Le Batailles e i nomi delle reines: una questione di genealogia. O forse no

22 Ottobre 2023

365 giorni l’anno. Trecentosessantacinque giorni all’anno con loro, con le regine. L’amore che gli allevatori provano per le regine non si spiega, ma in arena si vede in ogni dettaglio e in ogni gesto: dalla mantella che viene messa sull’animale appena varcata la soglia che divide i box dal campo, alle carezze, ai baci sul muso dopo una sconfitta. Sì, perché la vittoria è ambita, ma la sconfitta sofferta è un vero atto d’amore. E l’allevatore lo sa.

Non ci sono parole di fronte al grande amore che gli allevatori provano per le loro Regine, che escano vincitrici o meno dall’arena, che si siano distinte come degli Tsunami o che siano state lievi come Piuma. Eh sì, perché il nome, nella grande tradizione dei combats, ha un peso e non è secondario.

Come si sceglie il nome di una Regina in divenire? Può essere una questione di “famiglia” o semplicemente una casualità, ma la fantasia non ha limiti nella scelta del destino degli animali protagonisti delle Batailles. Immaginate dunque un combat tra una Papillon e una Belva, o di sentire lo speaker annunciare che Shakira sta per fare il suo ingresso in arena.

La scelta dei nomi delle regine è un mondo parallelo a quello dei combats, un mondo in cui la fantasia si mescola con la superstizione e il lignaggio, un mondo che rende ancora più ricca di leggende una tradizione fondamentale per i valdostani: si pesca dal mondo della passerella.

Non quella della Croix-Noire, ma quella delle settimane della moda, da dove si pescano i vari Chanel, Moncler e J’ador (sì, senza la “e” finale, un vero sfregio!), ma anche la geografia non viene risparmiata e anzi è una delle categorie più esplorate, rappresentata da Nevada, Texas, Dallas, CardiffBaltimora e Cuba.

“Andiamo indietro nel lignaggio della Regina e scegliamo in base ai nomi che hanno portato fortuna alle vincitrici degli anni scorsi – spiega Alex Parleaz -, di solito funziona così, si cercano i nomi che hanno dato lustro alle regine imparentate con quella del momento e si trova il nome più adatto”.

Questo il modo infallibile per regalare di nuovo il bosquet alla stalla di turno, ma c’è chi si affida alla fortuna o ai sondaggi, come Thierry: “Quando è nato il vitello abbiamo chiesto su Facebook un parere sul nome e così è uscito Scottish. Se ha portato bene? Non so, non credo a queste cose, ma il nome è bello!”.

Da Scottish ad Allegra, da Pastis a Benjabi, tanti i nomi ormai diventati storici: per i nostalgici della musica techno in voga negli anni 2000 ci sono Par Hasard e Tatanka, ma anche Shakira e Samba per un tocco più sudamericano; mentre i romantici possono rifarsi con Amoureuse e le varie Bijoux (con o senza x finale). C’è chi si affida ai futuri allevatori e lascia che il nome venga scelto dai piccoli, come Piuma, che, nonostante i suoi quasi 600 kg, porta il suo nome con una invidiabile incoscienza.

La new entry Instagram prenderà piede? Oppure le varie Tormenta e Sirena avranno sempre la meglio? I nomi delle regine sono anche un chiaro segnale dei momenti storici che toccano il mondo, quello che sta fuori dalla Croix-Noire, ma che per il tempo di una battaglia si dimentica in favore di una Monella o di una Contessa, il tempo di una giornata.

Non importa il nome della regina, quello che conta è come combatte. Può un nome influenzare i combattimenti? Ovviamente no, ma fa crescere nel pubblico e nell’euforia generale una leggenda. Quest’anno la leggenda sta di casa in Valdigne, a Pré-Saint-Didier, e di nome fa Bandit. In un combattimento lampo, come un vero bandito, la regina ai piedi del Monte Bianco è arrivata e si è presa la sua vittoria. Se il destino non è nel nome allora Bandit è solo un caso. O forse no.

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