“Nothing is impossibile”: l’uragano Nims si abbatte su Courmayeur
Per i sostenitori più fedeli è una leggenda vivente, per i detrattori più scettici una sorta di “parvenu” dell’alpinismo. Non si può di certo dire che la figura di Nirmal “Nimsdai” Purja, la star delle 14 vette più alte del mondo conquistate a tempo di record, susciti indifferenza. Anzi. Sabato sera più di 500 persone sono accorse al Courmayeur Sport Center per vederlo, ascoltarlo, stringergli la mano, farsi un selfie con lui e abbracciarlo. Altri per capire cosa ci sia dietro il fenomeno nepalese che da alcuni anni sta facendo discutere, e non poco, il mondo della montagna. E l’uragano Nims non ha deluso le aspettative, abbattendosi con forza ai piedi del Monte Bianco con il suo bagaglio carico di racconti e aneddoti (a volte al confine del limite tra mito e realtà), e perché no, alla fine anche un po’ di sana autopromozione.
A tu per tu con Nims
Andiamo con ordine: l’organizzazione dell’evento ci offre la possibilità d’intervistare Nimsdai (letteralmente “fratello Nims“) nel pomeriggio. Quando arriviamo è impegnato a provare il suo intervento, in maniera attenta e meticolosa, rifinendo gli ultimi dettagli della presentazione serale. Quando si allontana dalla zona della regia per venirci incontro ha il viso tirato ed il passo sicuro da ex militare. Ci accoglie comunque con un sorriso e una stretta di mano poderosa. Abbiamo diritto a 10 minuti con lui e non vogliamo sprecarli: gli chiediamo subito dell’ultima volta in cui è stato in Valle d’Aosta, per rompere il ghiaccio, e poi spaziamo dalle polemiche sullo “speed climbing” fino al ruolo degli sherpa oggi in Nepal, passando per il cambiamento climatico e il progetto “Big Mountain Clean Up”.
A fine intervista ci saluta e ci esorta a tornare in serata più tardi, per il suo intervento. La sala si riempie in fretta, le (poche) copie in vendita del suo libro vanno a ruba in una manciata di minuti, le luci si spengono e sul maxischermo parte un video introduttivo, a tutto volume. La clip però si pianta e Nims, infastidito, prende il microfono e assicura: “Facciamo le cose per bene, ripartiamo dall’inizio”. Buona la seconda, ma il siparietto con i tecnici si ripete più volte, mettendo a durissima prova la pazienza (e il perfezionismo) dell’ospite. La prima slide della lunga presentazione è una vecchia foto di famiglia, risalente alla metà degli anni 80.
La carriera militare e l’avvicinamento all’alpinismo
“Eravamo davvero poveri – spiega – per mangiare della carne bisognava aspettare Natale, per non parlare di vestiti o altro: non avevamo neanche delle infradito da metterci ai piedi”. Nimsdai segue le orme dei suoi fratelli più grandi e decide d’intraprendere la carriera militare. Inizia ad allenarsi duramente per entrare nei Gurkha, unità scelta della British Army i cui soldati vengono arruolati tra la popolazione Gurkha del Nepal e dell’India settentrionale.
“C’erano 32mila domande di ammissione per 320 posti disponibili”, spiega ancora Nims. “Mentre studiavo mi alzavo la mattina prestissimo, mi facevo 30km di corsa prima che gli altri si svegliassero, per allenarmi. Ci sono migliaia di motivi per non fare qualcosa, ma quando hai la volontà poi trovi anche il modo per farla”. Entrato a far parte dei Gurkha, nel 2003, per prima cosa invia un po’ di soldi alla madre.
La prima grande impresa della sua vita, però, arriva sei anni più tardi, quando viene selezionato per il corpo speciale britannico Royal Navy’s Special Boat Service (SBS): è il primo nepalese a riuscirci. “I miei amici mi prendevano in giro e mi dicevano che nessuno ce l’aveva mai fatta e che anche io non avrei fatto eccezione. Mi svegliavo all’una di notte e partivo con uno zaino da 20kg, facevo attività in palestra, tornano e andavo a lavorare. Poi dopo il lavoro, altri 20km a piedi, 60km in bici e poi 100 vasche a stile libero. Per 6 mesi, 6 giorni a settimana, senza lamentarmi”. L’unità in cui entra è specializzata in raid segreti sotto copertura. Insieme al SAS, l’SBS è considerata l’unità più d’élite dell’esercito britannico.
La storia, però, ha in serbo ben altro per lui. “Non avevo mai pensato di diventare un alpinista, né di scalare l’Everest, non l’avevamo mai neanche visto”, spiega ancora divertito. “Eppure tutti i colleghi mi chiedevano del Nepal, del mio paese e delle mie montagne”.
Tornato a casa durante un periodo di vacanza, nel 2012, la curiosità fa il resto: un’escursione al Campo Base dell’Everest accende immediatamente la sua passione e la sua ambizione per la montagna. Nel frattempo, con la sua unità porta a termine molte missioni e operazioni che lo portano a ricoprire il ruolo di esperto in materia di guerra in condizioni di freddo estremo all’interno della cellula di montagna dell’SBS. È in questo capitolo militare della sua vita che sviluppa le capacità di valutare rapidamente le situazioni e di agire per garantire il benessere degli altri e il raggiungimento dell’obiettivo finale. Un bagaglio di competenze inestimabile che trasferisce direttamente alla sua carriera di scalatore che intraprende a tempo pieno nel 2019, quando prende la decisione che gli cambierà definitivamente la vita: lascia l’esercito per la montagna, con un’idea folle nella testa.
Le 14 vette
Per assurdo, durante la serata, la parte riguardante l’impresa che l’ha reso così famoso è ridotta davvero all’osso: “Se siete qui avete senz’altro visto il film (su Netflix) e se non lo avete fatto, avete letto il libro (“Oltre il possibile“, Editore Solferino), quindi è inutile soffermarmi troppo su ciò che sapete già”, spiega Nims, tagliando corto.“Scalare le quattordici vette nella Zona della Morte in soli 6 mesi era impensabile: il precedente record era di 7 anni e nessuno credeva che ce l’avrei fatta, tutti mi davano del folle: famiglia, amici, colleghi e sponsor. Così ho spiegato loro che se avessi fallito, solo poche persone ne avrebbero sofferto. Se invece il progetto fosse riuscito, l’alpinismo sarebbe cambiato per sempre e con esso il ruolo e la figura dello sherpa”. Questo è senz’altro uno dei punti chiave del suo pensiero e della sua forza comunicativa, improntata al pensiero positivo e tesa costantemente al cambiamento profondo per la sua comunità di provenienza e appartenenza. “Gli sherpa sono i migliori alpinisti al mondo, bisognava solo dimostrarlo“.
K2 Winter, l’impresa della consacrazione
Per farlo, la conquista del “record di velocità” sugli ottomila sembra però non bastare. La fama, le critiche e le invidie dividono il team e Nims deve ricostruire da zero un gruppo per la sua nuova impresa, quella della definitiva consacrazione: scalare il K2 in inverno. “Le critiche fanno parte della vita e dobbiamo accettarle, bisogna trasformare in positivo il negativo”. La sua idea era di condividere la vetta e la fama con la sua nuova squadra, portando su tutti e dieci gli scalatori. Il 16 gennaio 2021 la notizia fa il giro del mondo. “E’ stata una gioia incredibile arrivare in vetta cantando insieme l’inno nepalese”.
La Fondazione, la compagnia delle guide e il nuovo brand
La traduzione non simultanea allunga smisuratamente i tempi e Nims vuole arrivare presto a ciò che forse, oggi, ritiene essere più importante. Con alcune slides presenta prima le attività della sua compagnia di guida, la Elite Expeditions, che si occupa ancora oggi di scalate per clienti facoltosi, e poi la sua fondazione – la Nimsdai Foundation – con la quale raccoglie soldi per aiutare concretamente la sua popolazione e più in generale per portare avanti azioni di sensibilizzazione e contrasto rispetto ai grandi cambiamenti climatici in atto, sostenendo iniziative educative, tecnologiche e di sviluppo. “Il successo non è una coincidenza, niente è impossibile”, ribadisce ancora Nims. “Ora la mia nuova sfida è di restituire qualcosa alle persone, aiutare le persone. Come? Il 5% di tutto ciò che incasso va alla Fondazione per aiutare la gente”. Già, perché ormai Nimsdai non è più soltanto il primo alpinista superstar nell’era dei social media, o il punto di riferimento di un’intera popolazione: Nimsdai è un marchio, un brand che macina soldi con l’uscita di film e libri, l’organizzazione di serate, e ora anche grazie alle vendite della nuova linea di abbigliamento. Per presentarla salgono sul palco i compagni sherpa di Nims, Mingma David e Mingma Tenzi, silenziosi e spaesati, mentre sullo schermo appare un QR code che da diritto ad uno sconto sul prossimo acquisto per il pubblico presente in sala. Tra i tanti prodotti, nello store compaiono ovviamente anche i caschi, i ramponi, le piccozze e i moschettoni della serie Nimsdai X Grivel, frutto della collaborazione accesa ormai da un paio di anni con l’azienda valdostana. Qualcuno nel pubblico rumoreggia: è chiaro che dopo due ore la serata sta volgendo al termine e il marketing, alla fine, interessa poco. Arriva il momento dei saluti ma c’è ancora lo spazio per il firma copie e il selfie di rito con tutti. Un’impresa, per Nims, senz’altro meno ardua di quelle portate a termine negli ultimi anni.