“Life in future times”, il nuovo brand valdostano che fa informazione attraverso i vestiti

27 Luglio 2021

In questo momento, in piena ripartenza, siamo ancora pieni di dubbi riguardo al futuro, soprattutto sui come e i quando dell’agognato ritorno alla normalità. Ma per qualcuno, lo stop provocato dalla pandemia ha rappresentato un momento di riflessione e di progettazione del proprio futuro. È il caso dei quattro ragazzi valdostani che, circa un anno e mezzo fa, hanno deciso di fondare “Life in future times” un brand di informative streetwear che unisce la passione per la moda street a quella per la comunicazione.

Uno dei fondatori Francesco Massone, classe 1996, che si occupa di pubbliche relazioni, social media management e marketing, racconta come è nata l’idea di associare il capo di vestiario all’informazione. “La moda ha sempre avuto un aspetto informativo, ma ora se un influencer si mette qualcosa tutti lo vogliono indossare quindi ha un grande potere simbolico e di comunicazione”. Il lavoro del brand è proprio quello di sfruttare il potere comunicativo del prodotto per diffondere anche le informazioni attraverso il web.

La loro idea iniziale è la protagonista della prima collezione, che comprendeva due t-shirt e due felpe, uscita il 31 marzo e intitolata appunto manifesto. Anche se sono solo in quattro i fondatori di “Life in future times” riescono a gestire e ad offrire un concept originale e ambizioso, anche grazie ai loro diversi background e attitudini. Oltre al già citato Massone, con una laurea magistrale in Strategic Comunication allo Iulm di Milano), c’è Davide Crestani, classe 1997, uno studente presso la Bocconi di Milano, che gestisce la parte amministrativa, legale ed economica. Poi Brando Baratti, classe1996 e laureato in giurisprudenza a Torino, che si occupa dell’aspetto grafico e artistico curando il design delle magliette e Amedeo Razzi, anche lui studente di giurisprudenza a Torino, che spesso affianca Crestani e fa da mente operativa del gruppo.

Da sinistra: Amedeo Razzi, Francesco Massone, Brando Baratti e Davide Crestani

Ma come funziona l’informative streetwear, come vengono effettivamente comunicati i contenuti? Lavorando esclusivamente online, il brand si basa completamente sul sito e, soprattutto, sulla pagina di Instagram per farsi conoscere. Come spiega il portavoce, “il lavoro precedente al lancio è stato quello di contestualizzare il nostro prodotto e il nostro impegno, descrivendo prima il concetto di streetwear, poi di comunicazione e, infine, di unirli nel nostro manifesto sui nostri primi capi”.

Per la seconda collezione, che uscirà a fine mese il 31 luglio, il tema è il greenwashing il secondo elemento che definisce il brand andando ad approfondire e a spiegare la pratica che utilizza l’idea di una “falsa sostenibilità” come pubblicità. Si tratta di una capsule collection ovvero una collezione ridotta con pochi capi mirati (e unisex) che comprende: due magliette con stampa, una lime e una rosa, due cappellini (uno snapback e uno da pescatore), un pantaloncino e una borraccia.

Ovviamente “la collezione è green, anche se per ora abbiamo dovuto accettare dei compromessi perché il budget è quello, ma puntiamo a raggiungere il meglio. Utilizziamo cotone organico, poliestere riciclato, che anche se è plastica almeno dà la possibilità di riutilizzare il materiale, e cerchiamo di consegnare tutto a mano a Torino Aosta e Milano”.

Ma il brand non si accontenta di diffondere soltanto informazioni per sensibilizzare il suo target di riferimento. Il prossimo passo, come ci racconta Massone, è quello di approfondire le tematiche delle collezioni in modo più concreto. “Visto che l’obiettivo del brand non è solo produrre oggetti, ma soprattutto un’idea, abbiamo pensato di organizzare iniziative sociali riguardo i temi su cui vogliamo avere un impatto. Ad esempio adesso sono in contatto con l’Ente del Monte di Portofino per organizzare una giornata, magari di volontariato coinvolgendo anche il nostro pubblico, di pulizia del monte dai rifiuti”.

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