UniVdA, l’appello del corpo docenti: “I tagli alla ricerca sono la morte dell’Ateneo”
“La vittima più rilevante di tale ingente definanziamento è proprio il settore della terza missione e della ricerca, che, se soppresso, rischia di trasformare un qualsivoglia ateneo in un polo unicamente didattico senza alcuna prospettiva di sviluppo futuro”.
Sono queste le parole con cui Furio Ferraresi, professore associato di storia delle dottrine politiche e rappresentante del corpo docente all’interno del Senato accademico, commenta la delibera del 24 maggio scorso con la quale il Consiglio dell’Università della Valle d’Aosta ha scelto di destinare 600 mila degli 800 mila totali di utile del bilancio del 2021 all’implementazione delle dotazioni informatiche della nuova sede nell’ex casera Testafochi.
I tagli al bilancio
Secondo gli organi accademici locali, tale sfasatura economica è imputabile alla mancanza di una corretta programmazione degli investimenti sul lungo termine, che impone particolare prudenza nel calcolo del bilancio del mese di gennaio, il quale deve tenere conto, oltre alle spese fisse per l’amministrazione, disagi e disguidi verificabili nel corso dell’anno.
“All’inizio di quest’anno i nostri dipartimenti avevano a disposizione attorno ai 3 mila euro ciascuno mentre i nostri centri di ricerca soltanto 1000 euro ciascuno e la speranza che queste cifre fossero compensate grazie all’utile di bilancio di fine primavera, come peraltro annunciato nei giorni antecedenti la convocazione a seguito di un’interlocuzione tra corpo accademico e Regione, è stata del tutto azzerata a causa della scelta fatta – lamenta Ferraresi, denunciando la decisione presa dalla componente politica del Senato espressasi a favore di una mozione che Rettrice, rappresentanti dei docenti e ricercatori hanno ritenuto invece inaccettabile -. Se parte dei fondi è stata comunque orientata al potenziamento tramite assunzione di personale dell’ufficio ricerca nonché alle borse di studio e mobilità a sostegno degli studenti, è innegabile l’impossibilità di bandire nuovi assegni di ricerca per laureati e dottorati che vogliano avviare carriere accademiche o anche solo di svolgere le nostre canoniche attività legate alla terza missione, oltre che l’assenza di denaro sufficiente a fornire ai docenti le dotazioni di base necessarie agli spostamenti o all’acquisto di materiale didattico o a riproporre quel progetto di counseling psicologico rivelatosi fondamentale negli anni di pandemia per far fronte al disagio studentesco”.
Le conseguenze sull’ateneo
Oltre che sul settore della ricerca universitaria, tale ingente stanziamento di risorse per il solo nuovo plesso minaccia di pesare sull’incremento futuro dei corsi di laurea e sulle iniziative di internazionalizzazione così sentite in una regione di confine come la nostra.
“Sarà fondamentale, nel corso di un anno di transizione per tutta l’università italiana come prevede di essere il prossimo, incoraggiare e sostenere il ritorno in presenza e, se a livello nazionale vengono stanziati fondi aggiuntivi proprio in relazione a una didattica innovativa, nel nostro ateneo abbiamo invece appena dovuto chiudere lo studentato – ha commentato la rettrice dell’Università degli studi della Valle d’Aosta, Mariagrazia Monaci -. A influire altresì sul reclutamento di personale è l’annualità del finanziamento regionale da cui dipendiamo, insufficiente e incerto tanto da impedire la programmazione e gli investimenti su spese ripetibili, ostacolare lo sviluppo e la progettazione dei corsi e annullare assunzioni o progressioni di carriera”.
I nuovi investimenti
Dettisi consci che la ricerca rappresenti una missione imprescindibile dell’università nonché un volano di sviluppo per il territorio, presidente della Regione, assessori competenti, presidente del Cpel e sindaco di Aosta hanno promesso di trarre nuovi finanziamenti dal PNRR e dai progetti FSE ma ciò non è parso scongiurare i timori e le preoccupazioni delle componenti dell’ateneo.
“Il problema principale di queste risorse non è tanto la loro disponibilità, fra l’altro ancora a venire e con tempistiche non ancora chiare, quanto il fatto che in larghissima parte esse risultano finalizzate al sostegno di specifici progetti e interventi in aree e tematiche precise e, pur nella loro importanza, non incidono sul funzionamento di un ateneo e, anzi, hanno bisogno di esser sostenute amministrativamente finendo così con l’incidere sul personale – ha proseguito Monaci -. La didattica e la ricerca intrecciano questo denaro ma non possono esservi basate poiché esse hanno tempi, finalità e vincoli molto stringenti legati a un funzionamento quotidiano quanto più stabile possibile del polo”.
I docenti prendono posizione
Il sottofinanziamento del quale l’università degli studi della Valle d’Aosta è vittima sarà prossimamente oggetto di discussione da parte dei circa 50 docenti che vi lavorano, i quali hanno indetto per la giornata di domani, mercoledì 1° giugno un’assemblea volta ad apportare chiarimenti.
“Dopo lo scritto già presentato e discusso in Senato, prevediamo con questo incontro di affidare definitivamente la nostra posizione ufficiale a un documento che siamo certi sarà sottoscritto da larga parte degli accademici, al quale non escludiamo di affiancare iniziative di mobilitazione pubblica che permettano a tale tematica di raggiungere l’opinione pubblica e di farsi oggetto di dibattito per la collettività – ha spiegato Ferraresi -. Il paradosso che purtroppo affligge l’Ateneo risiede proprio in quella nuova sede da anni oramai in costruzione e ben lontana da un’apertura che oscilla attorno al mese di settembre del 2023 che la Regione perdura nel finanziare sprecando denaro per del materiale reso superfluo dalle dotazioni informatiche già acquistate per le altre sedi”.
Il futuro di UniVdA
L’assenza di un polo fisso e la conseguente ripartizione delle aule su più edifici non paiono tuttavia spaventare i vertici di ateneo, che negli anni si sono mobilitati per predisporre progetti e piani di fattibilità per corsi triennali, magistrali e master finalizzati all’ampliamento dell’offerta formativa e al completamento di quella già in essere con l’ipotesi di collaborare con altri atenei italiani e stranieri.
“Ancorché ignorati, i nostri corsi di laurea risultano particolarmente attrattivi per gli studenti valdostani, dei quali non è calato né il numero di iscritti ad ogni corso né il numero di domande di preiscrizione all’inizio dell’anno, un numero di immatricolati forzatamente limitato da un bacino di utenza già di per sé ridotto – ha concluso Monaci, imputando al calo degli studenti recentemente registrato non tanto la qualità dei corsi quanto piuttosto il ridimensionamento dell’offerta formativa -. Questa università sarà in grado di vivere, pur nelle dimensioni limitate ai soli 2 mila studenti del suo progetto iniziale, soltanto se si rivelerà capace di rivolgersi a un’area più vasta proveniente da fuori Valle, una dinamica rafforzabile soltanto tramite la creazione di nuove strutture, il sostegno al funzionamento ordinario e all’autopromozione”.