Adriana, la stagista spagnola rimasta ad Aosta per aiutare i disabili

24 Marzo 2020

Adriana è una ragazza di 24 anni proveniente da Valencia, in Spagna. Come altri giovani europei è arrivata ad Aosta il 21 ottobre scorso per svolgere uno stage Eurodysée di sei mesi presso la Maison à Câlins, una struttura residenziale che ospita otto disabili adulti gestita dalla cooperativa sociale Indaco.

Sei mesi in cui affianca gli educatori, l’operatrice socio-sanitaria e l’infermiera della cooperativa nella gestione dell’appartamento, delle persone residenti e nell’animazione degli utenti. “Mi occupo di diverse attività dai laboratori di cucina a quelli artistici, ma anche di seguire gli ospiti nella loro quotidianità, nel momento dei pasti e nelle pulizie” ci racconta Adriana. A inizio marzo, con l’esplosione, in Italia e in Valle d’Aosta, dell’epidemia di Coronavirus avrebbe potuto sospendere lo stage e rientrare nel suo paese, come hanno fatto molti suoi coetanei che hanno abbandonato le zone del nord Italia per tornare nelle loro famiglie di provenienza al Sud Italia.

Ma ha scelto di restare. “Voglio finire questa esperienza e mi sento tranquilla di poterlo fare in sicurezza” spiega. “Sarei molto più preoccupata di mettermi in viaggio ora”. Come lei anche i suoi coinquilini, gli altri otto stagisti  – tre spagnoli, un portoghese, tre francesi e un belga – che hanno scelto di proseguire lo stage in Valle.

Per alcuni è stato indubbiamente più semplice: hanno potuto optare per il telelavoro da casa, per Adriana insieme ad un’altra stagista, la presenza in struttura, a contatto con altre persone, è indispensabile. “Sono tranquilla perché ci siamo organizzati per proteggerci e proteggere i ragazzi dal virus: usiamo dispositivi di sicurezza e procediamo con regolarità a sanificare i locali”.

In un momento come questo la presenza di Adriana si rivela ancor più preziosa: gli ospiti sono costretti a rimanere in casa, non possono uscire, non ricevono le visite dei familiari e dei volontari e hanno dovuto interrompere tutte le loro attività nei centri diurni che normalmente frequentano. “A differenza di prima adesso dobbiamo organizzare e inventarci giochi e passatempi per occuparli durante tutta la giornata”.

Per loro, persone più fragili, è più difficile comprendere ed accettare lo stravolgimento della loro quotidianità: “Il contatto con la famiglia, gli amici e i volontari riusciamo a mantenerlo grazie alle videochiamate”. Certo rimane la preoccupazione che con il passare dei giorni e delle settimane possano innervosirsi e irritarsi. “Per ora sembrano vivere bene questa situazione e ci hanno stupito in positivo nella loro reazione. A volte chiedono perché non possono uscire, ma riusciamo ancora a distrarli”.

Questo periodo della sua vita rimarrà impresso nella vita di Adriana. “Le immagini forti che arrivano dalla Lombardia, le strade deserte di Aosta, le continue precauzioni che dobbiamo prendere per evitare di portare il virus dentro casa come misurarsi la febbre la tutti i giorni, cambiare i vestiti e le scarpe, indossare mascherina e guanti. Sono tutte cose che difficilmente dimenticherò”.

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