Ayas: 20 pecore sbranate, si sospetta il lupo. Allevatori e agricoltori insorgono: “Servono risposte concrete”

12 Giugno 2020

L’allarme arriva dal mondo degli allevatori e da quello agricolo: dopo il probabile attacco di un lupo ad un gregge di pecore ad Ayas – che verrà confermato o meno dalle analisi genetiche -, servono risposte.

“Stanotte abbiamo avuto i lupi, entrati dentro un gregge di un centinaio di agnelle sopra Mandrou – spiega in un video il proprietario, Roberto Bagnod –. Nel recinto abbiamo messo la rete da un metro e 50 per i lupi, abbiamo preso le precauzioni. Ci sono circa 22 pecore sbranate, e una decina di agnelle tagliate o prese per la gola. Non capisco questa volontà di non cercare di fermare questi animali, anche per noi diventa dura. La Regione ci dà i soldi per comprare le reti, per comprare i cani e pagare i pastori, ma è giusto fare morire degli animali così?”.

“Non voglio fare troppo ‘terrorismo’ – aggiunge l’imprenditore –, abbiamo fatto tutto ciò che dovevamo, ma non sappiamo più cosa fare. Bisognerà prendere dei provvedimenti, spero che non vadano avanti ad attaccare anche i bovini. Io ho paura, domani caricherò gli animali sul camion e li porterò giù in cascina perché non me la sento di lasciarli soli, anche se abbiamo un cane, un pastore del Caucaso”.

Arev: a rischiare l’estinzione ora è l’allevamento di montagna

Sull’attacco interviene anche l’Arev – l’Associazione regionale allevatori valdostani –, che in una nota firmata dal suo Presidente Dino Planaz spiega: “In Valle d’Aosta la maggior parte del territorio è destinato a pascolo, unica coltura possibile a causa delle elevate quote altimetriche. A nulla sono servite le ripetute grida d’allarme e le preoccupazioni espresse dagli allevatori in questi anni che lamentando un susseguirsi di avvistamenti in prossimità degli allevamenti e delle abitazioni mettevano in chiara evidenza la necessità di intervenire prima che la situazione degenerasse, con gravissimi rischi per animali, popolazione e territorio”.

Non solo: “A nulla sono servite le misure di prevenzione consigliate, anche se in parte finanziate, solo per l’acquisto del materiale, ma non per il tempo necessario per la loro messa in opera, che hanno dimostrato tutti i loro limiti di efficacia in situazione montana come la nostra – aggiunge Planaz –. Si sta assistendo a scelte di non utilizzare grosse porzioni di pascolo perché giudicate pericolose per gli animali domestici, si è giunti anche alla demonticazione anticipata degli animali a causa degli attacchi, a quando il definitivo abbandono degli alpeggi?”.

Planaz che chiede “a gran voce a nome di tutti gli allevatori” misure “finalmente efficienti e non solo interventi palliativi di tipo economico, che intervengono a danno avvenuto. Mantenere in sicurezza gli animali in montagna oggi significa affrontare dei costi insopportabili per necessità di personale e di strutture non efficaci data la conformazione del territorio. Non è neppure pensabile rimanere fisicamente presenti accanto agli animali per 24h su 24h. Oggi non è più il predatore che rischia l’estinzione, ma sta rischiando l’estinzione l’intero comparto dell’allevamento di montagna”.

Coldiretti: servono risposte concrete per le aziende colpite

Sulla “situazione di emergenza” interviene anche Coldiretti Valle d’Aosta che, per bocca del suo Presidente Alessio Nicoletta chiede “risposte concrete da dare al settore agricolo e al mondo degli allevatori costretti a fare i conti con continue predazioni del lupo ai loro animali”.

Nicoletta spiega: “La situazione è davvero insostenibile per le realtà agricole già fortemente penalizzate dall’emergenza sanitaria. Ad essere predate sono stati, in questo caso, animali chiusi e protetti da un recinto, segno che la corretta custodia effettuata dagli allevatori non è più sufficiente”.

A questo si aggiunge uno “scenario profondamente mutato rispetto al passato”, con “la presenza del lupo sul territorio in crescita” e con un lockdown che ha fatto registrare – dice sempre Coldiretti – “un progressivo avvicinamento degli animali selvatici, tra cui il lupo, alle case e ai villaggi per la riconquista di spazi prima evitati perché troppo antropizzati”.

“Il quadro – prosegue Nicolette – chiede nuove riflessioni per difendere gli nostri allevatori e rassicurare le piccole comunità valdostane. Il ristorno dei danni e delle perdite non sono più sufficienti, vanno studiati nuovi strumenti, attivi e passivi, per consentire alle aziende agricole di difendersi meglio e di reggere, tenendo conto che la stagione dei pascoli è appena iniziata”.

“È indispensabile andare incontro a queste aziende riconoscendo come causa di forza maggiore l’eventuale mancato rispetto degli impegni assunti con le domande presentate sul Piano di Sviluppo Rurale” sostiene invece Elio Gasco, direttore di Coldiretti Valle d’Aosta.

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