I valdostani negli Stati Uniti commentano la vittoria di Trump
“Io sono abbastanza incredula. Mi sembra assurdo che così tante persone abbiano preferito un criminale sessista che distribuisce paura e bugie a una persona competente con valori e programmi concreti. Evidentemente sono misurati su piani diversi”. Il commento di Nathalie Rollandin — originaria di Gignod e residente a New York, dove lavora in una multinazionale — riassume quello di molti valdostani che abitano o si trovano attualmente negli Stati Uniti. “Ora speriamo che non faccia troppi danni, in particolare nelle politiche ambientali”, aggiunge Rollandin.
A spaventare, però, non è solo la futura climate policy di Trump, ma anche le misure che potrà prendere nei confronti degli stranieri che si trovano per studio o lavoro negli States. Un giovane valdostano che studia in un’università statunitense, ad esempio, è riluttante nel dire la sua opinione sulla vittoria di Trump e, dovendo rinnovare il visto la prossima estate, si chiede se il Deparment of Homeland Securiy tornerà alla poca predisposizione che aveva quattro anni fa nei confronti delle richieste di visto da parte degli stranieri.
Un altro giovane valdostano di nome Hervé, che sta svolgendo un semestre di scambio presso la University of Illinois, descrive il quadro di uno dei tanti stati del Midwest, dove a prevalere nel voto sono spesso i Repubblicani. “Io mi trovo a Urbana-Champaing, che è una città universitaria, quindi la mia percezione della società americana è sicuramente limitata. In più non ho sentito troppo parlare di politica, nonostante si fosse nel periodo di campagna elettorale”. All’indomani della vittoria di Trump, però, Hervé ha cercato lo stato in cui si trova, l’Illinois, sulla mappa della distribuzione dei voti e ha notato una curiosità. Insieme al Minnesota, infatti, l’Illinois è l’unica macchia blu in mezzo a tanto rosso: si tratta degli unici due stati del Midwest dove ha vinto Kamala Harris. “I dati rivelano che quasi tutti i voti democratici si concentrano a Chicago: anche se il resto dello stato ha votato per Trump, la popolazione di Chicago è talmente grande che ha fatto vincere la Harris”, spiega Hervé.
Si tratta di una situazione che trova riscontro anche in quanto osservato dal giovane nelle sue esperienze fuori da Urbana-Champaing. “Due settimane fa sono andato a Chicago e ho notato che, non appena si lascia la città universitaria, tra Urbana e Chicago non c’è nulla: solo campi di grano con una casa ogni cinquecento metri, probabilmente appartenente ai proprietari di quei campi, che vivono completamente isolati. Ho notato che nei loro giardini erano esposte bandiere e cartelloni con gli slogan di Trump e solo quando ci si avvicinava a Chicago si trovavano segni di sostegno per la Harris”.
Un quadro più complesso della società americana è quello che descritto da un quarantenne originario di Sarre, che da tempo risiede negli Stati Uniti e per lavoro viaggia continuamente, muovendosi soprattutto tra il Maine, dove abita, e la Florida. Si tratta di Roger Junet, lo skipper e velista oceanico che ha gareggiato nel giro del mondo sul GryphonSolo2, che abbiamo seguito anche noi l’anno scorso.
“Secondo me ha vinto una campagna elettorale basata su menzogne, esagerazioni e distorsioni”, commenta Roger. “Trump piace perché dice ciò che la gente vuole sentire: ognuno crede in ciò che vuole credere, come in una sorta di religione. Vota per Trump anche gente che non mi aspetterei, persone colte e laureate. Un mio amico è anestesista e vota Trump perché dice che la Harris è comunista”.
Da cittadino americano, Junet ha potuto votare e il suo voto rispecchia quello che ha prevalso nel Maine e negli Stati Uniti nord-orientali. “A me personalmente piace Kamala Harris, ma il problema di base secondo me è che non l’abbiamo potuta scegliere davvero: è diventata la candidata alla presidenza nel momento in cui Biden si è dimesso e lei è stata automaticamente imposta dall’alto”.
Roger racconta di una “società molto divisa e razzista. Le classi sociali sono quasi immobili e i sistemi sociali inesistenti. Adesso sotto Trump si dovrà temere anche per diritti come l’aborto. È vero che molte decisioni dipendono più dal governo statale che da quello federale, ma è triste avere un portavoce a livello mondiale che non rispetta la giustizia e i diritti umani, che non ha problemi a mentire su qualsiasi fronte e che è circondato da criminali”.
Le divisioni della società statunitense vanno dalle opinioni politiche alla situazione economica, anche se queste elezioni hanno mostrato che non esiste necessariamente una corrispondenza tra il primo e il secondo fattore, visto che il successo di Trump si è distribuito su tutte le classi sociali e le etnie. In ogni caso, trumpiani e democratici hanno due diverse visioni della società. “È un paese diviso, abitato da due categorie di persone che si sopportano poco. I trumpiani pensano che Trump salverà gli Stati Uniti, mentre i democratici sono depressi perché temono che ci si avvii verso una dittatura. La mia condizione probabilmente non cambierà molto, perché non ho figli o famiglia, né ho bisogno di assistenza sociale. Una mamma con tre figli a carico e che non riesce arrivare a fine mese invece vedrà la sua situazione cambiare”.