A Francesca Canepa riesce il Grande Slam della Hong Kong 100 Ultra Marathon
L’impresa era – come al solito – di quelle abbastanza folli: concludere il Grande Slam della Hong Kong 100 Ultra Marathon, una delle gare asiatiche più importanti. Che, tradotto in termini pratici, voleva dire arrivare in Asia il martedì sera dopo una dozzina di ore di volo e 7 di fuso orario, partecipare a conferenze stampa ed eventi il mercoledì, correre 33 km con 1400 metri di dislivello il giovedì, correrne 56 con più di 2000 m D+ il venerdì, e poi farne altri 103 con 5300 metri di dislivello il sabato. E – come al solito – Francesca Canepa è riuscita a portarla a termine, nonostante – come al solito – mille difficoltà.
L’infortunio è ormai alle spalle, ma a pesare tanto sui piani fin dall’inizio sono stati caldo e umidità non preventivati. “Sono state delle giornate davvero complicate, non ho mai sudato così tanto”, racconta la forte ultratrailer. “Gli stessi organizzatori mi hanno detto che hanno avuto il 37% di ritiri, mai successo. Avevo vinto la 100 km nel 2014 ma non mi ricordo condizioni del genere. Non mi ero portata gli elettroliti, non ci avevo neanche pensato. Quando mancavano 8 km della prima gara ho dovuto camminare, mi sono anche fermata a sedermi in cima a dei gradini perché avevo dei mancamenti e crampi in ogni parte del corpo, anche al diaframma”.
Canepa riesce, nonostante tutto, ad arrivare al traguardo della The Third in 4h43’19”, in 21° posizione della classifica femminile, ma la sua idea è di non fare la 56 km il giorno dopo per concentrarsi sulla 100 km. “I medici mi hanno reidratata sul posto e mi hanno dato dei prodotti per riprendermi. Mi sono sentita meglio, come nuova, e ho deciso di correre”.
La The Half va meglio, Francesca Canepa arriva 16ª in 07h47’15” e risale fino alla nona posizione della classifica del Grand Slam. “Nella 100 km sono partita pianissimo e ho trovato tappo, pensavo di non andare avanti perché comunque le prime due gare avevano pesato molto. In realtà ho poi visto che i miei tempi erano migliori di quelle dei due giorni precedenti. Non avevo grandi speranze di classifica, al massimo sarei potuta arrivare quinta, ma ho pensato a farmi la mia gara. Al 70° km mi hanno passata in tre, non avevo riferimenti ma ho poi capito che ero prima di quelle che fanno il Grand Slam”. La valdostana ha concluso quindi al sesto posto il Grand Slam, con il tempo totale di 29h49’34”, unica europea al traguardo di tutte e tre le gare, ad appena 6 minuti dalla quinta.
Ma a contare per lei, più del risultato, è stata la capacità di ripresa e gestione: “Sono contenta di stare così bene, ero sorpresa io stessa. Fisicamente non ho avuto problemi, a parte il caldo, che poi sono un po’ riuscita a gestire. Ero da sola, senza assistenza, e mi sono resa conto di quanto questo sia difficile. C’era un punto di ristoro all’incirca ogni ora e mezza, ma il problema è arrivare da uno all’altro: con il caldo che c’era mettersi un panino nello zaino era impossibile, e l’intestino in quelle condizioni rigetta i gel. Ho dovuto gestire il ritmo al meglio, e ci sono riuscita perché so ascoltare bene il mio corpo. Essendo da sola, ad ogni ristoro dovevo cercarmi io la sacca, mangiare quello che c’era lì (riso, zuppe di miso) e sedermi, quindi ho perso molto tempo a livello di classifica”.
Poi una considerazione più generale: “Dopo l’intervento è stato il trail più difficile: molto tecnico, con scalini sia a scendere che a salire, e pezzi scorrevoli in cui mi sembrava di volare. Gli iscritti erano tantissimi ed il livello davvero alto, Nuria Picas, già campionessa del mondo e vincitrice dell’UTMB nel 2017, è arrivata terza nella 50 km ed era stupita anche lei di quanto gli asiatici fossero diventati forti. Stanno crescendo in maniera impressionante, sono concentrati, non mollano, e non mi stupirebbe se qualcuno di loro diventi presto uno degli atleti più forti a livello mondiale”.