I vent’anni dall’alluvione del 2000, un viaggio nella memoria guardando al futuro

14 Ottobre 2020

Vent’anni esatti, per una ferita mai dimenticata. Mai dimenticata per i segni che ha lasciato sul terreno, e ancor più per le cicatrice lasciate in chi ha perso amici, familiari, parenti.

Sono infatti passati vent’anni dall’alluvione dell’ottobre 2000, quei sette giorni di acqua e fango – l’ondata di precipitazioni che si riversarono sulla Valle d’Aosta dall’11 ottobre alla serata del 16 – celebrati oggi a Palazzo regionale in una cerimonia che racconta non solo la memoria, operazione dolorosa ema necessaria, dei due decenni passati ma anche gli scenari futuri di un evento che ha fatto da “bisettricedella storia recente, creando inevitabilmente un prima ed un dopo.

220 i millimetri di pioggia caduti di media in tutta la Regione, con punte impressionanti: come i 605 a Champorcher e i 456 a Cogne, precipitazioni oltre i 3500 metri, fiumi e torrenti che ribollivano scendendo a valle lasciando dietro di loro disastri e macerie.

Giorni “indelebili”, come ha spiegato il Presidente Cpel Franco Manes, che ha spiegato: “Non dimenticherò mai i racconti fatti dai Sindaci di quel periodo. Momenti che hanno però mostrato una regione martoriata e isolata ma mai in ginocchio, grazie ai valdostani e alla macchina dei soccorsi, che ci hanno insegnato sentirci uniti anche nei momenti di difficoltà”. Eventi ai quali, però, aggiunge il “Presidente dei Sindaci”, “Non possiamo essere impreparati. Come Enti locali abbiamo evidenziato sempre che si debba arrivare in tempi brevi ad una legge sulla montagna che risolva le carenze dei territori, che crei una rete attiva fra amministrazione pubblica, cittadini e imprenditori per la sicurezza, la sostenibilità ed il benessere”.

Un’emergenza lontana ed altre vicine: tra pandemia e cambiamenti climatici

La cerimonia per i vent’anni dall’alluvione

L’Assessore all’Ambiente Albert Chatrian punta l’attenzione sul “qui e ora”, su ciò che l’alluvione del 2000 ci ha insegnato: “Siamo nel bel mezzo di un’altra emergenza – ha spiegato, questa pandemia che ci ha tolto molte certezze. La sensazione del 2000 fu quella del passaggio di ‘tsunami’, e che niente sarebbe stato più come prima. La comunità ha reagito con determinazione. ‘Darsi da fare’ era la parola d’ordine e ancora oggi dobbiamo esserne grati e fieri. Ci sono stati altri eventi dolorosi da allora, e sappiamo che non potremo mai essere al riparo da ogni rischio e per questo non dobbiamo mai abbassare la guardia”.

Anzitutto, proprio sull’ambiente: “Il nostro destino è legato ai cambiamenti climatici – prosegue Chatrian -, basti pensare allo scorso 3 ottobre, con 400 millimetri di pioggia caduti. È fondamentale combatterli, implementare il monitoraggio e mettere a punto i piani di intervento. Il presidio del territorio, tutto montano, diventa fondamentale per la pianificazione. Abbiamo il dovere di acquisire una nuova consapevolezza ambientale, ed il primo passo è decarbonizzare, un percorso non semplice ma non abbiamo alternative”.

Ricordando le 17 vittime dirette dell’alluvione e le tre dei giorni seguenti, impegnate negli interventi post emergenza – Maria Olinda Chapellu, Carlo Perron e il figlio Elis, Maria Gloria Parravano, Anna Peraillon e il figlio Alessandro Bortone, Carmine Trapani, Ugo Coquillard, la moglie Grazia Boasso ed il loro piccolo figlio Gilles di 18 mesi, Fortunato Cerlogne e la moglie Ilva Fiou, Angela Catania, Manuel Catalano, Lino Gard, Ferruccio Morandi, Gianfranco Bosoni e Assan Zitouwi, Ernesto Manservigi e Vilma Favre – il Presidente della Regione Renzo Testolin guarda al futuro: “L’obiettivo di queste immagini è quello di rendere popolazione valdostana sicura ma anche consapevole e cosciente che il rischio zero in montagna non esisterà mai. La resilienza deve caratterizzare tutti e renderci coscienti. Stiamo lottando da mesi con nuova tragicità e anche in questo caso la Valle d’Aosta può diventare un precursore standardizzando un percorso che deve mettere la salute al primo posto. Una sfida che assieme al monitoraggio continuo dei territori che deve stimolare il prossimo governo regionale”.

Vent’anni di cambiamenti

La cerimonia per i vent’anni dall’alluvione

In vent’anni anche la gestione stessa dell’emergenza è, inevitabilmente, cambiata profondamente, come spiega Raffaele Rocco, Coordinatore del Dipartimento regionale programmazione, risorse idriche e territorio: “Oggi abbiamo tanti strumenti nuovi per monitorare il territorio, per capire i rischi e intervenire in modo sostenibile, come l’Interferometria satellitare, la Modellazione ed i Rilievi mediante drone. Per i danni di circa dieci giorni fa, abbiamo volato con il drone su tutti i corsi d’acqua e preparato i progetti da mettere in appalto. Vent’anni fa per avere un rilievo delle aree esondate dovemmo aspettare una settimana dopo il rilievo fotogrammetrico, ed i risultati dopo un mese. Per l’evento del ’93, servì circa un mese per mappare le aree di Gressoney. Ma la nostra vera sfida, a vent’anni dall’alluvione, è quella sui cambiamenti climatici”.

Un rischio nel rischio, la cui conoscenza passa dalla cultura: “Il rischio non è solo naturale – spiega nel suo intervento Elisabetta Dall’O’, Ricercatrice antropologa dell’Università di Torino -, ci sono componenti orientate da un punto di vista storico, culturale e sociale come la consapevolezza di abitanti di vivere in una zona di rischio. Una popolazione che riconosce la presenza di questo scenario è importante. Abbiamo anche una memoria toponimica, ovvero di nomi di luoghi che conservano la memoria degli eventi avvenuti, un patrimonio che aiuta a prevenire e ad agire”.

Un percorso lungo due decenni

La cerimonia per i vent’anni dall’alluvione

A chiudere gli interventi è stato Pio Porretta, Capo della Protezione civile: “L’alluvione del 200 ci portò ad un pensiero: fare evolvere il sistema di Protezione civile regionale, ed è ciò he è successo. C’è stata anche un’evoluzione normativa, rimodellando il sistema sul principio della sussidiarietà e sulle autorità locali come i Sindaci, importantissimi per il nostro territorio per affrontare le emergenza. Loro sono stati i primi ad uscire di casa, anche alle 3 di notte, durante quest’ultimo evento. Dal 2000 è nata la colonna mobile, usata poi in Italia e all’estero come ad Haiti, è stata creata una sala operativa che usiamo ancora oggi per l’emergenza Covid, che si affronta nel dialogo continuo con le altre regioni ed il governo. Il sistema di Protezione civile è pensato oggi come un’architettura organica, senza sovrapposizioni, nel rispetto delle competenze di tutti e con utilizzo di piattaforme più performanti. Ma il suo vero cuore sono gli uomini e le donne che lavorano con grande senso del dovere, senza i quali anche la migliore tecnologia sarebbe inutile”.

La mostra

Le immagini, le testimonianze ed i ricordi – nei comuni colpiti – campeggiano sotto Palazzo regionale. Fino al 20 ottobre, sotto i portici in piazza Deffeys e nella saletta all’interno del piano terra, sarà infatti possibile rivivere la storia dell’alluvione di vent’anni fa con la mostra fotografica 20 anni dall’alluvione in Valle d’Aosta. La memoria, i futuri scenari e una nuova cultura del rischio”. Un percorso tra immagini di distruzione e di ricostruzione, tra le parole di chi ha vissuto quei giorni e di come l’alluvione sia stata non solo vissuta, ma anche affrontata.

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