Genitori con la gestazione per altri: “Serve una regolamentazione per tutelare i diritti di tutte le famiglie”
Che cos’è la GPA? Per GPA si intende Gestazione per altri: ovvero un processo per cui una donna, o persona con utero si mette a disposizione di una coppia che non ha la possibilità di avere dei figli autonomamente. Se ne è parlato, durante una serata organizzata da Arcigay Valle d’Aosta – Queer VdA intitolata “il diritto di esistere” accreditato dall’Ordine degli avvocati VdA, con la presidente nazionale Arcigay Natascia Miesi, l’avvocato Michele Potè della Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTQI+ e Cristiano Fico, referente di Famiglie Arcobaleno Toscana, con suo marito Massimiliano Rossi.
L’incontro ha toccato il tema della GPA a 360°: da un punto di vista etico, dei diritti civili, a quello giuridico, fino al racconto emozionale dell’esperienza in prima persona. Ad aprire la discussione è Natascia Miesi con una premessa. “Al di là delle polemiche e delle demonizzazioni di questa pratica, la verità è che dovremmo parlarne per quello che è: ovvero una delle tante possibilità con cui possiamo creare una famiglia, e non esiste un solo tipo di famiglia”.
In Italia esistono poche centinaia di famiglie che hanno fatto ricorso alla GPA e la maggioranza di queste sono famiglie eterosessuali, il restante, coppie omogenitoriali prevalentemente composte da uomini gay. “Noi siamo diventati genitori con la GPA e siamo andati in Canada per farlo. Al di là di come viene raccontato, questo è un percorso complesso, difficile da intraprendere ed emotivamente pesante”. Inizia così il racconto del lungo processo che ha portato Cristiano e Massimiliano a diventare papà attraverso la gestazione per altri.
In Canada la GPA è quella detta “altruistica”, ovvero in cui le gestanti non possono percepire denaro per questa prestazione. Qui è la gestante che sceglie la coppia attraverso contatti online e socials dedicati. “Dopo un anno e mezzo di attesa siamo stati scelti da Sara, una mamma di quattro figli che oltre ad averci scelti ci ha proprio inclusi nella sua famiglia, dal marito ai nonni. Quando è nato il bambino è stato suo marito a venirci a chiamare per dirci ‘è nato vostro figlio’. Ma la cosa che ci ha emozionati di più è stato sapere le motivazioni di Sara che ha deciso di aiutare noi perché sentiva di aver raggiunto la completezza della sua famiglia e provava il desiderio di aiutare una coppia che non poteva avere un bambino a raggiungere questa completezza familiare”.
“Secondo la nostra esperienza, questa è una scelta che si fa per altruismo, per generosità. Certo, le storture esistono e ci sono situazioni di sfruttamento nel mondo, ma solo in paesi in cui la procedura per la GPA non é regolamentata. Bisogna ascoltare le gestanti, le testimonianze di chi ha deciso di aiutare una coppia che non poteva avere figli e chiedere a loro il perché”.
GPA: i dati e la situazione giuridica in Italia
I motivi per cui una coppia arriva a prendere questa decisione sono diversi, tutti legati a problemi di fertilità o all’impossibilità di adottare: questa categoria comprende quindi sia coppie eterosessuali che le coppie omosessuali. Il problema è che in Italia le famiglie nate grazie alla GPA esistono, ma non ci sono leggi che stabiliscano una prassi per il loro riconoscimento sociale e giuridico.
Le famiglie omogenitoriali in Italia non solo sono escluse dalle pratiche di procreazione assistita dalla legge 40 del 2004, ma anche dalle adozioni con l’eccezione imperfetta della “stepchild adoption” che vuole tutelare il diritto alla famiglia del minore in casi in cui altrimenti non sarebbe possibile l’adozione piena come, appunto, per le coppie omosessuali.
Secondo il Ministero della Salute le coppie italiane omosessuali che hanno fatto uso della GPA sono circa il 20% , decisamente la minoranza rispetto alle coppie eterosessuali. Ma non è tutto: come ricorda l’avvocato Potè “Nel febbraio 2023 alla Camera arriva la proposta di legge Varchi che punisce chiunque promuova in maniera commerciale la GPA e che prevede l’istituzione del reato universale per i cittadini italiani che scelgono questa pratica, anche se in Paesi in cui è assolutamente legale. Questo non rispetta il principio del diritto internazionale della doppia incriminazione oltre a scavalcare completamente la logica della tutela del minore”.