Fabrizia Girri, Adele Oliva e la “quadratura del cerchio”: all’IPAAT di Nottingham è trionfo
“Nessun uccello vola appena nato, ma arriva il momento in cui il richiamo dell’aria è più forte della paura di cadere e allora la vita gli insegna a spiegare le ali.”
Basterebbero forse queste parole del grande scrittore Luis Sepúlveda a raccontare, in poche righe, tanti sogni che accompagnano l’essere umano da secoli: il desiderio di volare, il superamento degli ostacoli, le lezioni che la vita insegna. O quelle, forse ancora più importanti, che impari da solo, sulla tua pelle.
Succede così che se si domanda a Fabrizia Girri e ad Adele Oliva come avrebbero reagito, cinque anni fa, nel vedersi vincitrici dell’IPAAT, l’International Pole and Aerial Tournament, a Nottingham, in Inghilterra, lo scorso 20 gennaio, rispondo che non ci avrebbero semplicemente creduto. Non avrebbero forse mai detto – si scusi il paradosso – che sarebbero state “due lati dello stesso cerchio”.
Sì perché solamente cinque anni fa Fabrizia ed Adele si avvicinavano – grazie al corso tenuto in Cittadella dei Giovani da Arcangela Redoglia – ai cosiddetti “Tessuti Aerei”, abbandonati in fretta quando hanno scoperto, tre anni fa, uno degli attrezzi più impegnativi della acrobatica aerea: il cerchio.
Cerchio che si apre – come esperienza – ma che si chiude su, e con, Fabrizia e Adele ed il loro rapporto: “Funzioniamo molto bene – spiega Adele – e lo facciamo senza doverci pensare su troppo. Se ci penso, essere appesa alle sue mani, significa doverti fidare, problema che non mi sono mai posta. Non è stata una cosa costruita, noi due abbiamo una ‘visione sincronizzata’”.
Concetto sul quale insistono, fulcro del loro lavoro: “Ci siamo inventate – racconta invece Fabrizia – e la nostra caratteristica è la forza fisica. C’è tanta complicità tra noi due, ma abbiamo anche fisicità molto diverse che ci permettono di studiare figure che altri non propongono, più originali”. Un pregio, che le due ragazze però ridimensionano subito: “Sappiamo quali sono i nostri punti di forza – dicono quasi in coro – ma sappiamo anche bene quali sono le nostre debolezze”.
A Nottingham, Fabrizia e Adele arrivano grazie al web: “Essendo autodidatte nel cerchio doppio – spiega Adele – il nostro maestro è stato internet. Abbiamo scoperto questa competizione un paio di anni fa e ci siamo dette ‘magari tra qualche anno ci andiamo pure noi’. E ci siamo andate”. Già. E vincendo.
Dietro però c’è il duro lavoro, la cura dei dettagli, a partire da un elenco di figure da eseguire, dalla scelta della musica, la fabbricazione dei costumi, tutto, rigorosamente da sole. E, naturalmente, tre mesi di allenamenti fitti, intensi, provando e riprovando l’esercizio per affinare una sincronia già naturale, quasi empatica, tra le ragazze.
In terra inglese, dopo la selezione via video, la gara, tra altri cinque pretendenti al titolo. Com’è andata lo spiegano loro, in poche parole: “È stata la migliore esibizione che abbiamo mai fatto” racconta Adele. Ma per pensare alla vittoria c’è voluto altro: “Abbiamo realizzato sul palco, quando hanno proclamato al terzo posto una coppia che davo come vincitrice – spiega invece Fabrizia –, la possibilità di salire sul podio”.
Una sorpresa, fino ad un certo punto: “Da un lato un po’ ce lo aspettavamo – prosegue Adele – perché abbiamo portato un esercizio con figure mai viste, di grande originalità. Dall’altra era difficile immaginarlo visto che non conosci gli altri partecipanti, e scopri che c’è gente del Cirque du Soleil o che fa ginnastica e danza sin da quando è piccola”.
Ginnastica e danza che non fanno parte del mondo di Fabrizia e Adele, ma che nel “Doubles Hoop” hanno trovato un mondo fatto sì di fatica, di sudore, di lividi, ma un mondo – semplicemente – loro: “Noi due siamo un caso un po’ anomalo – racconta Fabrizia – È perché per noi è tutto divertimento, ed è il motivo per il quale andiamo d’accordo”. “Per me l’acrobatica è davvero ‘il mio momento’ – le fa eco Adele – e se non mi diverto non ha senso farlo, smetterei”.
La domanda finale, scontata, è quella sul loro futuro, sui loro obiettivi. La risposta, come sempre, non è affatto scontata: “Non ne abbiamo – spiega Adele – andiamo ‘a braccio’, finché ci piace e ci divertiamo”.
Perché è il momento, il fulcro da vivere appieno. E Fabrizia e Adele lo sanno, mentre si cercano, senza guardarsi, appese al cerchio. O forse, pensando all’attrezzo che hanno scelto, – ed è ancora la letteratura a venirci in soccorso – aveva semplicemente ragione Anaïs Nin: “La vita è un cerchio che si allarga fino a raggiungere i movimenti circolari dell’infinito”.