23 anni fa l’impresa sulle Grandes Jorasses dello skyrunner “dimenticato perché calabrese”
L’aria è frizzante e c’è già luce, anche se il sole non è ancora spuntato, a fondo Valle. Sono le 6 di mattina del 13 agosto 1993 quando un giovane piastrellista di Aosta parte dal piazzale dell’hotel Miravalle di Planpincieux, a Courmayeur (1600 metri di altitudine) diretto alla cima della punta Walker, nelle Grandes Jorasses (4208 metri). Vestito con il minimo indispensabile per sopravvivere – tuta da fondo, giacchetta leggera, cappello, guanti, ramponi e piccozza – affronta l’impresa con solo un obiettivo: salire e scendere dalla vetta nel minor tempo possibile. Dopo quattro ore, tre minuti e ventisei secondi di corsa sfrenata e pericolosa – in particolare il passaggio al canalone Sud, in cui dieci giorni prima erano morti otto alpinisti travolti dal distacco di un seracco – è già di ritorno. Un record, rilevato con precisione dall’Associazione Cronometristi della Valle d’Aosta, che ancora oggi, a 23 anni esatti dal suo compimento, risulta imbattuto. E che fa immediatamente pensare a un nome in particolare, quello di Bruno Brunod. Il problema è che per una volta il campione di skyrunning più amato dai valdostani non c’entra nulla. O quasi.
Brunod? No, Mammoliti
Quel ragazzo di 28 anni, capace di misurarsi con il Monte Bianco armato solo di un paio di buoni polmoni e tanto coraggio, si chiama Alfredo Mammoliti. Nato ad Aosta nel 1964, Mammoliti lavora come manovale temprando il fisico come lo spirito grazie alle ore passate a spostare sacchi di cemento. A 25 anni suonati inizia a praticare diversi sport a livello agonistico, dall’atletica leggera allo sci di fondo, senza disdegnare lo scialpinismo. Ma la sua vera passione – lo scoprirà solo all’inizio degli anni 90 – è la corsa in montagna, suggellata da quella prima grande impresa sulle Grandes Jorasses. Un’impresa documentata da un paio di articoli di giornale apparsi sul quotidiano “La Stampa” e da un servizio della Rai, di cui Mammoliti custodisce una copia registrata.
Ma cosa c’entra, allora, Bruno Brunod? E’ lui la molla che, almeno indirettamente, fa uscire allo scoperto Mammoliti, a più di vent’anni da quelle corse spericolate a fil di cielo. “Leggo sui giornali che Brunod avrebbe inventato lo skyrunning, ma non è vero”, attacca brandendo un ritaglio di un quotidiano, sul quale spunta un articolo dedicato alla biografia di Brunod, appena uscita in libreria.
La nascita dello skyrunning
“L’idea dello skyrunning è nata con Valerio Bertoglio – precisa Mammoliti – dalla voglia di superare i limiti dell’uomo in montagna. Originario della Val di Susa, sportivamente parlando arrivava dalla maratona e di lavoro era guardaparco nel Parco del Gran Paradiso, vetta sulla quale fece il primo record di salita. Poi fu la volta del record sul Cervino, nel 1990, battuto da Brunod nel 1995, anche se Bertoglio lo fece senza assistenza. Io lo conobbi facendo scialpinismo e mi invitò a provare la corsa in salita, con la quale sui si cimentava da tempo”. In cima alle Grandes Jorasses, ad aspettarlo, 23 anni fa, c’era proprio Valerio Bertoglio.
E Marino Giacometti, attuale presidente della International Skyrunning Federation e uomo universalmente riconosciuto come l’ideatore della disciplina? “Veniva dall’alpinismo, ma era anche un imprenditore. E correva su e giù per le montagne, come noi: nel 1989 salì il Monte Rosa da Alagna in 3h53’’ e poi stabilì il record di salita e discesa al Pumori (7,200 m) in 14 ore. Sponsorizzato dalla Fila, puntava a far conoscere questo nuovo sport organizzando delle vere e proprie gare, spingendo parallelamente il prodotto commerciale”. Come ad esempio la prima SkyRace della storia, la celebre Courmayeur-Monte Bianco-Courmayeur disputata il 28 luglio 1992 e vinta da Adriano Greco; o il Vertical K di Cervinia, del 1994, prima prova di chilometro verticale mai disputata, vinta da Ettore Champretavy, davanti a Bruno Brunod e Fabio Meraldi. In quella gara Mammoliti arrivò settimo, stanco perché due giorni aveva compiuto un’altra impresa.
“Il primo a fare l’Aosta-Becca di Nona sono stato io”
Il 27 agosto 1994, infatti, Mammoliti sale fino alla Becca di Nona (3.142) per tornare al punto di partenza, al Pont Suaz, in 3h7’1’”. “Il primo a fare quel percorso, cronometrato e certificato, sono stato io. Il mio tentativo sarebbe servito come test di riferimento per organizzare una gara – l’Aosta-Becca di Nona, per l’appunto – qualche anno più tardi”. A occuparsi di metter in piedi la competizione doveva essere proprio Marino Giacometti, diventato nel frattempo referente della Fila Skyrunner. Nelle foto scattate in vetta da uno dei due fratelli Pession, si nota distintamente l’abbigliamento esclusivo (all’epoca non era in commercio, ndr) griffato Fila, di Mammoliti. “Nel 2002, quando la gara diventò realtà, nessuno mi contattò o mi menzionò: ero già diventato uno qualsiasi”. Per la cronaca, il vincitore fu Bruno Brunod. Così come l’anno seguente e quello dopo ancora.
Anche il 7 settembre 1994, quando Mammoliti mette a segno un altro record salendo e scendendo dalla vetta del Monte Emilius (quota 3.559 metri, anche questo record è ancora imbattuto, ndr), partendo sempre dal Pont Suaz, in 4h42’37”, c’è lo zampino della Fila e di Giacometti. “Certo, non avevo firmato nessun contratto – spiega Mammoliti – ma di fatto correvo per loro”.
A quel punto, però, Mammoliti abbandona le gare. “Ho aperto un’attività in proprio e quindi non potevo permettermi di farmi del male”. E qui inizia l’era di Bruno Brunod, con il quale Mammoliti correva da giovane, per l’Atletica Zerbion. “Abbiamo corso anche una staffetta insieme – continua Mammoliti – ma io non avevo grande spirito agonistico e così non partecipai a tante gare, come faceva lui”. Alle poche in cui prese il via, in ogni caso, si fece notare. “Ho vinto i campionati valdostani in pista sui 10mila metri, alcune gare del circuito Martze a pià (quella di Pollein e la cronoscalata Aosta-Peroulaz nel 1992) e alcune competizioni fuori Valle”. Poi, dopo le imprese in quota, il “ritiro”.
Lo skyrunner dimenticato
Nel libro di Brunod, però, non c’è traccia di Mammoliti. Ampio spazio, invece, viene dato a Bertoglio e a Giacometti. Neanche in rete si trova molto di più, se non qualche riferimento a risultati recenti di martze a pià, e articoli dell’epoca pubblicati da La Stampa. Ma com’è possibile? Il diretto interessato ha una teoria. “Il grosso problema era il mio cognome, e con esso le mie origini calabresi, anche se poi io sono nato in Valle d’Aosta – spiega Mammoliti – perché ovviamente era inconcepibile che un calabrese andasse così forte in montagna, a volte anche più dei valdostani”. Cioè? “Quando c’è stato da scegliere un volto, un ambasciatore dello skyrunning nel mondo, la Fila e Giacometti, hanno scelto un valdostano doc (Brunod, ndr) – continua – e nessuno mi ha più cercato”.
Oltre a Brunod e Mammoliti, però, c’era anche un altro atleta che in quel periodo faceva parlare di sé. “Un altro valdostano, Ettore Champrétavy, era fortissimo – ammette Mammoliti – aveva battuto il record di Bertoglio sul Gran Paradiso, e diverse gare con grandi risultati (la vittoria nel km verticale di Cervinia e un piazzamento nella Skyrace sul Monte Bianco). Anche lui, oggi, viene ricordato raramente e non credo sia giusto. Si parla solo e sempre di Brunod, ma d’altronde il prescelto fu lui e così nacque il mito”.
Bruno Brunod, il mito
Già, il mito. Dopo il record sul Cervino nel 1995 (battuto da Kilian Jornet Burgada nel 2013), Brunod vince due volte il Campionato del mondo di Skyrunning nel 1996 e nel 1998, fa segnare i record di salita e discesa del Monte Rosa da Gressoney, del Aconcagua (battuto da Burgada nel 2014), di salita del Kilimanjaro lungo la via Marangu (anche questo superato poi da Burgada nel 2010) di salita del Monte Elbert, oltre ad aggiudicarsi tre edizioni della Becca di Nona skyrace (2002 – 2003 – 2004).
Insomma, tutto fa pensare a una rivalità mai sopita. Lo “skyrunner dimenticato”, però, assicura che non è spinto da invidia. “Sia chiaro, non ho nulla contro Brunod – spiega Mammoliti – anzi lo reputo una brava persona ed è stato un grandissimo atleta, ma a mio avviso ce ne sono stati di più forti, anche a livello locale, ma forse lui è stato quello che in qualche modo è riuscito a ‘vendersi’ meglio. Non ho letto il suo libro e non gli parlo da anni, perché non l’ho più visto. Mi pare ovvio, però, che non sia lui l’inventore dello skyrunning: Valerio Bertoglio prima, e poi io, facevamo le stesse cose con un paio d’anni di anticipo”.
Oggi Mammoliti non corre più, o comunque non a quei livelli. “Esiste un tempo per tutto e il mio tempo per questo tipo di corse è passato: forse sarebbe ora che anche qualcun altro se ne rendesse conto”. Se il destinatario di questo messaggio è Brunod, di sicuro non andrà a buon fine: il “mito” sarà al via del 4K Alpine Endurance Trail tra poco meno di un mese. Un anello 350 km di sviluppo e 25.000 m di dislivello positivo sulle sue, anzi le loro, montagne. Peccato non poter vederli gareggiare, Brunod e Mammoliti, come una volta, l’uno contro l’altro.