Si è spento ad Aosta lo scultore François Cerise
Autentico e puro come il legno di noce vecchio che utilizzava per le sue opere. François Cerise, Cesco per i conoscenti, si è spento oggi, domenica 22 marzo ad Aosta.
Era uno degli ultimi esempi di una scultura valdostana tradizionale, integerrima e sincera, frutto di una vita sempre vissuta “a schiena dritta”, con l’eccezione del duro lavoro nei campi, scelta fatta per convinzione, e che lo aveva fatto rinunciare a un lavoro alla Cogne Acciai Speciali.
Classe 1932, Cerise nasce e cresce a Gignod, ma abiterà la maggior parte della sua vita nella sua famosa casa di Aosta, di fronte agli ultimi prati del capoluogo, quelli del Réfuge Père Laurent. La sua casa rimase, fino a quando lo scultore ebbe la forza di lavorare nei campi, un baluardo di lavoro agricolo nella città, un’oasi in cui “Cesco” raccolse più di mille opere di antiquariato, solo oggetti rurali antichi, altra sua grande passione. Divenne membro dell’Académie Saint-Anselme nel 1974 e punto di riferimento per gli scultori tradizionali della regione.
Il suo talento era racchiuso nei tratti e nelle incisioni delle sue opere, tutte fatte a mano e con gli strumenti dello scultore, mai rifinite con le macchine che lui non concepiva come attrezzi del mestiere, né nella sua attività di scultore, né tanto meno nel suo lavoro nei campi (fino a quando fu possibile ebbe 2 mucche al pascolo nei prati della sua casa). I soggetti delle sue sculture, prevalentemente santi, ma anche suonatori improvvisati di fisarmonica e agricoltori dei campi valdostani, erano spesso solo abbozzati, ma incredibilmente veri e profondi, come i suoi occhi, comunicativi, e le sue mani ruvide che accarezzavano le opere che ogni anno spiegava ai tanti visitatori che facevano capannello davanti al suo storico banco della Fiera di Sant’Orso, sempre in Via Sant’Anselmo all’incrocio con via Antica Zecca.
Uomo dalle forti convinzioni, non ha mai nascosto che l’unico rendez-vous degno di nota per l’artigianato valdostano era la Millenaria, a cui partecipava dal 1962, sempre con la sua elegante giacca in drap e la sua borsa rigida di legno, guance rosse per il freddo e un sorriso, ma poche parole, per tutti coloro che si fermavano a complimentarsi per l’incredibile manualità e per l’umiltà con cui continuava la sua decennale attività.
Opere uniche nel loro genere, specchio di una Valle D’Aosta agricola che Cerise ha visto cambiare nel corso degli anni, ma che lui ha sempre rappresentato fedelmente, con convinzione e passione, nella sua vita come nella sua arte. Mai le sue opere sono state caricature del popolo valdostano, ma fedeli rappresentazioni di un mondo che prima di scomparire è cambiato rapidamente, rimanendo impresso negli occhi acuti e curiosi di Cesco che ne ha saputo cogliere l’aspetto più veritiero, forse perché profondo conoscitore di quella fatica e di quegli stati d’animo dei protagonisti che creava con le sue mani. La sua era arte che creava senza un disegno preparatorio, ma solo seguendo l’ immaginazione, la migliore tavolozza che un uomo curioso e aperto al mondo possa avere. Le sue sculture rappresentavano bene un mondo che lui conosceva e viveva, un mondo ripiegato sulla fatica del duro lavoro, da qui i tratti ruvidi, ma emozionato dalla bellezza della vita e grato per ogni alba, da qui i soggetti di festa o religiosi.
Lo ricorda con affetto e commozione la sindaca di Gignod Gabriella Farcoz: “Era un valdostano d’antan, un uomo dai valori e dagli ideali veri, credeva profondamente nell’autonomia valdostana e nella Valle d’Aosta come paese. Era un personaggio ovviamente conosciuto da tutti e le sue sculture sono note anche oltre i nostri confini. Posso dire che ha sempre lavorato molto per la sua famiglia e duramente, guidato da delle precise convinzioni. Era una persona semplice, ma concreta, e dalla grande fede, che dimostrava ogni anno, fino a quando la salute glielo ha permesso, partecipando alla storica processione di Chaligne. Inoltre donò molte delle sue opere alla chiesa di Gignod, proprio quelle che rappresentano la salita a Punta Chaligne. Abitava ad Aosta da tempo, ma il suo cuore è sempre stato a Gignod, nel villaggio La Condeminaz, dove in estate e primavera tornava con la moglie per lavorare i campi e l’orto. Era un vero e forte valdotèn: un lavoratore con un gran cuore e una grande sensibilità”.
François Cerise lascia la moglie Palmira Barmasse e la figlia Alessandra. I funerali non verranno celebrati, ma al termine del periodo di emergenza covid-19 sarà celebrata una messa per ricordarlo nella chiesa di Gignod.