Vaccino anti Covid dai 5 agli 11 anni: “Bisogna fidarsi della scienza”
Il vaccino anti Covid-19 per la fascia d’età 5/11 anni è stato approvato da Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, lo scorso 1° dicembre, assieme al parere del Comitato Tecnico Scientifico. Resta ancora da capire con certezza quando potrà cominciare la campagna vaccinale per i più piccoli – il generale Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza, ne ha annunciato l’avvio per il 16 dicembre –, ma sul “perché” i pediatri non hanno dubbi: il vaccino è consigliato.
“Assolutamente sì – spiega il dottor Angelo Cerbelli, pediatra –. Purtroppo, abbiamo già visto che la fascia di età delle infezioni si è abbassata. Non c’è allarmismo, il Covid-19 si presenta con sintomi sovrapponibili a quelli influenzali stagionali ma un bambino che porta a casa l’infezione costringe ad un ‘effetto domino’ di quarantene e isolamenti che purtroppo conosciamo bene. Un bambino può essere anche un ‘cavallo di Troia’ per il virus e quando vengono colpiti gli adulti si creano problemi, a volte anche molto grossi”.
Non solo: “Non ci possiamo permettere di avere, in questo momento, una fascia di popolazione completamente scoperta – aggiunge il medico –. Dovesse svilupparsi una variante più aggressiva è importante avere la maggiore copertura possibile. Mi sento di tranquillizzare i genitori. Mi sento di dire che i vaccini a mRna e la formulazione del dosaggio ridotta a un terzo per i bambini diano sicurezze. Le perplessità c’erano anche sull’anti-poliomelite o sull’anti-difterite, che hanno creato poi una salute diffusa nella popolazione e reso alcune patologie un lontano ricordo”.
“Il nostro lavoro è da sempre volto alla prevenzione – prosegue Cerbelli –, e adesso ancora di più. Questa vaccinazione è un po’ diversa dalle alte, che avevano coperture più collaudate, ma si parla di una pandemia e ognuno deve giocare il suo ruolo: noi operatori, così come i genitori. Bisogna ragionare, fidarsi della scienza e un po’ meno dei social dove si trovano tante notizie fuorvianti”.
Hub pediatrici o vaccinazione negli studi?
Una delle incognite riguarda anche i luoghi nei quali la campagna vaccinale si concretizzerà. Cerbelli spiega: “La nostra discussione, al momento, verte su come e dove gestire le vaccinazioni, dato che parliamo di un’età molto delicata. Ci sono gli hub, che sono strutturati, ma resta da capire come avere un canale un po’ più ‘familiare’, proprio come quello che si vive dal pediatra. Si sta discutendo se istituire gli hub pediatrici o se vaccinare negli studi, calcolando che in questo periodo la pressione è notevole, viste le patologie stagionali”.
Le questioni da capire, in attesa di direttive statali – mentre è certo che la somministrazione avverrà con due dosi – sono diverse: “Riguardo i bambini guariti, sarebbe da fare un test sierologico per capire la quantità di anticorpi. Secondo me ad un genitore vanno date queste risposte, avere queste sicurezze è importante se vogliamo tirarci fuori da questa situazione una volta per tutte. Ora si è entrati in una ‘strettoia’, il virus sta colpendo sempre più l’età non coperta ma per fortuna i sintomi non sono stati gravi”.
Con un occhio a quanto avviene all’estero: “Negli Stati Uniti e in Israele ci sono ormai moltissimi vaccinati tra i bambini e con buoni risultati – aggiunge il pediatra –. Bisogna far capire che Ema e la nostra Aifa, gli enti che danno il via libera alla somministrazione dei farmaci, sono molto serie e prima di permettere l’utilizzo di un prodotto spulciano tutti i dettagli, li analizzano con attenzione estrema”.
Insomma, chiude Cerbelli, “aspettiamo direttive più precise, dalla conferma o meno della data del 16 dicembre fino a dove potremo gestire questa campagna. Ma i colleghi sono tutti assolutamente favorevoli alla vaccinazione”.