Lady colpita due volte: dalle botte del marito e dall’incomprensione delle istituzioni

25 Novembre 2020

Quattro denunce, tutte presentate tra agosto 2018 e novembre 2019. Lady, 30 anni, originaria della Colombia, ci ha provato a condividere con le forze dell’ordine, la magistratura, i servizi sociali la sua storia di violenza, a raccontare le botte, le minacce e le angherie subite da lei e dai suoi due figli, un ragazzo disabile di 14 anni e una bimba di 8 anni. Il corpo minuto, la voce esile, l’italiano un po’ approssimativo, ha trovato, nonostante la giovane età e la solitudine, la forza di gridare la sua paura, di spiegare come il padre dei suoi figli fosse un uomo violento, pericoloso. “Mia suocera mi pregava in continuazione di stare zitta, di non denunciare, non voleva che infangassi il nome della famiglia, era preoccupata di proteggere il figlio”. L’uomo, l’ex marito, ha 36 anni. Lady racconta che ha frequenti esplosioni di rabbia, che ha problemi con l’alcol, che fa saltuariamente uso di droghe, che ha già conosciuto il carcere in Colombia dove ha scontato una pena per omicidio.

Alle assistenti sociali di Busto Arsizio, in provincia di Varese, dove ha vissuto fino alla fine del 2019, Lady ripete in continuazione di non sentirsi al sicuro. Ha raccontato delle innumerevoli volte che è stata buttata in strada con i bambini mentre lui era chiuso in casa ubriaco. In uno di questi episodi Lady, aiutata dalla cognata, ha anche chiamato la polizia. “Sono intervenuti subito, gli hanno intimato di farmi entrare e mi hanno invitata a denunciare, non hanno potuto fare d più, in quell’occasione non c’era stata aggressione fisica nei miei confronti, solo uno sputo in faccia alla sorella incinta”. Dopo il licenziamento dell’uomo, dopo la prima denuncia, la convivenza tra i due si trasforma in un incubo: tra insulti, parolacce e discussioni Lady si ritrova il permesso di soggiorno e i vestiti tagliati. L’escalation di violenza in ultimo, coinvolge anche i bambini. “Un pomeriggio, al mio rientro dal lavoro, dopo una discussione mi ha afferrato per i capelli, i bambini si sono scagliati contro di lui per difendermi, la piccola è stata presa a calci”.

E così poche settimane dopo la prima denuncia del 24 agosto 2018 arriva la seconda querela di metà settembre.  Lady va via di casa con i figli, la coppia si separa, lei prova a rifarsi una vita con un nuovo compagno e con nuovo lavoro e, a fine 2019, si trasferisce in Valle d’Aosta. Con forza d’animo Lady ripercorre la sua storia e la racconta anche alle assistenti sociali della Regione che hanno preso in carico il suo caso. Nel frattempo le minacce dell’uomo proseguono. “Quando veniva a prendere i bambini ogni 15 giorni mi insultava, fuori dal tribunale mi ha detto che non sarei arrivata a festeggiare il mio compleanno”. L’uomo non accetta la separazione, non accetta che lei si sia rifatta una vita, diffonde in rete alcune foto intime di Lady. Scatta la terza denuncia. L’oggetto del contendere diventano i figli, l’affido, le visite e la piccola che non vuole più vedere il papà. “Io avevo paura, sapevo che era una persona pericolosa” continua a dire, pressoché inascoltata. “Ma contava sempre di più la sua parola rispetto alla mia”.

Lady aveva ragione. Era in pericolo e come nei più macabri e beffardi disegni della sorte la violenza si è concretizzata davanti agli occhi del sistema che non la voleva vedere. Il 19 ottobre scorso lei e il suo ex marito vengono convocati, in orari e incontri separati, presso la Direzione Politiche sociali di Saint-Christophe. Lady si trova nell’ufficio dell’assistente sociale. “Continuava a dirmi che se non avessi firmato per la ripresa della visite protette di mia figlia con il papà avrebbero dovuto segnalare la mia mancata di collaborazione al giudice” racconta la donna. Lady stava per firmare, stava per stanchezza stava per accettare l’assunto spesso adottato dalle istituzioni per cui un uomo, anche se violento con la moglie, possa comunque essere un buon padre. In quel momento, nel parcheggio dell’assessorato, il suo ex marito stava accoltellando il nuovo compagno di Lady che la aspettava in auto insieme al figlio. L’uomo viene ferito seriamente, trascorre più di un mese in ospedale.  Ora dice: “Sono vivo, è una gran cosa, ma non ero io il bersaglio, lui non poteva sapere che c’ero io ad aspettare Lady, mentre era senza dubbio a conoscenza che ci fosse lei”.

“Di fatti drammatici come questo purtroppo è piena l’Italia: si confonde il conflitto con la violenza” sottolinea Anna Ventriglia, legale della donna nonché Presidente del Centro Donne contro la violenza. “Non a caso, in questi casi si parla di violenza istituzionale”. Una violenza che parte da chi non ha ritenuto necessaria alcuna misura cautelare e che termina con un sistema farraginoso, lento e incapace di dare risposte tempestive. “L’avviso di conclusione delle indagini relativo alle prime denunce di Lady è dei primi di novembre scorso” conclude Ventriglia.

Lady ha fatto la sua parte, ha trovato il coraggio di denunciare il suo aggressore. Ma non è bastato.

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