Oltre la Fiera di Sant’Orso: la magia delle buvette e dei ristori “volanti” degli artigiani
Non solo artigianato tipico della tradizione valdostana, ma anche musica, danze e soprattutto specialità enogastronomiche locali: la Fiera di Sant’Orso ha tante sfaccettature e forse, alla fine, la dimensione di convivialità che anima la festa rappresenta il vero spirito della Millenaria.
Se sui banchetti, in bella vista lungo le vie del cento storico della città, è possibile ammirare oggetti e sculture in legno, manufatti in pietra ollare, ferro, rame, ceramica, vetro, tessuti, pizzi e molto altro, c’è altrettanto ingegno nascosto dietro (o spesso anche solo a fianco), dove sorgono vere e proprie cucine “da campo”, con stufe, paioli, taglieri e l’immancabile angolo buvette, in cui gli artigiani si ritrovano per rifocillarsi e tenersi compagnia.
Anche in questo caso, si tratta di un’usanza che viene da molto lontano: in passato, soprattutto chi scendeva in città dalla valle laterali per esporre le proprie opere si doveva attrezzare per restare in Fiera due giorni e una notte (ecco quindi l’origine della Veillà).
Lontano dai padiglioni (rossoneri ed enogastronomici), dai bar e dallo street food, oggi è possibile imbattersi in lunghe tavolate imbandite, “potager” roventi con polenta e carbonade, cervo, zuppe o semplicemente vin brûlé. Senza dimenticare i taglieri di saucisse, boudin, fontina e pane nero, oltre alla riserva di genepy e liquori distillati in casa.
Il cuore di questa grande cucina a cielo aperto è senz’altro la zona dietro Piazza San Francesco, tra via Monseigneur de Sales (zona presidiata dai rugbisti dello Stâde Valdôtain) e via Xavier de Maistre (area “celtica”), fino a via Guido Rey, dove c’è anche più spazio per allestire le zone di ristoro. Ma non è raro trovare qualche “chicca” anche nei vicoli del centro storico (molti gli Alpini ben attrezzati) o addirittura in Piazza Chanoux, dove quest’anno fa bella mostra di sé un incredibile tavolo-stufa. Si difende bene anche il crocevia tra Sant’Anselmo, Sant’Orso e Porta Praetoria, dove è stato istituito addirittura un Premio Buvette, ideato dalla scultrice Sabina Marquet, quest’anno vinto da Jadir Vallet, davanti a Mirko Bottazzi e Michel Rosset a pari merito con Paolo Taldo.
Insomma, non è affatto difficile individuare questi piccoli angoli di gastronomia iperlocale, ruspante e tradizionale, passeggiando in città, mentre diventa più complesso uscirne vivi e ritrovare la strada di casa, a fine giornata, dopo aver brindato almeno una volta con tutti.