Il gipeto torna a deporre le uova in Valle
Le tre coppie di Gipeto che da alcuni anni hanno scelto le valli del versante valdostano del Parco Nazionale Gran Paradiso per nidificare, hanno portato a termine la deposizione delle uova e iniziato la cova.
Il grande avvoltoio, estintosi agli inizi del secolo scorso sulle Alpi a causa della persecuzione umana è tornato a riprodursi grazie ad un progetto internazionale di reintroduzione iniziato oltre 30 anni fa.
Sulle Alpi italiane vi sono attualmente solo 15 coppie nidificanti di Gipeto, un terzo delle quali in Val d’Aosta. Nell’area del Gran Paradiso, le valli di Cogne, Valsavarenche e Rhêmes ospitano ognuna una coppia.
La tutela della loro riproduzione costituisce – scrivono dal Parco – un importante obiettivo conservazionistico per l’Ente. Il nido della Valsavarenche è sotto l’occhio vigile di una webcam, finalizzata a un progetto di monitoraggio in collaborazione con Federparchi, e proprio grazie a questo strumento è stato possibile cogliere la data e l’ora della deposizione del primo delle due uova.
Il monitoraggio dei gipeti viene effettuato dal personale del Corpo di Sorveglianza e del Servizio Biodiversità e ricerca scientifica dell’Ente Parco, in stretta collaborazione e in coordinamento, a livello regionale, con il Corpo Forestale Valdostano e l’IBM – International Bearded vulture Monitoring –, per il conferimento dei dati al coordinamento europeo.
Una zona di tranquillità
La cova dura dai 55 ai 60 giorni, periodo in cui sarà fondamentale garantire la massima tranquillità possibile ai genitori. I nidi della Valsavarenche e della Val di Rhêmes sono collocati in una posizione piuttosto sicura, ma così non è per il nido della Valnontey, posto in un complesso rupestre molto frequentato, in periodo invernale, da appassionati di arrampicata su cascate di ghiaccio.
Proprio per evitare che il disturbo provocato da un’eccessiva vicinanza di arrampicatori, come anche di fotoamatori o semplici escursionisti, possa determinare l’abbandono del nido da parte degli adulti (e il conseguente fallimento della riproduzione), l’Ente Parco ha istituito una zona di divieto di accesso attorno al sito.
Nell’area interessata sono stati installati dei cartelli segnaletico/informativi in cui si spiegano le motivazioni. Sono altresì stati preparati dei depliant che verranno distribuiti agli operatori locali per informare i numerosi turisti che visitano questa parte di Parco.