Coronavirus, la Valle d’Aosta mantiene il primato nel rapporto fra positivi e casi testati
Su tre dei sei indicatori presi a rifermento dalla Fondazione Gimbe, la Valle d’Aosta nella settimana 28 ottobre-3 novembre, registra delle performance in miglioramento. Nel rapporto casi positivi/casi testati la Valle d’Aosta, pur migliorando con il 46,8% il dato (la scorsa settimana era del 51,1%), mantiene il primato nazionale. Dietro di noi la Provincia autonoma di Trento con il 46,3% e il Veneto con il 43%. In miglioramento anche il dato sulla percentuale dei nuovi casi e sui casi testati ogni 100mila abitanti. Peggiorano invece gli indicatori sui decessi, i ricoverati per sintomi ogni 100mila abitanti e i ricoverati in terapia intensiva.
“Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma l’incremento di oltre il 60% dei casi attualmente positivi che si riflette sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, portando gli ospedali verso la saturazione. Questo impatta anche sul numero di decessi, che nell’ultima settimana ha superato quota 1.700 con un trend che, con una settimana di ritardo, ricalca di fatto le altre curve. L’ulteriore incremento del rapporto positivi/casi testati, prossimo al 24%, certifica definitivamente il crollo dell’argine territoriale del testing & tracing”.
Il presidente della Fondazione Gimbe è stato audito ieri presso la Commissione Igiene e Sanità del Senato, dove ha chiesto fra l’altro di rendere pubblici tutti rendere espliciti e riproducibili i criteri per l’attribuzione del livello di rischio stabiliti dall’ultimo Dpcm.
Al momento, precisa Cartabellotta “parametri e indicatori su cui si basa l’assegnazione dei “colori” non sono sufficientemente chiari e oggettivi da escludere valutazioni discrezionali, rischiando che il meccanismo delle chiusure e riaperture, lungi dall’essere automatizzato, richieda sempre e comunque un passaggio politico con le Regioni, come peraltro previsto dallo stesso DPCM che stabilisce che le ordinanze del Ministro della Salute siano emanate d’intesa con il presidente della Regione interessata”.
Secondo il Presidente della Fondazione Gimbe “l’introduzione di misure proporzionate a differenti livelli di rischio regionale è totalmente condivisibile, anzi, ove necessario, bisognerebbe agire con misure più restrittive a livello di Provincia o Comune. Ma è indifferibile rendere pubblici i criteri per classificare il livello di rischio, anche per evitare continue negoziazioni tra Governo e Regioni che aggiungono ulteriori ritardi alla “non strategia” dei DPCM settimanali, concedendo un vantaggio sempre maggiore al virus. In ogni caso, manca una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e Regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari e informare la popolazione, al momento chiamata a sottostare passivamente a nuove restrizioni settimanali che rendono incerta la quotidianità e alimentano preoccupazioni sul futuro”