L’allarme Istat: in Valle d’Aosta nascite in calo del 42,6% rispetto al 2008
In Valle d’Aosta la popolazione cala ancora. Lo conferma il nuovo report Istat, che traccia il quadro del tasso di natalità e fecondità in Italia nel 2021.
Se il calo demografico risulta diffuso pressoché su tutto il territorio dell’Italia, la Valle d’Aosta non manca di distinguersi per il record negativo di abbassamento delle nascite rispetto al 2008: – 42,6% nel complesso (1291 nascite nel 2008 diventate 744 nel 2021) e -48,4% per i primogeniti.
Al 1º gennaio del 2022 la popolazione della regione era di 123.360 abitanti di cui 62.947 donne e 60.413 uomini: non può che emergere con evidenza, soprattutto date le esigue dimensioni della regione, la tragica riduzione riscontrata rispetto al 2021 con i suoi 124.089 abitanti e rispetto al 2020 con i suoi 125.034 abitanti. Secondo le previsioni effettuate da Istat, nell’arco dei prossimi decenni i residenti subiranno una netta riduzione di circa 4 mila unità ogni 10 anni, sino a toccare la quota negativa di circa 95 mila soggetti stimata al 1º gennaio del 2070.
La denatalità in Italia
In Italia i nuovi nati nel 2021 sono stati 400.249, più del 30% in meno rispetto al 2008.
I primi figli nati ammontano a 186.485, circa il 46% del totale dei nuovi nati; secondo le statistiche, i primogeniti sarebbero circa il 3% in meno rispetto al 2020, così come i figli di ordine successivo al primo sarebbero diminuiti circa del 27%. A fronte di un incremento dei casi di maternità e paternità al di fuori del matrimonio – circa 14 mila in più nell’ultimo anno -, a subire invece una inattesa discesa sono i contributi alla natalità offerti dai cittadini stranieri, che con circa 86 mila unità, 21.461 in meno in comparazione con l’anno passato, rappresentano il 21,5% del totale dei neonati italiani.
In abbassamento sembra anche l’età media in cui le donne diventano madri: 31,6 anni, oltre 3 anni in più rispetto al 1995: ciò pare dovuto a bassi livelli di fecondità per il complesso delle residenti nella fascia dai 15 anni ai 49 anni, che secondo le stime generano in media soli 1,18 figli ciascuna; in tale caso, il primato di nord est e nord ovest della Penisola – rispettivamente 1,31 figli e 1,26 figli – fa il paio con la natura standard dei dati riferiti nel meridione e il lieve abbassamento notato invece nel centro.
A destare preoccupazione per il futuro subentrano i dati provvisori registrati tra il mese di gennaio e il mese di settembre dell’anno corrente, secondo i quali le nascite del solo 2022 sono calate ancora di circa 6 mila unità se paragonate al medesimo periodo di monitoraggio riferito al 2021.
Le cause della denatalità
Tra i principali fattori scatenanti della denatalità figura la riduzione subita dalla popolazione femminile in età feconda, quest’ultima convenzionalmente fissata tra i 15 anni e i 49 anni. Tale problematica, conosciuta anche come “baby-bust”, risulta soltanto in parte arginata da un apporto fornito da cittadini immigrati sempre meno efficace per via del progressivo invecchiamento della popolazione straniera. A incidere sulla questione della denatalità è anche, oltre alla pandemia e alle difficoltà sociali ed economiche a essa correlate, la diminuzione dei matrimoni celebrati in Italia, circa 20 mila in meno rispetto al 2020 e 223 mila in meno rispetto al 2008. Infine anche la prolungata permanenza dei giovani nei propri nuclei di origine pare aver innescato una crescente tendenza a ritardare la formazione di una famiglia propria a causa di instabilità lavorativa, abitativa ed economica.
Nuovi nati e nomi
A fare il paio con le allarmanti statistiche circa la denatalità riportate da Istat emergono per converso ulteriori rilevazioni concernenti i nomi preferibilmente assegnati dai genitori ai propri figli. Stando alle iscrizioni all’anagrafe, a livello nazionale il nome maschile maggiormente diffuso risulta Leonardo, seguito a ruota da Alessandro e Tommaso; stabile in prima posizione anche la controparte femminile di Sofia, mentre Aurora torna a salire battendo Giulia e relegandola al terzo posto. La Valle d’Aosta pare assestarsi sugli stessi dati registrati nelle altre regioni del settentrione e del centro, con poco meno del 5% di neo Leonardo e circa il 2,5% di neo Sofia.