“Grazie di tutto!”: il dono di una famiglia ad un reparto del “Beauregard”

02 Novembre 2020

“La sventura fa di un’ora un giorno” scrisse William Shakespeare nel “Riccardo II”. Giunta al termine della sua “giornata più lunga”, una famiglia valdostana non ha voluto dimenticare chi l’ha aiutata a superarla, donando al reparto di Patologia neonatale dell’ospedale Beauregard un’attrezzatura affinché l’assistenza a chi si venisse a trovare in situazioni simili alla loro possa essere sempre più efficace. Così, nei giorni scorsi, in corsia è arrivato – accolto dalla riconoscenza del personale – un monitor per la culla da trasporto dedicata ai neonati nati prematuri o con problemi tali da rendere necessario il loro spostamento, con controllo costante dei parametri vitali.

Da qui, il racconto continua nelle parole di Sara e Cristian, genitori di Maëlle e Mathieu, mittenti del “piccolo dono” ai “propri ‘amici di avventura’”. L’esperienza che la coppia si è trovata a vivere inizia “in modo inaspettato e travolgente il 7 luglio 2017”, quando i “piccoli ed impertinenti guerrieri hanno deciso di venire al mondo con ben due mesi di anticipo”. Dinanzi ai neo-genitori si schiudono improvvisamente le porte di un’esperienza “intensa, emozionante e sconvolgente”, dal “lieto fine reso possibile da tutto il personale del reparto”, che Sara “come mamma” non smetterà “mai di ringraziare”.

Un “grazie” legato soprattutto all’“aver aiutato Maëlle e Mathieu a venire al mondo e a superare i momenti più duri”, all’averli “nutriti, accuditi e coccolati”, credendo “in quei piccoli esserini, fragili e indifesi” e regalando ai genitori “la gioia della marsupio-terapia”. Un sentito ringraziamento rivolto pure per aver “sostenuto noi genitori nel lungo viaggio verso casa, asciugando le nostre lacrime, strappandoci sorrisi e regalandoci un po’ di buon umore”, cui Sara aggiunge anche l’aver “consolato, ascoltato, incoraggiato e spronato me, come mamma, nel difficile periodo di degenza in ospedale”.

I bambini, superata quella delicata fase, stanno bene e i loro genitori, che mostrano volentieri una foto in cui i due piccoli si tengono per mano in un prato, possono oggi parlare di quel periodo coniugando i verbi al passato. In loro è forte la consapevolezza che “ciò che Maëlle e Mathieu sono oggi e saranno domani lo dobbiamo anche e soprattutto” a chi, in quelle giornate dalle “ore che si facevano giorni”, si è preso cura di loro, non solo sul piano medico, ma anche ricordando che nell’animo di mamma e papà, per quanto travolti da un evento inatteso, si trovavano le energie per compiere quel viaggio. Si trattava di aiutarli a scoprirle.

Il monitor donato al reparto.
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