Tra teatro, cinema, performance art e balletto: il costumista Armel Brustia racconta il suo lavoro
“Il mio interesse per l’arte nasce dal personale bisogno di raccontare il mio mondo interiore”. Armel Brustia, direttore artistico e costumista valdostano con oltre dieci anni di esperienza in progetti artistici, cinematografici e televisivi, ha maturato nel tempo una passione per l’arte che l’ha portato a specializzarsi in videoperformance, scultura e narrazione visiva per produzioni internazionali. Una carriera in cui la collaborazione con l’Accademia del Teatro Alla Scala di Milano non è che un corollario tra molti altri progetti. A guidare questi ultimi è sempre la ricerca di un’interazione tra natura ed essere umano, in una dimensione artistica che faccia da ponte tra fantasia e realtà. “Cerco di trascrivere ogni esperienza emotiva nella materia attraverso la fusione tra diversi materiali e linguaggi artistici”.
L’operato di Armel si concentra su costumi, costumi scultorei e su produzioni video, video performance e cortometraggi. Ma il suo percorso è soprattutto un cammino di conquista verso il riuscire a raccontare il suo mondo artistico attraverso varie discipline, di cui il cinema è il primo e più grande amore. “Ho studiato scenografia cinematografica perché regia a Roma non era un’opzione possibile. Studiando scenografia ho compreso lo spazio, la luce e molto altro e da lì ho ritrovato nel costume un grandissimo alleato, in quanto è un elemento a diretto contatto con il corpo. Mi appassionano moltissimo anche la danza e la musica — ho studiato per anni pianoforte durante la mia infanzia in Valle d’Aosta — quindi il costume inglobava per me tutto quello che avevo bisogno di tradurre dalla mia interiorità verso il mondo esterno. Il mio fine ultimo è, però, la regia cinematografica”.
Il lavoro come costumista di Brustia inizia nel 2009, affiancando piccole produzione teatrali in Valle d’Aosta. Dal 2011 sviluppa in Spagna la sua ricerca sui costumi scultorei, realizzando diverse produzioni. Il suo primo cortometraggio “L’Amante del Cervo” — per il quale ha curato costumi e regia — è stato selezionato in diversi festival nel mondo, tra cui il 69esimo Festival di Cannes. Nel 2016 inizia a lavorare con grandi produzioni nazionali e internazionali, prima come aiuto, poi come assistente e infine come capo costumista.
Ma in cosa consiste concretamente il lavoro di costumista? Armel spiega così una professione che può sembrare estranea alla dimensione quotidiana dei più, ma che in realtà si situa al cuore stesso dell’esperienza materiale e sensibile della vita: “Innanzitutto è doveroso fare una distinzione, in quanto spesso molti costumisti non hanno alcuna competenza sui materiali o sulla confezione di un abito. Io appartengo invece a quel gruppo di costumisti che oltre all’idea si occupano in prima persona della realizzazione, soprattutto quando si tratta di costumi particolari o realizzati con materiali diversi. Per fare un esempio, tra gli altri progetti di questo periodo, sto realizzando un costume in acciaio, tessuto e carta. A volte vesto i panni di una figura manageriale che sappia gestire tanti costumi e dare una visione precisa, altre volte vengo contattato per le abilità manuali di realizzazione”.
“Si tratta di un lavoro molto diverso a seconda dell’ambiente in cui si inserisce: tra teatro, cinema, performance art e balletto, ogni realtà lavorativa è molto diversa. Ogni costume deve infatti rispettare specifici bisogni (pratici, visivi, concettuali), a seconda del linguaggio artistico in cui si inserisce. Alcuni costumi vengono usati in una scena per un minuto, altri per anni nei teatri o esposti nei musei”.
Tra le molte esperienze lavorative di Brustia, si segnalano le collaborazioni con la CBS, Sky, la Rai e l’Unesco. Attualmente sta realizzando, tra gli altri, dei costumi per l’Accademia Teatro Alla Scala di Milano. “Non posso ancora rivelare dettagli sulla produzione, ma posso anticipare che sono costumi ideati e realizzati interamente a mano da me e che si ispirano alla tradizione indiana. Mi hanno dato carta bianca per questo progetto e questo è un grande privilegio”.
Se Brustia è riuscito a ottenere in Italia un posto di spicco nel mondo del costume, il suo lavoro si situa però tra le tante professioni artistico-culturali che nel nostro paese meriterebbero più riconoscimento e tutela. “All’estero generalmente la situazione è più organizzata e chiara, sia a livello di formazione che di carriera. Ho scelto di conseguire la mia seconda laurea in Spagna presso la sede della Costa Blanca in quanto è il miglior laboratorio di scultura d’Europa, sia per i macchinari industriali che per il personale tecnico molto competente. In Italia ho constatato un approccio generalmente più antico, positivo per la creatività e la conoscenza della tradizione, ma a volte non troppo aggiornato. All’estero il nostro lavoro di solito viene remunerato e tutelato maggiormente”.
Ma il riconoscimento della professione deve avvenire anche attraverso un cambio di mentalità nei confronti dell’oggetto del lavoro stesso. “Solitamente non sono noti i costumisti, ma solo i loro lavori. Eppure, in un film, una serie tv o un balletto, è il costume che conferisce l’identità al personaggio”.
Sospeso tra tradizione e modernità, il lavoro di costumista nell’era digitale può avvalersi dei social media per farsi strada in un mondo professionale dove i contatti giocano un ruolo fondamentale. “Fare carriera può essere difficile e a mio avviso è di fondamentale importanza prepararsi e conoscere a trecentosessanta gradi una professione così complessa: non soltanto l’immenso mondo dei tessuti, ma nel mio caso anche quello dei minerali, dei legni e dei fiori, dei vetri e dei metalli. Bisogna conoscerne la meccanica per poter applicare la creatività alla praticità di un abito, di un’armatura o di un accessorio. Negli ultimissimi anni grazie ai social network far conoscere questo lavoro sta diventando più immediato, perché la distanza si è accorciata sia con i datori di lavoro che con il pubblico”.
“L’Italia è un paese che con il costume ha un rapporto molto stretto, in quanto legato alle molteplici tradizioni storico culturali oltre che al mondo della moda”, continua Brustia. “In Italia le opportunità di ispirazione e osservazione per quanto riguarda il mondo dei costumi sono tantissime; per la formazione invece credo ci sia più una frammentazione, perché la bellezza è tanta ma non si investe abbastanza su di essa”.
A confermare il quadro nazionale è la riflessione che l’artista condivide sulla Valle d’Aosta, regione dove è nato e continua a risiedere. Un luogo che, se da un lato è preziosa fonte di ispirazione artistica, dall’altro fatica ad essere al passo coi tempi nell’offerta artistica. “Per me questa valle è un terreno ricco di ispirazione. Giorni fa, sciando nel Parco del Gran Paradiso, osservavo la natura e pensavo che siamo molto fortunati. Negli anni, nei miei lunghi viaggi in Europa, Asia e America ho conosciuto e studiato tante realtà e qui siamo davvero fortunati: è importante ricordarcelo. La Valle d’Aosta però dovrebbe investire molto di più sull’arte contemporanea del costume. La tradizione è importante, ma è un punto di partenza, non di arrivo. Il mondo cambia, evolve e così anche l’arte e gli artisti”.