Partecipazione, inclusività e l’aiuto del territorio. La candidatura di Aosta a “Capitale della cultura” parte da qui
Il semplice dittongo “æ”, le cui linee sono state tracciate dallo studio Arnica Design, partono da lontano e arrivano vicino. Raccontano di Aosta, che si trasforma in Aoste quando si “intinge” di francese. Ma parlano anche di Augusta Prætoria, della sua origine romana, della prima pietra posata nel 25 avanti Cristo dove poi biforcava la via delle Gallie.
Da questa identità il Comune di Aosta lancia la sua “sfida” per diventare Capitale italiana della cultura 2025, come deciso in Consiglio – con voto unanime – lo scorso aprile. Ieri, giovedì 24 agosto, un primo incontro in Cittadella dei Giovani tra l’Amministrazione del capoluogo e diverse associazioni culturali aostane e dell’intera regione, per cominciare a mettere le idee su un tavolo. Per arrivare, entro il 13 settembre, a consegnare a Roma, nelle mani del ministero della Cultura, il dossier di sessanta pagine che racconterà la Aosta di ieri, di oggi e, soprattutto, i progetti per quella di domani.
Sul piatto, la Giunta comunale ha messo 40mila euro, cifra che oltre agli adempimenti tecnici e burocratici comprende l’incarico alla responsabile del progetto di candidatura, la ternana Linda Di Pietro che da oltre dieci anni dal 2009 si occupa della programmazione culturale del Caos – sempre a Terni –, il Centro per le arti opificio.
L’incontro con il mondo della cultura e “Aspettando Aosta 2025”
Sull’incontro di ieri, l’assessore alla Cultura Samuele Tedesco spiega: “È andato molto bene ed è stata anche un’occasione per conoscersi meglio, un momento in cui sono nate anche molte interazioni tra operatori diversi, che propongono manifestazioni differenti e che, incontrandosi, hanno avuto la possibilità di avere orizzonti più ampi. La partecipazione è stata più che positiva. Ora non ci resta che aspettare il 13 settembre per la consegna del dossier. Fino al 15 novembre, giorno in cui la Commissione ministeriale definirà la short list delle città finaliste, prenderà il via ‘Aspettando Aosta 2025’, con diverse iniziative in programma per coinvolgere la popolazione”.
Un 2025 (comunque) speciale
L’anno della “Capitale della cultura” sarà, ad ogni modo, una ricorrenza speciale per Aosta. Comunque vada la candidatura: “Il 2025 è anche il 2050° anniversario dalla fondazione della città, e nei compleanni siamo abituati a fare un po’ un bilancio – prosegue l’assessore –. Sfrutteremo questa data anche per questo, al di là dell’esito della candidatura. Iniziamo quindi a progettare assieme, a condividere e a capire che la cultura è una policy che ci permette di riflettere sui risultati e sui semi che andiamo a raccogliere”.
“Credo – aggiunge – sia decisamente importante per un miglior uso di risorse da mettere in campo ma anche per una rete che andiamo a creare. Penso sia prima volta in cui si riflette e si progetta assieme e stiamo immaginando altri eventi. Dato che a volte vengono organizzati tutti in unico periodo, mettersi in rete, in condivisione, permette di comprendere che il dialogo può portarci ad esplorare nuovi orizzonti. Un’idea di pluralità emblematica”.
“Siamo nella fase finale di questo processo, una fase decisiva per la candidatura. Qui iniziamo a immaginare i progetti da inserire nel dossier, in una logica di unione e inclusione. Il logo scelto ha due lettere che si uniscono, un elemento che vuole essere significativo di tutto, dell’unione totale di tutti gli operatori culturali del territorio”, chiude Tedesco.
Il “patto” con le Unité (e la regione tutta)
All’assemblea del Celva dello scorso 23 agosto, a lanciare il proverbiale “amo” agli altri sindaci è stato il primo cittadino di Aosta Gianni Nuti: “Questo percorso ci fa fatto riflettere su una caratteristica – ha detto –: ovvero che Aosta è il territorio circostante, per cui nell’idea di concepire la candidatura a Capitale della cultura si deve per forza tenere in considerazione tutte le declinazioni della cultura valdostana del territorio”.
Nello specifico, con un occhio alle Unités e ai comuni che le compongono: “Nel 2025 ci piacerebbe che per otto mesi, un mese a testa, le Unité possano ‘far fuoco’ sulle proprie specificità culturali e che, in senso molto ampio, ognuna avesse una ‘vetrina in città’ mostrando le proprie innovazioni e facendo tesoro delle tradizioni – ha aggiunto Nuti –. È l’unico modo per dare risonanza all’esterno, portare ad un’idea di brand e ad una visibilità che può dare risposte. Elementi che interessano e attraggono e portano gente nei nostri territori per un modo di fare turismo inclusivo”.