Emergenza Covid: una mamma racconta la sua odissea alle prese con il sistema sanitario valdostano

14 Ottobre 2020

Sa cos’è che mi fa arrabbiare: che viene disincentivato chi, per senso di responsabilità, vuole collaborare con il sistema sanitario, dare il suo contributo per fermare il contagio”. E’ allibita Sabina Valentini, di Aosta, dinanzi al rimpallo di responsabilità, all’assenza di risposte e di chiarezza, da parte della sanità valdostana, sui protocolli e su comportamenti da adottare quando si scopre di aver avuto un contatto con un soggetto positivo.

Ma veniamo ai fatti. Sabato scorso, il 10 ottobre, il figlio minorenne di Sabina Valentini riceve una telefonata da un amico che gli comunica di essere risultato positivo al tampone. Lui sta bene, non ha sintomi e l’ultimo contatto tra i due risale già ad una settimana prima. La madre, scrupolosa, però non se la sente di far finta di niente e telefona al medico di famiglia per capire come comportarsi: suo figlio può uscire con gli amici? Lunedì potrà andare a scuola? Dovrà fare il tampone anche lui? Insomma gli interrogativi che, in questi giorni, risuonano nelle case di molti valdostani.

E qui inizia quella che si può definire un’odissea alla ricerca del protocollo da applicare in situazioni analoghe. Perché il medico risponde che dare questo tipo di informazioni non è di sua competenza e di rivolgersi al 112. Sabina Valentini, un po’ titubante all’idea di ricorrere ad un servizio di emergenza solo per un’informazione, fa prima un passaggio al centro di igiene e prevenzione, ma è chiuso nel fine settimana. “In un periodo come questo mi è sembrato assurdo che non vi fosse neanche una reperibilità telefonica” ci racconta.

Si rassegna quindi a chiamare il 112 che le spiega innanzitutto che avrebbe dovuto contattare il centro di igiene e prevenzione e che, essendo  chiuso, di ritenere il ragazzo in isolamento fiduciario fino alla sua riapertura il lunedì mattina. “

Sabina Valentini segue alla lettera le direttive e lunedì 12 ottobre, alle otto puntuali, telefona al centro di igiene. Le rispondono nell’ordine che deve parlare con un medico, che i medici non sono ancora arrivati, che non si sa quando saranno in sede e, in ultimo, che non sono disponibili. Nel mezzo le vengono forniti dei numeri diretti che risulteranno inesistenti. “Per me era importante capire il più presto possibile il da farsi per non far perdere a mio figlio, che è in quarta superiore, ulteriori giorni di scuola in un anno che si preannuncia già complicato o per avvisare la scuola per attivare la didattica a distanza se fosse stato in isolamento”.

Animata dalla volontà di risolvere e di capire il da farsi Sabina non demorde e richiama. Le dicono finalmente di scrivere una mail a cui risponderanno appena possibile. “Sono passate 48 ore e sto ancora aspettando, nel mentre ho deciso di mandare mio figlio a scuola” ci spiega sconsolata. “Certo che se dovesse succedere nuovamente, ed è facile che possa ricapitare, non chiamerò più sapendo che è praticamente impossibile avere una risposta E credo che in tanti faranno come me”.

Exit mobile version