La guarigione di Maximilian dal Covid: “Un’esperienza psicologicamente devastante”
È giovane, non ha malattie pregresse (“da giovane ho avuto uno pneumotorace, avevo paura ma i medici mi hanno detto che non rappresentava un fattore di rischio”) ed i sintomi della positività al Covid-19 sono stati relativamente leggeri. Quello che ha piegato Maximilian Noussan, 40enne di Breuil-Cervinia, non è stata la malattia in sé, ma l’aspetto psicologico che contorna tutta la situazione e che spesso si sottovaluta.
Ora, dopo un calvario lungo un mese, per lui è arrivato l’esito negativo del doppio tampone: “Quando al telefono mi hanno detto che il primo tampone era negativo mi sono fatto un bel pianto. Appena poi ieri ho visto scritto sul foglio “guarito” mi si è aperto un mondo. È stato fantastico, indescrivibile”, racconta. Un mese durissimo per la tenuta mentale, fatto di paura ed ansia: “Combatti con qualcosa che è dentro di te ma non sai cosa sia, non sai cosa ti possa succedere e questo è devastante, ti manda fuori di testa. Cerchi di non guardare i telegiornali, ma durante le prime settimane in Valle d’Aosta c’erano solo due guariti e ti senti impotente, non riesci a capire quando e se ne uscirai. Le telefonate con i medici si concludevano dicendomi ‘Se ti senti soffocare, chiamaci’. Arrivavo a misurare la febbre 30-40 volte al giorno, era un’ossessione. E per fortuna che non avevo il saturimetro, sarebbe stato un altro strumento di tortura”, dice con senso dell’umorismo.
A metà marzo i primi sintomi: tre giorni di febbre a 37.5-38, due giorni di tosse, dolore alle gambe, naso e gola che bruciano. E, soprattutto, la perdita del gusto e dell’olfatto: “La prima volta che ci ho fatto caso me l’ha fatto notare mia moglie Monica, che aveva usato la candeggina. Mi sono invece accorto di averli recuperati facendo la doccia: ‘Ah, già, il bagnoschiuma è alle mandorle’. È ripartito tutto improvvisamente, come un clic, ti fa capire che sta andando bene e torni ad avere pensieri ottimistici”.
Quando si è saputo che un suo collega era risultato positivo e visti i sintomi accusati, Maximilian fa il tampone, i cui esiti però tardano ad arrivare. Un lungo limbo, poi la conferma della positività: “Mi è caduto il mondo addosso, anche perché con un figlio piccolo di 5 mesi avevo paura di averglielo attaccato. Questa è una delle cose peggiori, sentirsi un mostro, un untore. Abbiamo subito riorganizzato la casa per isolarmi, ma non stando male per me era difficilissimo starmene a letto senza fare niente, i brutti pensieri ti sommergono. Così con mia moglie abbiamo pensato di suddividere la giornata in piccoli “moduli” di cose da fare: passare da un modulo all’altro ed arrivare a fine giornata ti faceva dire ‘Anche oggi è andata’. Monica è stata fondamentale, si prendeva cura del bambino e mi dava supporto psicologico, gestiva le mie crisi e le mie paure”.
“Credo che, oltre al supporto medico telefonico, sia fondamentale anche una telefonata da uno psicologo, far parlare i malati, stare vicino alle persone che hanno paura. Magari anche creare un gruppo virtuale, fare comunità. Molte persone che sono positive mi chiamano, mi parlano dei loro sintomi, mi fanno domande pratiche. Sono diventato un’enciclopedia vivente. Scherzi a parte, sono contento di poter aiutare, visto che ci sono passato e so cosa significa, e so quale sollievo possa dare. Oltre a questo, vorrei donare il plasma per rendermi utile”.
Anche perché, giustamente, i medici non possono sbilanciarsi e dare false speranze. “L’ufficiale sanitario, la dottoressa Gioscia, è stata di grande supporto, così come il Comune di Valtournenche e la Protezione Civile, che mi hanno fatto sempre sentire la loro presenza”.