La sanità ha scioperato di nuovo: “Il diritto alla salute è garantito se finanziato”
La forma, spesso, è sostanza: “Difendere il Servizio sanitario nazionale ha per noi un valore morale oltre che politico, per evitare che un patrimonio fondamentale della nostra società e del nostro welfare possa essere abbandonato ad una politica incapace e piegata a interessi di mercato”.
A scriverlo sono le associazioni sindacali di medici, veterinari, farmacisti, psicologi, biologi e dirigenti sanitari Aaroi-Emac, Fassid, Fvm e Cisl Medici che ieri – lunedì 18 dicembre – hanno scioperato, sia a livello nazionale, sia in Valle d’Aosta.
Altre sigle, rispetto a quello del 5 dicembre, ma le motivazioni sono le stesse: “Le varie sigle si sono alternate per non organizzare un blocco unico e dare continuità ai servizi – spiega la dottoressa Susi Petit-Pierre, segretaria regionale dell’Associazione unitaria psicologi italiani e vice coordinatrice Fassid –. La grossa questione è che la Costituzione prevede il diritto alla salute per tutti, e questo viene garantito se finanziato. Altrimenti, si tratta di un modo indiretto per arrivare all’obiettivo di non servire a tutti”.
La situazione è delicata: “Come fanno ad essere gestiti i servizi se si tagliano i finanziamenti – si chiede ancora Petit-Pierre –? Il sistema pubblico è molto complesso. Ha biologi, farmacisti, chimici, infermieri, Oss, medici, psicologi, radiologi più tutti i riabilitatori ed i tecnici. È chiaro che, per un’azienda, gestire una varietà così ampia di professionisti è molto complicato. E proprio per questo il sistema pubblico va finanziato e non depotenziato come questo governo vuole fare. Si dice che non si finanzierà il rinnovo contrattuale dei dirigenti sanitari, appena firmato, poi si finanzia invece il privato. Non c’è nessun risparmio. Anche perché i gettonisti chiamati prendono anche 165 euro l’ora, mentre un dipendente medico 60/80. Il rapporto costi/benefici non è rispettato”.
“Non c’è economicità in questa manovra – aggiunge la segretaria Aupi –. Si vuole dare l’idea che il privato funzioni meglio, ma se non viene finanziato non funziona neanche lui. Il sistema pubblico è costituzionalmente previsto e per questo va finanziato seguendo le regole del mercato”.
Poi, la questione più strettamente lavorativa: “Lavorare con delle sicurezze di fondo è fondamentale – dice ancora Petit-Pierre –. Capisco che il governo potrà avere delle difficoltà economiche, ma spostando il problema non si riuscirà a risparmierà. Anzi. Cerchiamo di vedere le cose in prospettiva: pretendiamo che la prevenzione sia il punto centrale per vedere il Sistema sanitario nazionale. Tutti gli operatori sanitarti hanno fatto una scelta precisa nella vita: investire nello studio, la specializzazione, pagandosi personalmente formazione e aggiornamenti. Questo proprio perché il Servizio pubblico è fondamentale. Ma c’è un limite oltre il quale non può essere lasciato tutti ai singoli lavoratori”.
E la situazione in Valle d’Aosta?
Secondo la segretaria Aupi, in Valle non va tanto meglio. Anche se dei passi avanti si sono fatti e si stanno facendo: “Sicuramente il nuovo direttore generale ha a cuore il sistema pubblico – ha detto –. Sono stati fatti molti concorsi per Oss, personale amministrativo, infermieri, medici. L’impegno è stato molto importante e va riconosciuto. C’è però un malessere all’interno dell’Azienda e non è un mistero: molti dipendenti, medici e non solo, e non solo che hanno lasciato azienda per trovare situazioni migliori. Sia economiche, sia per la conciliazione tra vita privata e professionale. E qui, in alcuni Dipartimenti, ci sono carichi di lavoro insostenibili”.
Petit-Pierre chiede però un “cambio di passo”: “Non c’è la necessaria comunicazione all’interno dell’Azienda, ma devo dire che c’è attenzione da parte del direttore. Abbiamo anche un primo importante documento proposto a tutti i collaboratori, un questionario sul benessere aziendale. Siamo fiduciosi perché l’Azienda, anche nel nuovo atto aziendale approvato, punta su princìpi importanti sul benessere aziendale. Io ci conto tantissimo, ma non deve essere uno slogan”.