Ma perché parliamo così tanto ai nostri figli?

18 Agosto 2020

“Parole, parole, parole…”, cantava la meravigliosa canzone di Mina. Credo potremmo usarla come parodia per noi genitori italiani, che siamo diventati iper-dialogici con i nostri figli, spendendo una marea di parole quando ne basterebbero molte meno. Per poi dimenticarci, invece, di ascoltare le parole dei figli, quando servirebbe. Ma questo è un altro discorso, che magari approfondirò più avanti.

Tornando alla nostra mania, tutta italiana, di parlare, parlare, spiegare trecento volte una regola ad un figlio, fargli una filippica eterna quando lo rimproveriamo, dissertare sui massimi sistemi educativi anche quando il figlio ha smesso da tempo di ascoltarci ma no, noi glielo dobbiamo spiegare bene fino in fondo perché sta sbagliando, beh potremmo davvero farci uno studio. E’ una cosa tipica della nostra generazione, perché se pensate alla vostra infanzia, non vi capitava, vero? I nostri genitori trafficavano in casa, lavoravano, ci consideravano poco, ci parlavano poco, erano poco figlio-centrici. Noi, forse figli di quel modello educativo (che non rimpiango eh…), però ora, ammettiamolo, a volte lo siamo persino troppo!

Io, nel mio piccolo, osservo da anni le famiglie straniere, in particolare le cosiddette “famiglie nordiche” (nel calderone ci metto dai tedeschi, agli olandesi, ai norvegesi, ai danesi ed anche, un pochino, i francesi e gli inglesi, con qualche eccezione…), sicuramente più sobrie di noi nelle parole e nelle attenzioni ai figli; cerco di capire le differenze del loro modello relazionale ed educativo rispetto al nostro, applicato soprattutto con i bambini piccoli, che fa sì che loro riescano anche a gestire, con invidiabile serenità e padronanza, anche tre bambini piccolissimi in un campeggio, mentre noi fatichiamo a gestirne uno solo in un resort All-inclusive, magari pure col baby parking! Dopo anni di osservazione e di appunti, ho provato a delineare qui, nel mio blog alcune riflessioni su questo efficace modello di “pedagogia nordica”.
Forse la mia è solo profonda invidia, comunque provo da ben 18 anni a imitarli!

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