Disabilità, quando si prova a vivere da soli: l’esperienza di Davide e Marco
Ad una certa età è il sogno di tutti: andare a vivere da soli, sperimentarsi in un nuovo contesto abitativo, lontano dalle abitudini consolidate e dal guscio protettivo di mamma e papà. Per molti l’uscire di casa avviene grazie al primo lavoro o con l’idea di coltivare un amore.
Chi vive una condizione di disabilità ha davanti a sé, invece, un percorso più complesso, spesso poco lineare, ma comunque possibile. Lo testimonia l’esperienza di vita indipendente, seppur temporanea e sperimentale, di Davide Cassisi e Marco Salomone, due giovani persone con disabilità che per un mese, da metà gennaio a metà febbraio del 2020, hanno convissuto in un appartamento ad Aosta messo a disposizione dal Progetto Io Vado.
Qui hanno imparato a gestire la loro quotidianità, a cucinare il pranzo o la cena, a puntare la sveglia per andare al lavoro, a fare la spesa e gestire il budget a loro disposizione, così come a organizzarsi il tempo libero, a tenere in ordine la casa. “Marco prima di questa esperienza aveva già vissuto da solo due mesi in un piccolo appartamento in centro città”. spiega Stefano Joly, educatore della cooperativa Indaco, riferimento per il progetto Io Vado.
Grazie alla sua esperienza precedente Marco ha potuto fare da guida all’amico che per la prima volta lasciava la casa dei genitori. “Qualche preoccupazione c’è stata all’inizio, volevo impegnarmi per una sola settimana, ma poi è andato tutto bene” racconta Davide. Nelle quattro settimane di vita in autonomia, con grande sorpresa anche della mamma, Davide ha continuato a gestire con puntualità e in modo responsabile tutti i suoi impegni personali, a fare sport, ad andare ad aiutare i vicini e a lavorare l’orto. “All’inizio mia madre mi telefonava sempre, poi si è tranquilizzata” racconta sorridendo.
L’esperienza si è conclusa da tempo, la pandemia ha, per ora, interrotto i sogni di un soggiorno più lungo, di una convivenza più strutturata. Ma le emozioni e i ricordi di ciò che hanno vissuto sono rimasti, vividi nella mente di entrambi. “Ho imparato a cucinare, a casa non lo facevo mai” sottolinea Davide. “Ho fatto per la prima volta la lavatrice” controbatte Marco che, amante più delle comodità che dei mestieri di casa, si è dotato di un robot per i pavimenti. “Lo accendevo prima di andare al lavoro, così faceva tutto da solo” sottolinea non senza una punta di soddisfazione.
Tra le cose più apprezzate la libertà di organizzare il proprio tempo libero, di invitare gli amici o i colleghi per una cena, di decidere come trascorrere la serata. Pochi gli episodi di nostalgia, l’esperienza per Marco è stata indubbiamente positiva. “A un certo punto Marco avrebbe voluto proseguire e continuare a farsi la sua vita, senza rientrare a casa con i suoi, abbiamo dovuto ricordargli gli impegni che si era preso con la sua famiglia” spiega Katuscia Rossi, operatrice della cooperativa L’Esprit à l’Envers.
Presa un po’ di confidenza con la loro vita in autonomia Marco e Davide decidono anche di concedersi una cena al ristorante. “Abbiamo deciso di andare a farci una serata, ma non era un segreto, lo sapevano tutti” sottolinea Davide. I due scelgono un ristorante italiano, cucina pugliese, ordinano primo e secondo. Come tutti i giovani alle prese con risorse limitate, prima del dolce fanno mente locale sul conto finale da dividere in due. “Il dolce ci sembrava un po’ caro, abbiamo scelto di comprare una vaschetta di gelato al supermercato e ce la siamo andati a mangiare a casa”. Una serata organizzata in autonomia, che li ha fatti sentire “grandi” e che per questo non dimenticheranno facilmente.