Giocano tra i ghiacci del Bianco, la follia dei “parvenus” della montagna
Bambini, persone sprovviste di abbigliamento tecnico, sorprese a 'giocare' e a scattarsi foto e selfie in un crepaccio sul Monte Bianco. Una di esse con collana di fiori e pantaloncini corti, a sfidare un pericolo che chi conosce la bene montagna cerca di spiegare da sempre.
Hanno fatto scalpore, negli scorsi giorni, le immagini scattate sul 'Tetto d'Europa' dalla guida alpina trentina Luca Montanari, dopo qualche giorno in Valle per tenere un corso di alpinismo. Turisti messi in guardia dalla guida, alla quale hanno risposto a tono, scocciate. Situazioni limite sempre più frequenti, per chi ogni giorno vive la montagna: “Non ho fatto quelle foto per denunciare la situazione – ha spiegato Montanari – ma perché a fine stagione ero veramente stufo e perché da giugno a settembre vediamo scene del genere quotidianamente. Era palese che quelle persone stessero rischiando grosso, ignorando pericoli segnalati chiaramente da cartelli spesso in tre lingue. Questi casi devono essere controllati e va fatta un minimo di 'cultura della montagna'”.
E la difficoltà sta proprio nel limite stesso da individuare, e la ricetta per la sicurezza non è mai semplice. A partire dalle consapevolezze: “Denunciamo tutti i giorni questo tipo di approccio – prosegue Montanari – e anche noi professionisti siamo consapevoli che non si possa vietare a nessuno la montagna. Bisogna capire però che è un ambiente a sé, dove anche giornate di condizioni meteo serene possono diventare all'improvviso impervie. Servono dei limiti e dei compromessi facendo leva sulla cultura perché certe cose non si vedono in altre zone, come ad esempio in Austria”.
Denuncia appoggiata anche via social dalla Fondazione Montagna Sicura, che da anni si prodiga per la prevenzione, la conoscenza e la formazione di chi vuole affrontare la montagna: “Siamo stufi di questi comportamenti – spiega Jean Pierre Fosson, Segretario della Fondazione – e non è neanche giusto tirare in mezzo Skyway con la quale collaboriamo in fatto di informazione e prevenzione. Ci sono dei cancelli e dei cartelli, non possiamo limitare gli accessi e non ci competono compiti di polizia, ma crediamo nell'educazione e nella formazione delle persone che vogliono affrontare la montagna. Partiremo a breve con la realizzazione di video formativi, i nostri ateliers estivi sono andati a ruba così come i progetti di educazione sul campo. Bisogna credere in queste attività anche se spesso siamo lasciati un po' da soli, anche dagli stessi organi di informazione”.