Novità nella didattica valdostana: il modello “Dada” alla Martinet e il periodo unico al Maria Adelaide
Non c’entra niente con il dadaismo, ma sembra condividerne la creatività e il desiderio di innovazione rispetto alla staticità del passato. Il modello “Dada” (Didattiche per ambienti di apprendimento) è stato avviato a partire dall’anno scolastico 2014/15 nei Licei Scientifici Statali di Roma ‘J. F. Kennedy’ e ‘A. Labriola’, e da qui si è diffuso in oltre 200 scuole italiane, approdando quest’anno anche in Valle d’Aosta. Ad adottarlo nella scuola secondaria di primo grado ‘Eugenia Martinet’ di cui è dirigente, da quattro anni, Federico Marchetti, che spiega così che cosa cambierà nell’istituzione a partire da settembre: “Si tratta di valorizzare l’ambiente di apprendimento facendo muovere i ragazzi nelle varie discipline, scardinando il concetto di aula dal concetto di classe. I ragazzi infatti non staranno più in una sola aula per tutto il giorno, ma i gruppi classe si muoveranno da un’aula all’altra”.
Il modello si fonda su studi neuroscientifici e pedagogici che dimostrano i benefici del movimento in sede scolastica. “L’apprendimento è un processo dinamico e non statico”, continua Marchetti, “ma gli alunni italiani sono abituati a rimanere seduti tutto il giorno in un’aula che dalla scuola di primo grado in poi diventa sempre più asettica e vuota. Con la Dada invece le aule diventano degli ambienti immersivi di cui si cura particolarmente l’aspetto sensoriale ed emotivo, dei veri e propri laboratori strutturati come luoghi di apprendimento di un’unica disciplina”. Percorrendo i corridoi della scuola Martinet, colpisce subito la vitalità e l’individualità di ogni stanza, che si sta procedendo a fornire di tutti i materiali richiesti dagli insegnanti della stessa disciplina, in un confronto e uno scambio di buone pratiche che possono solo giovare alla didattica. Così, ogni aula ha la targa di un personaggio o di un luogo famoso legato alla materia che vi si insegna e ogni dettaglio – dalla disposizione e la dimensione dei banchi alle cartine geografiche – è curato in vista di un solo obiettivo: la personalizzazione dei luoghi di apprendimento.
D’altronde, una particolare attenzione in questo senso è precedente all’adozione della Dada: già da tre anni la Martinet stava lavorando per valorizzare il corridoio, uno spazio trasformato in un museo fisso, appendendo panelli didattici che accompagnano gli alunni nel loro percorso verso le varie aule. Ora si aggiungono gli armadietti, in cui ogni studente potrà lasciare lo zaino per poi portare con sé solo una bag di tela con lo stretto necessario. “Dada significa leggerezza e comodità. Mi piace pensare che, se lo zaino serve per sopperire alle mancanze e difficoltà dovute all’ostilità di un luogo come la montagna, la scuola non debba invece essere un luogo ostile”, suggerisce Marchetti. “Con la Dada non ci saranno più cinque o sei materie al giorno, ma solo tre o quattro: la lezione avrà più ampio respiro, senza la fretta dei cinquanta minuti, e il docente avrà tutto il tempo per promuovere una didattica più dinamica”.
Il dinamismo della didattica, d’altro lato, è uno degli elementi forti dei sistemi scolastici stranieri, che sono organizzati per la maggior parte secondo un modello simile alla DADA. Lo scopo di quest’ultima è proprio quello di conciliare la funzionalità organizzativa di matrice anglosassone all’alta qualità dell’insegnamento italiano, un’unione indispensabile, secondo Marchetti, per combattere la dispersione scolastica e accrescere l’entusiasmo degli studenti: “Non si può scindere l’insegnamento dal benessere, l’alunno non può imparare se vive male e con demotivazione la scuola, se non sta bene in un ambiente in cui passa sei ore al giorno”.
Un credo del genere è quello condiviso dal dirigente Daniele Barca dell’Istituto Comprensivo 3 di Modena, dove Marchetti è venuto a conoscenza della DADA durante il suo tirocinio da dirigente scolastico nel 2019. Ora l’obiettivo sarà quello di trasferire il modello nella Martinet e di mantenere alto l’entusiasmo degli studenti, che hanno sperimentato una settimana di prova nello scorso giugno, e delle famiglie, che il dirigente ha voluto incontrare per presentare il progetto. “Dopo anni di chiusure e di DAD, i ragazzi hanno preso a cuore il progetto e sono stati eccezionali, riuscendo a muoversi nell’edificio e a leggere correttamente le planimetrie e gli orari. Questo mi fa credere che dando fiducia si ottenga fiducia e che si debba investire per farli crescere e diventare responsabili e autonomi”. Sono stati però alcuni tra i docenti, che hanno ricevuto un’apposita formazione DADA, ad esprimere inizialmente alcune preoccupazioni, senza però che il dirigente si lasciasse scoraggiare. “Si sa che la scuola è un ambiente restio al cambiamento e pieno di procedure organizzative”, conclude Marchetti, “ma per me questa è una priorità, perché credo che il ruolo del dirigente possa davvero fare la differenza”.
Anche la novità introdotta nel Liceo delle scienze umane e scientifico ‘Regina Maria Adelaide’ vuole rinnovare la didattica per “fare”, in qualche modo, “la differenza”. Il dirigente Francesco Fazari motiva così la decisione da parte del collegio docenti di votare per il periodo unico, anziché per la divisione dell’anno scolastico in trimestri o quadrimestri. “È una scelta doverosa perché la scuola cambia e deve essere più rispettosa di nuove necessità. In Italia molte scuole adottano già il periodo unico e l’intento è quello di stare più attenti agli alunni”. Con il periodo unico, infatti, si eviterebbe lo “stress” della suddivisione in primo e secondo quadrimestre, che spinge sempre i docenti a concentrare le valutazioni a dicembre e a maggio. “In questo modo si accumulano valutazioni affrettate che sono foriere di un giudizio non armonico”, spiega Fazari, “visto che gli studenti si trovano a dover affrontare magari un compito in classe e due interrogazioni nella stessa giornata”.
Ora occorrerà riprogrammare l’attività didattica in modo che lo studente sia valutato in base all’andamento dell’intero anno scolastico, in cui verranno distribuiti recuperi periodici per permettere di metabolizzare le conoscenze. “Negli ultimi anni non si facevano quasi più interrogazioni orali perché, per mancanza di tempo, soprattutto nelle classi più numerose, erano sostituite da compiti scritti”, conclude Fazari. “Penso che il periodo unico ci darà la possibilità di rivedere in meglio tante cose e aiuterà a combattere la dispersione scolastica, che in Valle d’Aosta raggiunge dati preoccupanti”.