Un rianimatore valdostano in aiuto all’Ucraina

26 Febbraio 2022

L’appello più sensato in questo momento è che le bombe si fermino e che si torni a vivere, ma finché questo non accade ci sono diverse realtà che operano in prima linea per l’assistenza ai civili in Ucraina. Una di queste è Tropicaldoctor, un gruppo di 12 tra medici e infermieri anche valdostani (più diverse unità che a seconda dei progetti affiancano il nocciolo duro del gruppo), che raccoglie e spedisce materiali verso le zone più calde del pianeta, ma che, soprattutto, mette in piedi corsi di formazione sanitaria per dare inizio a un circolo virtuoso in cui il personale locale che verrà formato potrà formare a sua volta. In questo momento l’associazione sta organizzando un invio di beni come maschere sterilizzate, ventilatori e materiali utili per fronteggiare l’emergenza bellica in corso nell’est.

Il team manager di questo gruppo è Marco Sarboraria, rianimatore all’Umberto Parini di Aosta dal 2004 e referente di Tropicaldoctor dal 2014. Il medico, di ritorno dall’Africa in questi giorni (era in Uganda per formare dei sanitari africani che formeranno nuovi sanitari a loro volta n.d.r.), non è nuovo al confronto con la situazione ucraina: “La prima volta che ci siamo trovati a gestire degli invii ad alcune associazioni in Ucraina è stato il 2014, quando il paese era piombato nella confusione legata alla situazione delle repubbliche separatiste che ancora non si erano autoproclamate, ma che già avevano ottenuto l’appoggio della Russia. Quel momento vide dei flussi di rifugiati notevoli spostarsi all’interno della stessa nazione e per noi significò non solo aiutare le parti orientali dell’Ucraina, ma in un secondo momento anche e soprattutto le zone più occidentali che erano diventate il rifugio di queste persone. In quel periodo inviammo davvero molto materiale nel paese dell’est Europa, la Valle d’Aosta fu in grado di provvedere a diversi invii di ottima qualità“.

L’associazione di Sarboraria si occupa di radunare materiali di prima necessità, ma anche di beni per situazioni che non sono di emergenza, come spiega lo stesso medico: “Noi ci occupiamo principalmente di radunare il materiale che le associazioni sul territorio ci richiedono. Loro ovviamente conoscono le emergenze e le necessità; noi cerchiamo di trovare quello che serve e lo inviamo a queste associazioni che poi ci mandano varie documentazioni fotografiche di come questi invii siano fondamentali per loro e per i civili delle zone interessate“.

L’ospedale dove ha lavorato Marco Sarboraria ad Haiti

La prima volta in cui Sarboraria e la sua associazione si sono trovati di fronte alla situazione ucraina l’invio di materiale era concentrato specialmente su beni diretti a case di riposo, ospedali di periferia e orfanotrofi, strutture che “non erano sotto ai riflettori e forse stavano per essere dimenticate, ma che sono fondamentali per l’assistenza ai civili”. I civili, questa è una parola che nel discorso di Sarboraria ritorna in maniera puntuale e ricorrente; sono i civili il centro del pensiero del rianimatore aostano che non riesce a prendere posizione sul conflitto, ma che va oltre alle questioni politiche per puntare a quello che forse, in ogni conflitto, si finisce col dimenticare, ovvero la società che paga il prezzo più alto: “Diventa molto difficile capire quale sia la situazione, non posso e non voglio prendere posizione, non ho le competenze di geopolitica per delineare lo scenario migliore o per analizzare questo momento. Il mio obiettivo e quello della nostra associazione è quello di assistere i cvili, mandare materiale che serva a tutti coloro che in questo momento si trovano tritati nel mezzo del conflitto. Noi curiamo e vogliamo che si curino le persone, vogliamo che si possano trovare le mediazioni migliori per garantire cure e assistenza e non sempre è semplice. I materiali che inviamo devono servire a curare e assistere tutti, non c’è una distinzione tra buoni o cattivi quando parliamo di società civile. Quello che mi preme sottolineare è che il materiale non viene in nessun modo inviato a organizzazioni militari, proprio perché la nostra missione è quella di aiutare chi è in prima linea nell’assistenza delle persone”.

La parola persone, che troppo spesso viene dimenticata quando si parla di conflitti e quando le situazioni si polarizzano, è il centro della missione di Tropicaldoctor che, al momento, sta inviando beni totalmente diversi in Ucraina rispetto al 2014: “Se prima gli invii erano tipici di una situazione tesa, ma comunque in cui bisognava tamponare in qualche modo situazioni quotidiane, ora quello che le associazioni ucraine chiedono a noi sono assolutamente beni tipici dell’emergenza, principalmente materiali da sala operatoria e situazione chirurgica“.

Una strada e un checkpoint nel Donbass

Il contenuto degli invii non prevede materiali scaduti o che non sono più conformi, come tiene a spiegare Sarboraria, ma sono beni che per motivi di aggiornamento non servono più in Valle, nonostante siano assolutamente funzionali e per questo utili in una situazione come quella odierna in Ucraina. Per il momento Tropicaldoctor non andrà in prima persona nel paese dell’est Europa e questo perché “il problema più grande ora non è la mancanza di personale o la sua formazione. Anzi, l’Ucraina ha personale sufficiente, anche se in momenti bellici non è mai abbastanza, ma può farcela dal punto di vista del personale sanitario e della loro professionalità. Il momento è quello dell’invio di beni, di materiale ospedaliero che sia idoneo per quelle zone e per le strutture che esistono ancora”.

E, in effetti, i materiali che vanno inviati non sempre possono essere utili o funzionali e anche per questo motivo la presenza dell’associazione è fondamentale nel capire se gli invii siano utili o meno: “Può darsi che ci sia bisogno di autoambulanze e che si predisponga un invio, però bisogna tenere a mente che le nostre ambulanze non sono fatte per quelle zone o più semplicemente per le zone di guerra, quindi forse se la richiesta sono le ambulanze bisogna pensare a un invio di mezzi e furgoni che sul posto possono poi essere trasformati, blindati, e questa è una differenza importante e sostanziale per evitare invii sbagliati”.

Le donazioni di materiali possono pervenire anche da parte di aziende e privati, basta mettersi in contatto con l’AVSFM di Pont-Saint-Martin ed il progetto Farmpop per il recupero di farmaci e beni sanitari attraverso l’indirizzo mail farmpopvda@gmail.com.

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