“Non pensi mai possa capitare a tua figlia”: il racconto di una madre contro la violenza
Una ragazza espansiva che improvvisamente si chiude in sé stessa. Una giovane che ottiene buoni voti a scuola ma, da un giorno all’altro, si rifiuta di frequentarla, preferendo restare a casa invece di uscire con genitori o amiche.
Un cambiamento repentino che, con il tempo, non passa inosservato agli occhi dei genitori di una minorenne, i quali finiscono per attribuire il comportamento al fidanzato con cui la figlia ha iniziato da poco una relazione.
I sospetti diventano certezze quando la madre, dopo un iniziale tentativo di dialogo con la figlia – “troppo presa dal ragazzo” per ascoltare consigli – decide di ascoltare di nascosto le lunghe telefonate della giovane. È così che scopre insulti, minacce e un controllo ossessivo esercitato dal ragazzo sulla figlia: dai vestiti da indossare alle amicizie da frequentare, fino all’accesso ai suoi account social. Nei messaggi del cellulare emergono violenze psicologiche che durano ormai da mesi.
Non forniremo nomi di fantasia né dettagli che possano identificare la giovane o la vicenda, condivisa dai genitori con l’obiettivo di aiutare altre famiglie a riconoscere segnali di allarme e chiedere aiuto.
“Senti in tv tutte queste storie, ma non pensi mai che possano capitare a tua figlia. Sei convinta di avere tutto sotto controllo, ma non è così. Nascondono molte cose”.
Grazie alla minore età della ragazza, i genitori riescono dopo mesi ad allontanarla dal fidanzato, anche se non senza difficoltà.
“All’inizio ho cercato di convincerla: una persona che ti vuole bene non ti tratta così. Ma lei era troppo coinvolta, giustificava i suoi comportamenti, sperando forse di cambiarlo. Quando poi ha riconosciuto il problema e ha cercato di allontanarsi, la situazione è peggiorata. Ci siamo rivolti alle forze dell’ordine, che ci hanno indirizzato al Centro donne contro la violenza”.
Il Centro rileva da anni un abbassamento dell’età delle donne che si rivolgono ai suoi servizi, tra cui diverse minorenni accompagnate dai genitori.
“Siamo stati accolti subito e abbiamo ricevuto conforto e supporto” racconta la madre.
Diverso, però, è il trattamento riservato alla ragazza in altri ambienti, sia reali che virtuali. Se da un lato riceve solidarietà dalle amiche, dall’altro deve affrontare critiche e ostilità: c’è chi minimizza i fatti, chi la giudica e chi riversa odio su di lei. In una comunità piccola, dove le notizie circolano rapidamente, la giovane subisce un processo parallelo sui social, che si somma al procedimento legale in corso, con conseguenze psicologiche pesanti. La pressione porta la ragazza a rifiutarsi di tornare a scuola.
“È stato un periodo difficile per tutti. C’era tensione anche in casa e ho persino proposto a mio marito di cambiare città”.
La ragazza intraprende un percorso di supporto psicologico.
“All’inizio si sentiva in colpa, aveva paura di non essere creduta o di essere giudicata. Ha sviluppato una diffidenza verso i ragazzi e gli uomini. Per molto tempo si è isolata, rinunciando anche a frequentare la scuola”.
Il ritorno alla normalità è lento e difficile, segnato dalla paura. Al ragazzo è stato imposto il braccialetto elettronico, mentre la giovane porta sempre con sé un telefono con GPS.
“Il problema è che questi dispositivi non sempre funzionano bene e si scaricano facilmente. A volte mia figlia viene svegliata dall’allarme di notte o contattata dalle forze dell’ordine durante il giorno, perché il braccialetto non risulta attivo. Ci sono momenti in cui si sente scoraggiata e vorrebbe tornare indietro pur di non affrontare tutto questo”.
Anche la vita dei genitori è cambiata.
“È difficile fidarsi dei ragazzi che ora si avvicinano a nostra figlia. Preferiamo che vengano a casa nostra, per conoscerli e controllarli. Dovremo tornare a una vita normale, ma non è ancora il momento”.
La madre, infine, si rivolge a chi si trovi in situazioni simili:
“State vicini ai vostri figli, non alzate muri, ma cercate un dialogo aperto. Ascoltateli e indagate su segnali sospetti nei comportamenti, nelle abitudini o negli stati d’animo. Per noi sono stati campanelli d’allarme. Ai ragazzi dico: proteggete la vostra privacy. Troppi condividono con amici o partner le password dei social, senza considerare i rischi”.