto a campione e inviato a Torino. Quindi non sappiamo se il paziente sia infetto da Delta o da Omicron. Ci regoliamo con la fragilità dei pazienti. Riguardo il Sotrmivab ne abbiamo un po’ meno rispetto agli altri, ma lo utilizziamo con i non vaccinati o con fragili. Per i vaccinati e le persone con fattori di rischio o necessità di ossigeno minori utilizziamo gli altri”.

La pillola anti Covid

Nel frattempo, a partire dagli scorsi giorni sono cominciate le prime somministrazione di Molnupiravir, la pillola anti Covid prodotta da Merck.

“Io stessa ne ho distribuite una ventina – spiega Magnani –, ed è molto efficace. Non è molto semplice da prescrivere perché ha un criterio temporale ancora più breve rispetto ai monoclonali, di 5 giorni dalla comparsa dei sintomi. Serve quindi una certa rapidità nel prescriverla, e l’abbiamo fatto per i pazienti che frequentano più assiduamente l’ospedale e che sono molto controllati, come le persone in chemioterapia, ad esempio. Per la prossima settimana sono attese altre scorte e potrà partire la distribuzione su più ampia scala”.

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