Scalare l’Everest nel giardino di casa: la pazza idea di Matteo Stella

20 Aprile 2020

I più fortunati corrono sul tapis roulant, gli altri appassionati dello sport in tutte le sue forme stanno tirando fuori tutta la loro inventiva e non hanno paura della metamorfosi che stanno subendo: non in scarafaggi, come nel romanzo di Kafka, ma in criceti. Maratone sul balcone, scalini di casa usati per fare dislivello quasi fossero le condotte, ed ora l’impresa di scalare l’Everest.

Non sull’Himalaya, ma nel giardino di casa. L’idea, portata a termine in tre giorni, è venuta a Matteo Stella, trentenne romano che da tre anni lavora a Courmayeur. “È nato tutto per scherzo, mai prendersi troppo sul serio”, racconta Matteo. “Seguo su Instagram un runner australiano, Rory Southworth, che aveva lanciato la sfida di raggiungere il campo base dell’Everest a 5364 metri in cinque giorni stando a casa. Nel giardino di casa c’è una piccola salita, 30-40 metri di dislivello in 110 metri, così ho iniziato a correre lì su e giù come un criceto”. Come testimoniato da Garmin Connect, in tre sessioni – una da 3h15’ (14 km e 1810m D+), una da 1h29’ (6,3 km e 802m D+) ed una da 1h30’ (6,3 km, 793 m D+) – il 13 aprile in un solo giorno Matteo Stella copre i due terzi della sfida lanciata da Southworth. “Mi sono detto: Quasi quasi arrivo in cima, a questo punto. E così ho fatto. È stato anche un po’ per bilanciare la mancata partenza per una spedizione alpinistica in Perù che avrei dovuto fare in questi giorni”.

Matteo ha portato avanti l’impresa al mattino presto o di sera, impegnato com’è come Volontario del Soccorso di Courmayeur: altre tre sessioni il 15 aprile, per un totale di ulteriori 2800 metri di dislivello, ed una doppia sessione il 17 aprile per gli ultimi 2600 metri. “Non ho fatto nessun exploit, ero solo curioso di provarci. Mi piace lo sport, ma quelli forti sono altri. Quest’anno sono stato sorteggiato per fare il Tor des Géants: lo farei da non competitivo, ovviamente, ma allenarsi per una gara del genere con il lockdown è impossibile”.

Da qui nasce una riflessione su sport e quarantena: “Lavorando come volontario sono a stretto contatto con una situazione che vede ammalarsi o morire tante persone, e sono d’accordo che si debba cercare di evitare i contatti e che alcune attività rischiose vadano proibite. Credo, però, che si stia cercando di risolvere un problema complesso con soluzioni semplicistiche. Abbiamo la fortuna di abitare in un posto con una bassissima densità abitativa, se frequentassimo boschi o sentieri le possibilità di creare assembramenti sono molto basse. Anzi, sarebbero più alte se ci riversassimo tutti insieme nei famosi “200 metri da casa”. Si sta creando un popolo che guarda, che odia: i runners sono il capro espiatorio, lo strumento di contagio. Oltre che da un punto di vista economico, credo che risentiremo pesantemente di questa situazione anche da un punto di vista sociale”.

Matteo Stella

 

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