Sanità, in Valle la seconda spesa pubblica d’Italia ma le liste di attesa si allungano
Quella valdostana è la seconda spesa sanitaria più alta d’Italia, ma le liste di attesa continuano ad allungarsi. È ciò che è emerso oggi, 4 luglio, durante il convegno convocato da Cgil Fp-Spi presso la sala conferenze della Bcc Valdostana per fare il punto sulla situazione attuale della sanità valdostana e discuterne con le autorità competenti.
La crisi del sistema sanitario: cause e conseguenze
“Il sistema sanitario vive una crisi senza precedenti. Si disinveste dalla sanità pubblica e questo restringe sempre di più il perimetro del servizio pubblico universale, limita a molti l’accesso ai servizi sociosanitari, determina in questo modo la progressiva privatizzazione e la crescita delle diseguaglianze, non solo tra le persone ma anche nei territori. Lo sgretolamento della sanità pubblica trasforma il diritto alla cura e alla salute in un bene di consumo per chi può permetterselo”.
A puntualizzarlo, in apertura, Vilma Gaillard, segretaria generale della Cgil Valle d’Aosta. Se questo è vero a livello nazionale, per il quale nel triennio 2023-2025 è prevista un’ulteriore stretta sul bilancio destinato alla sanità, che porterà il rapporto spesa sanitaria/Pil a precipitare al 6%, a livello regionale la situazione è differente ma altrettanto – dice il sindacato – critica.
La situazione a livello regionale
Infatti, dopo un progressivo disinvestimento durato fino al 2017, a partire dal 2018 le risorse devolute alla sanità da parte del governo regionale sono tornate ad aumentare, passando dai 277 milioni di euro del 2020 ai 294 del 2021, registrando un incremento del 6,23%.
Ad oggi la quantità di denaro pubblico investito in sanità ammonta a 407 milioni di euro, il 41% della quale è destinata al personale. Tale investimento, corrisponde ad un terzo del bilancio regionale e alla spesa sanitaria più alta d’Italia dopo quella della Provincia autonoma di Bolzano. Ma non è solo la spesa sanitaria pubblica ad essere molto consistente.
Difatti, la spesa sanitaria privata pro-capite è la più elevata d’Italia. Nonostante la tendenza positiva in fatto di bilancio pubblico, i problemi permangono e come sottolinea la dottoressa Nerina Dirindin, docente di Economia e Organizzazione dei sistemi di Welfare all’università di Torino, il quadro è piuttosto disorientante: “Questa regione ha diverse opportunità: è una piccola regione con una solo azienda sanitaria, una popolazione con tradizione di competenze, serietà e rigore, una grande quantità di risorse finanziarie, un sistema sanitario ancora prevalentemente pubblico. Nonostante questo, si trovano un sacco di piccole debolezze, che messe tutte insieme fanno porre il quesito: cosa c’è che non funziona?”.
Le debolezze sono state rese evidenti dal monitoraggio Lea del 2021, che denota inadeguatezze in tutte e tre le aree prese in esame (prevenzione, distrettuale e ospedaliera) assimilabile solo a quella della Calabria. Un dato che stona con quello della quantità di personale sanitario ogni diecimila abitanti, che nel 2021 ammontava a 196,5 operatori pubblici e 7,7 operatori privati, in netta contrapposizione con il dato nazionale, che si attestava rispettivamente a 128 lavoratori nel pubblico e 14,9 nel privato. In particolare, il personale amministrativo corrisponde al triplo della media italiana, mentre quello tecnico al doppio.
Sebbene anche in Valle si assista ad una diminuzione del personale sanitario, il calo è solo dello 0,2% annuo, lo 0,3% in meno rispetto alla media nazionale. I posti letto pro-capite sono superiori del 15% rispetto alla media nazionale, con un tasso di occupazione del 90%, superiore del 20% rispetto alla dato statale, mentre il tasso di ospedalizzazione è superiore del 14% nei confronti dei numeri italiani. Questi ultimi dati non sorprendono, considerato che, come ricorda il direttore dell’Usl Massimo Uberti, in inverno e d’estate la popolazione presente in loco arriva a quintuplicare e a volte anche a sestuplicare a causa dell’afflusso turistico.
Già nel luglio 2019 la Cgil evidenziava lo stato di abbandono del Dipartimento della salute mentale, dove i concorsi di Psichiatria andavano deserti, e le carenze del reparto di Dermatologia. Per il sindacato, le problematiche erano imputabili alla scarsa attrattiva esercitata nei confronti dei medici e all’obbligo di superamento della prova di francese. Solo a partire da gennaio 2023 l’Usl ha iniziato ad assumere a tempo determinato alcuni professionisti del settore sprovvisti dell’esame di francese. Ciononostante, il problema permane.
Dei 2122 lavoratori assunti a tempo indeterminato, degli 11 assunti a tempo determinato e delle 288 risorse in somministrazione operanti nel 2021, secondo il rapporto della Corte dei conti dell’ottobre 2022 sono rimasti operativi sul territorio regionale soltanto 2068 tra medici e infermieri, 200 in meno del necessario. Tra le cause che hanno contribuito all’abbandono, secondo Gaillard, si possono annoverare l’invecchiamento della popolazione infermieristica, il corrispondente blocco del turnover, il peggioramento delle condizioni lavorative, lo scarso numero dei posti disponibili nei corsi di laurea, gli stipendi inferiori alla media europea e il “frontalierato”.
I medici avviatisi al pensionamento, negli ultimi dieci anni ammontano a 260. Ad oggi mancano all’appello 40 medici e 20 dirigenti. La mancanza più grave si riscontra nella Medicina di base, dove a maggio 2023 mancavano 17 professionisti per garantire la copertura sanitaria su tutto il territorio e ciascun operatore si trovava a gestire fino a 1600 pazienti. La situazione più grave, in quest’ambito, si riscontra nella media Valle. Per contrastare questo abbandono l’azienda, a febbraio, ha bandito due “maxiconcorsi” provvedendo parallelamente ad esternalizzare i servizi delle Rsa di Variney e di Perloz.
Le liste di attesa e l’assistenza domiciliare
Questi problemi si riversano sul progressivo rallentamento delle liste d’attesa. Il 26 giugno 2023, un paziente doveva aspettare da 104 a 105 giorni per un elettrocardiogramma dinamico in Cardiologia, da 107 a 175 giorni per un ecodoppler, 251 giorni per la Dermatologia, 230 giorni in Urologia e 223 giorni per una risonanza magnetica, nonostante sul territorio siano presenti 3,2 tomografi ogni centomila abitanti, quando a livello nazionale la media è di 1,2.
Per quanto riguarda l’Ufficio Invalidi civili, secondo il patronato Cgil, su 100 pratiche soltanto 21 vengono concluse nel giro di sei mesi e 15 devono aspettare fino ad un anno per avere una risposta. La stessa cosa vale per l’Inail, dove delle 21 pratiche presentate nel 2023 solo 5 risultano concluse.
Segnali preoccupanti vengono anche dall’ambito dell’assistenza domiciliare integrata che tratta un quinto dei casi coperti dalla media nazionale, nonostante il numero di ore dedicato ad ogni caso sia il triplo rispetto alla media italiana. Tutto questo, ha fatto sì che nell’ultimo rapporto del Crea il sistema sanitario regionale si assestasse al dodicesimo posto su 20 in fatto di performance.
La salute mentale valdostana
Da ultimo, va considerato che la Valle d’Aosta è tra le regioni con le maggiori criticità in fatto di salute mentale. Dei 20 obiettivi proposti con il Piano Nazionale di Salute mentale del 2013, quelli non attuati nel 2021 erano 6.
Tra questi, figurano la prevenzione del rischio suicidario, la promozione della salute fisica, la lotta allo stigma, gli interventi tempestivi e integrati per i disturbi gravi, i minori sottoposti a provvedimenti penali e il trattamento della doppia diagnosi. Un sintomo indicativo delle criticità in fatto di salute mentale, secondo Dirindin è il fatto che: “Abbiamo il triplo di posti letto nelle residenze psichiatriche, si fa poco sul territorio per la psichiatria e ci sono tante residenze. Il ché vuol dire che siamo abituati a ricoverare o a rinchiudere le persone con disturbi mentali”.