Manaslu: Camandona, Cazzanelli e Favre sono arrivati in vetta
“Missione compiuta” per la cordata italo-svizzera impegnata nella salita al Manaslu, cima della catena dell’Himalaya. Nella giornata di ieri, giovedì 26 novembre, Marco Camandona, François Cazzanelli, Emrik Favre (nomi dell’alpinismo valdostano senza bisogno di presentazioni), Francesco Ratti e Andreas Steindl sono arrivati, senza l’ausilio di ossigeno aggiuntivo, agli 8.163 metri della vetta, che fanno della montagna nepalese l’ottava più alta del mondo.
Per Camandona è un successo raggiunto a 23 anni dalla sua prima spedizione ed è il suo nono “ottomila” senza bombole. Per Cazzanelli, una salita in velocità: dal campo base alla vetta (e ritorno), per un totale di 44 chilometri e 3.280 metri di dislivello in salita e discesa, in 17 ore e 43 minuti (migliorando di ben 3 ore e 31 il record del 2014 del polacco Andrzej Leszek Bargiel). Per Favre (così come per l’elvetico Steindl e per il lombardo Ratti) si è trattato, in assoluto, della prima esperienza su un “ottomila” in stile alpino.
Accantonata la possibilità di ripetere la via Hajzer Kukuczka del 1986 sul versante nord-est (ad oggi mai rifatta), gli alpinisti avevano preferito la via classica. Erano partiti in gruppi diversi: per primi si erano mossi Ratti, Favre e Camandona, poi raggiunti sopra il campo 4 (a 7.400 metri), dopo essersi riposati qualche ora, da Cazzanelli e Steindl. Da lì, nell’attacco al tratto sommitale, sono andati ognuno con il proprio passo. Le guide di Cervinia e di Arvier hanno alzato le braccia in vetta alle 6.15 (ora italiana), mentre due ore dopo hanno raggiunto quota 8.163 anche Favre, Ratti e Steindl.
Della sua prestazione “speed”, suddivisa in 13 ore per salire e 4 ore e 43 nella discesa, Cazzanelli dice di esere “molto felice, perché ancora una volta i sacrifici e l’allenamento mi ripagano con un’ottima performance“. Da sottolineare anche l’ottima ascensione di Andreas Steindl, in stile “one push” dal campo base, cioè vetta e ritorno, in 21 ore e 30 minuti. La spedizione della cordata italo-svizzera, comunque, non è finita. I cinque alpinisti sono infatti in procinto di spostarsi, per una vetta che rappresenta una sfida assoluta.
Parliamo del Pangpoche (6.620 metri, sempre nell’Himalaya del Nepal), che la cordata intende affrontare in stile alpino (del materiale è già stato lasciato a quota 5.100 metri), utilizzando come campo base il villaggio di Samagoan, che si trova a quota 3.800 metri. La cima rappresenta un obiettivo ambizioso, perché ad oggi risulta inviolata. Nei prossimi giorni si saprà se al successo del Manaslu ne seguirà un altro, destinato ad aggiungere una pagina nuova ai “factbook” dell’alpinismo internazionale.