Alessandro Saravalle, il giovane ciclista guarito dal coronavirus

06 Aprile 2020

Tutto è cominciato da una cena di famiglia il 4 marzo, prima dei decreti, a cui tutti i partecipanti sono poi risultati positivi: “Mio nonno, Cesare Bovet, il giorno prima era andato a fare volontariato. Quella sera aveva tosse ed un principio di polmonite, qualche giorno dopo l’hanno portato in ospedale. Sembrava stabile, poi due domeniche fa ci hanno detto che era peggiorato e di lì a poco è mancato. E’ stato un colpo per tutti”. A raccontare la storia della propria positività al coronavirus e della guarigione è Alessandro Saravalle, giovane ciclista di Saint-Christophe, che è uno dei guariti della nostra regione.

Prima di quella cena, nel weekend del 1° marzo, Alessandro era andato in Romania per una gara di winter triathlon, la disciplina che pratica nella stagione invernale: “In Italia si stavano registrando i primi casi, quindi non sapevamo ancora se saremmo andati. Una volta arrivati lì la situazione era surreale: ci facevano dei questionari e ci prendevano la temperatura. Ci trattavano come degli infetti, noi la prendevamo sul ridere”, racconta. Il weekend successivo si è allenato in Piemonte, prima della chiusura definitiva, e da lì ha dovuto tenersi in allenamento da casa pedalando sui rulli.

Poi i primi campanelli d’allarme: “Ha iniziato a stare male mio zio, Marco Bovet, e via via gli altri. Hanno fatto il tampone e sono risultati positivi. Io stavo bene, ma il sabato notte – siamo al 14 marzo – sono stato male: mal di testa, più di 38.5 di febbre che non scendeva nonostante la tachipirina, e dolori muscolari al punto da non poter camminare. Per me che faccio sport era strano. Per di più non facevo un’influenza dal 2016, quindi mi è venuto il dubbio”. Da quel giorno è iniziato l’isolamento per Alessandro, suo padre e la compagna, poi il tampone ha confermato i dubbi, anche se amici e colleghi entrati in contatto con lui non sono risultati positivi.

“Mio padre e la compagna sono stati male e si sono ripresi solo pochi giorni fa, mentre io il mercoledì successivo mi stavo di nuovo allenando sui rulli, sempre tenendo la situazione sotto controllo per evitare ricadute. Ognuno reagisce a modo proprio, e forse questo è uno dei problemi: io, forse perché sono allenato, non ho avuto problemi ai polmoni, mentre mio padre e la compagna, ad esempio, hanno perso il senso del gusto”.

Le tre settimane di isolamento sono state pesanti soprattutto dal punto di vista emotivo: “Non poter vedere i miei parenti, mia nonna che abita qui vicino, è stato brutto. Eravamo agli inizi dell’emergenza, quindi nessuno era preparato”. Il 24enne di Saint-Christophe però ringrazia il comune, i vicini e quanti si sono dati da fare per aiutarli: “Ci hanno dato una mano con la spesa, con l’immondizia. I sanitari dell’USL sono stati molto disponibili e chiamavano ogni giorno per sapere come stavo. Forse, proprio perché eravamo agli inizi, c’era più tempo per fare i tamponi e per seguirci bene”.

Ora per Alessandro ed i suoi famigliari si prospetta un graduale ritorno alla “normalità” dopo l’esito negativo dei due tamponi. “Anche solo uscire a fare la spesa o a buttare l’immondizia sarà una gioia. Ci si aspetta che il virus torni, spero di “essermi tolto il problema” e che sia vero che si sviluppi l’immunità”.

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