Per una “maggiore informazione”, nel frattempo non vaccinano: i “pro scelta” riuniti ad Aosta

04 Giugno 2017

Chiedono un approccio individuale, bambino per bambino, in una disciplina medica, quella della vaccinazione, che ha raggiunto i suoi successi grazie a pratiche standard e di massa. Chiedono soprattutto informazione su ciò che viene iniettato e sui tempi per farlo, lamentandosi della difficoltà di ottenerne da pediatri e consultori e, di fatto, aspettando prima di sottoporre i propri figli ai vaccini, fino al non farli. Il popolo dei “Genitori per la libera scelta” non si descrive di per sé contro questi medicinali, ma di fatto per la maggior parte lo è.

Nel pomeriggio di ieri, sabato 3 giugno, erano circa 150 le persone in piazza Chanoux che, in maglia gialla, si sono riunite per protestare contro il decreto della ministra della Salute Beatrice Lorenzin, legge che da martedì obbligherà a vaccinare tutti i bambini, previa l'esclusione da scuole, multe e sanzioni, fino a togliere la patria potestà ai genitori. Manifestazioni simili a quella di Aosta si sono tenute oggi in altre 24 città in tutta Italia.

Stefano Minetti, ricercatore universitario di cultura araba, è uno degli organizzatori del gruppo in Valle d'Aosta. La prima riunione si è svolta la settimana scorsa, a Fénis, raccogliendo l'adesione, anche in questo caso, tra 150 e le 200 persone. Minetti sostiene che i problemi di fondo sulla questione siano due: “Secondo noi l'articolo 4 della costituzione parla chiaro e non si può obbligare a vaccinare – afferma – inoltre nel nostro paese c'è un problema di informazione e trasparenza”.

Riguardo alla trasparenza, i rimandi – frequenti nelle persone sentite – sono alla storia recente, ai tempi di fine Prima Repubblica e degli scandali legati alla sanità: le vicende che coinvolsero l'allora ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, assieme al direttore generale del Servizio farmaceutico nazionale Duilio Poggiolini.

Un paradosso, fuori fuoco, di Minetti – “se non fossi malato di cancro ti faresti la chemioterapia?” – chiarisce che, per molti dei presenti alla manifestazione, i vaccini sono farmaci che vanno utilizzati solo in caso di un rischio tangibile che al momento non riescono a vedere, nonostante gli allarmi lanciati dalle istituzioni sul bum di casi di morbillo o la necessità dell'immunità di gregge. “Se dovessimo fare dei viaggi all'estero farei vaccinare i miei bambini perché c'è una concreta necessità – afferma Elisa Bortot, un'altra organizzatrice dell'evento – ma perché dovrei fare un'antitetanica ad un neonato?”.

Delle stesse idee è Lara, artigiana, che racconta di come si sia rifiutata di fare il vaccino esavalente al figlio: “Ho chiesto al consultorio di farne solo quattro su sei e mi hanno detto che non era possibile. Ora che corre in giro gli farei l'antitetanica, ma solo il vaccino singolo, come quello che hanno in Francia”. Due della decina di genitori sentiti, hanno affermato di rifiutare il vaccino contro l'epatite B “perché si trasmette per via sessuale: a cosa serve farlo ad un bambino?”. L'epatite B però si trasmette con il sangue, quindi non solo per via sessuale.

Le questioni sollevate dai manifestanti riguardano spesso il rapporto con i propri medici. “Ho parlato con alcuni di loro e non mi sono trovata bene”, afferma Claudia Lazier che per ora ha fatto vaccinare solo un figlio su due contro il tetano. “Ci sono informazioni sui componenti metallici dei vaccini che non vengono date – continua – e vorrei dei test prima di vaccinare i miei figli perché in famiglia ho casi di persone con malattie autoimmuni”.

È certamente l'esperienza di malattia a portare altri dubbi: “Ho quattro figli e il penultimo, dopo i vaccini, ha avuto problemi di salute, anche se non so dire se sia o meno correlato – spiega Stefania Bacchetta, educatrice di infanzia – allora ho cominciato ad informarmi e non ho fatto i richiami. L'ultima non è vaccinata”.

Bacchetta, come molti dei presenti, non accetta imposizioni: “La legge Lorenzin è pura dittatura – sostiene – se mi obblighi a fare i vaccini tutti assieme non li faccio fare”. Tutti i sentiti vogliono sicurezza sugli ingredienti e test prevaccinali: è proprio la posizione ufficiale del gruppo. Questi esami sono propugnati dall'ex medico Roberto Gava e senza entrare nel merito dell'efficacia di prevenire o meno effetti collaterali, una buona metà di queste analisi non sono reperibili nelle normali strutture ospedaliere.

L'impressione, a sentire le persone intervenute all'iniziativa di ieri, è che si cerchi l'assoluta certezza che questi farmaci non diano effetti collaterali, chiudendo gli occhi sul fatto che in questo campo si lavora perché i rischi legati ai vaccini siano (di molto) minori degli effetti che avrebbero le malattie per cui ci si vaccina. Minori, ma non totalmente assenti.

In mancanza di certezze, il dubbio tocca qualunque aspetto della questione e porta al non procedere alle vaccinazioni: “Ma è proprio per questo che ci va più informazione e non imposizioni e radiazioni dall'albo di medici che protestano – sostiene Massimiliano Serluca, impiegato statale – io non ho ancora vaccinato i miei figli, ma conosco gente che è stata chiamata dal consultorio o dalla Usl e si è convinta a farlo”.

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