Batailles, il giorno dopo: fatica a non finire, ma non per gli allevatori delle tre regine
Cosa resta della Regionale 2022? Una gran fatica, a dirla tutta. Perché ogni volta che si esce dall’arena sotto la luce dei riflettori – felici o meno per i risultati, questo conta relativamente – sale addosso una stanchezza del tutto particolare.
In un modo o nell’altro, si esce sempre dalla Croix-Noire con il sorriso ma avanzando alla ricerca (disperata, a volte) della propria vettura parcheggiata chissà dove al mattino presto e ci si rende conto che un altro anno è passato, che una stagione di reines è finita. Che non vuol dire solo “ciao combats” fino alla prossima primavera, ma anche che l’inverno è alle porte, che le giornate si fanno più corte, che bisognerà aspettare un bel po’ per rivedere in azione le regine e ritrovare gli amici di sempre. Quelli che vedi alla Croix-Noire e a Sant’Orso e che altrimenti non hai occasione di frequentare.
Tre reines nuove come i loro allevatori
Cercheremo di riassumere in una storia a puntate (due, non vogliamo neanche che le cose vadano per le lunghe) le sensazioni del post Regionale. In primis le regine: Bataille dei Martignon, Rubis di Massimiliano Garin, Falchetta di Lorenzo Rosset. Cos’hanno in comune? A prima vista nulla, ma a ben guardare oltre ad essere reines regionali per la prima volta sono pure bovine di tre distinti allevatori che il bosquet della finale della Croix-Noire, finora, l’avevano visto solo nelle fotografie pubblicati sui giornali del giorno dopo.
Martignon c’era andato vicino nel 2016 con Belonne, madre di Bataille. E che Bataille fosse tra le favorite di domenica lo si era capito a fine settembre a Chatillon, quando aveva maltrattato (e siamo stati gentili) tutte le concorrenti che le avevano conteso lo scettro di reina di concorso. Era tra le favorite così come Rubis di Massimiliano Garin nel secondo peso: qui il cuore di chi scrive ne esce finalmente rinfrancato, perché fare i pronostici (ascoltando prima fonti ben informate, ça va sans dire) è un grosso rischio.
In questo senso, però, alzi la mano chi avrebbe puntato un euro su Falchetta di Lorenzo Rosset di Nus: il suo 99, nei numeri “cerchiati in rosso” delle batailles del 2022, non ci era entrato mai. Sorpresa a tutti i livelli, ma non carneade fortunata: andate a vedervi chi ha asfaltato nel corso del pomeriggio e capirete la forza di questa regina.
Nuovo che avanza, quindi? Il titolo potrebbe essere questo, ma fermarsi alle sole regine sarebbe un errore piuttosto grossolano. La classifica va vista nella sua interezza, e c’è addirittura chi reputa riduttivo fermarsi al solo tabellone dei quarti di finale. Senza spingerci a scartabellare oltre gli schemi di una domenica infinita, i grandi “guru” delle reines nostrane ci sono tutti (o quasi). Il presidente Bonin aveva tre regine e le porta tutte a premi (2 quinte, una terza): manca la ciliegina sulla torta, ma dalle parti di Les Iles di Gressan hanno sufficiente esperienza per capire che un risultato “di squadra” del genere è un mezzo capolavoro. Tre quinte anche per Piero Busso di Donnas (con qualche rammarico per Cardelleun, da finale per quanto visto): e poi ci sono Aurelio Crétier, Claudio Berthod, le aziende Verney e Lo Tsantì, Frassy e Chamonin (che meritano un capitolo a parte) e Dario Bétemps.
Mancano altri nomi – due su tutti, frères Clos e Michele Bionaz – ma la bataille è una ruota che gira, e anche ai migliori capita di stare ad aspettare il proprio turno a bordo campo.
Il “beau geste” di Livio Pervier
Partiamo dalla prima categoria, e dalla finale “non finale” tra Bataille e Magnana. Angelo Martignon fa il trailer, nel tempo libero, e mai si sarebbe aspettato di chiudere la domenica come un centometrista. Neanche il tempo di lasciare la “caveza” di Bataille e il bosquet veniva appuntato sul campano della sua bovina. Troppa esuberanza o forza travolgente? Un po’ di tutti e due, e anche la fortuna di trovarsi di fronte una Magnana con il serbatoio ormai in riserva. La reina di Silvia Balicco e Joseph Patruno era reduce da una semifinale tiratissima con Caprice di Livio Pervier, risoltasi solo per scelta di quest’ultimo. Pervier, a un certo punto, si è avvicinato alla sua regina, l’ha guardata negli occhi e ha detto basta: braccio alzato in segno di resa, quando ancora il combat poteva proporre qualche scintilla. In realtà entrambe le contendenti erano alla frutta, e Pervier ha avuto il coraggio di accettare un terzo posto anziché provare ancora un assalto al secondo. Nel 2014 contro Ceres dei fratelli Cunéaz l’allevatore di Arpuilles era stato protagonista di una contestazione per un episodio speculare: aveva chiesto troppo alla sua regina, e il cuore pulsante della Croix-Noire lo aveva fischiato. Otto anni dopo la riconciliazione: chapeau, lasciare il pass per una finale alla Croix-Noire non è cosa da tutti.
L’ultimo ballo di Magnana
Messa così, però, sembra che Magnana si sia presa la finale senza merito. E non è proprio il caso. Magnana ha consumato avversarie per tutto il pomeriggio, sostanzialmente chiudendo il concorso con il “pareggio” con Caprice e la sconfitta scontata con una Bataille superiore a tutte. E’ stata l’ultima volta in arena di Magnana, che da oggi penserà a diventare fattrice tra Saint-Barthélemy e Valsavarenche, lasciando nei suoi proprietari consapevoli di aver sfiorato il sogno più bello.
Una considerazione, però, va fatta non solo su Magnana, ma anche su Caprice, rispettivamente numeri 53 e 52 della finale di domenica. Entrambe terze a Villeneuve a maggio, semifinaliste di prima categoria. Sapete chi vinse quel giorno? Baghera di Maura Mochet, una protagonista di domenica finita troppo presto fuori dai giochi a causa di un tabellone decisamente poco fortunato (out agli ottavi con Victoire di Gildo Bonin). Sapete chi fu seconda quel giorno? Bufera dei fratelli Arvat. Il nome non vi dice niente? Continuate a leggere, capirete meglio.
I 45’ più belli della Regionale
Bufera dei fratelli Arvat era una delle 4 reine di prima categoria che – dopo il sorteggio – potevano considerarsi fortunate per aver saltato il primo turno. Fortuna fino a un certo punto: dall’urna (elettronica) della Croix-Noire Bufera ha pescato Cardelleun di Piero Busso, tra le favorite di giornata. Ne è uscito un combat pazzesco, senza paura di essere smentiti il più bello di giornata: 45 minuti di cambi di ritmo, bocche spalancate, polmoni improvvisamente vuoti e corna che non vogliono saperne di lasciare in pace l’avversaria. Alla fine ha vinto Cardelleun, che poco dopo rischierà il bis contro Briganda dell’azienda Verney. Sarebbe stato chiedere troppo. Cardelleun torna a casa con il muso segnato da una Regionale complicata e una campana per la combattività che è un magro premio di consolazione. A questo proposito una provocazione al Comité: Bufera degli Arvat non potrebbe meritare a sua volta un riconoscimento per quanto fatto domenica?
Il gigante buono Dietrich Millesi
Non che dalle parti della giuria non abbiano pensato a questa evenienza. Bufera avrebbe meritato l’altra campana per la combattività, ma non si poteva far finta di non aver visto Malibù di Dietrich Millesi. Non abbiamo il conteggio dei minuti in campo della regina numero 38, che prima di perdere con Bataille aveva però eliminato 2 regine di concorso (Mourina di Massimiliano Garin prima, Marmotta di Gimmy Dujany poi) facendosi notare non poco dal pubblico dell’arena.
Il suo proprietario aveva iniziato la domenica come una giornata di vacanza, considerato che di solito in queste occasioni veste la divisa rossa dei rabatteurs, i giudici in campo delle batailles. Compito decisamente non facile, quello dei rabatteurs, chiamati a sorvegliare le bovine (in primis) e i loro allevatori. Millesi da Perloz, con la sua stazza che gli permette di sovrastare tutto e tutti, spesso e volentieri da l’impressione di essere burbero e di poche parole. Niente di più sbagliato: una pasta d’uomo, che ha vissuto una domenica “di vacanza” passando più tempo sul campo della Croix-Noire di quanto non si aspettasse.