Millennials e generazione Z: “Ci salveranno dalle nostre paure”
Chiariamoci subito: oggi userò spesso la formula NOI per praticità narrativa, perché voglio parlarvi della mia generazione di adulti confrontandola con gli adolescenti di oggi, spesso criticati da una certa parte del mondo adulto; sappiate che io, in quella “certa parte di mondo adulto”, non mi riconosco affatto. Anzi, da quella “certa parte” di adulti mi dissocio, vuoi perché con i ragazzi ci lavoro e ho il privilegio di conoscerli, vuoi perché ne ho pure due in casa, il che aiuta. E so che ci sono molti adulti, genitori, insegnanti, educatori che la pensano come me. Che vedono nei ragazzi adolescenti e nei giovani di oggi un grande potenziale.
Ne ha parlato egregiamente il giornalista Emilio Mola, in un incipit di un suo post “C’è lo sguardo fiero di Simone. Il sorriso di Manuel. Il coraggio di Adam e Rami. La forza di Greta. Le lezioni che questi ragazzi, ragazze, bambini, stanno dando in questo 2019 ai ‘grandi’ sono secchiate di acqua gelata su un mondo completamente anestetizzato dall’odio, dal rancore, dalla cattiveria”.
Questi ragazzi, noti alle cronache dell’ultimo mese, ci hanno fatto riflettere: Manuel Bortuzzo, che perde le gambe per un colpo di pistola preso accidentalmente e, invece di covare rabbia e desiderare vendetta, sorride e tira fuori un’incredibile resilienza. Greta, che ostinatamente sciopera per mesi davanti a scuola, per sensibilizzare il mondo sulla crisi ambientale, e in 9 mesi nasce il movimento FridaysForFuture (grazie al web e ai Social, quelli tanto bistrattati da “una certa parte” del mondo adulto). E poi Simone, negli ultimi giorni, un mito a cui fare una gigantografia in classe, come ha detto bene lo scrittore e professore Enrico Galiano.
Ma ci sono anche due ragazzi diciasettenni, Matteo Ibro e Antonio Falsetti, che hanno progettato un guanto con sensori che collegato ad una App permette di tradurre la lingua dei segni, usata dai sordomuti, e dar loro voce. Pazzesco no? Poi c’è Hand Solo, uno youtuber che ha 19 anni ed è senza un arto dalla nascita, e da quando ha 9 anni studia come costruire protesi funzionanti con i Lego, e oggi che studia bioingegneria ha realizzato quel sogno! E c’è Riccardo Camarda, anni 16: ha parlato di recente ad un TEDxYoung, da adolescente parla di adolescenza e presenta la sua formula della felicità. E Bernard Dika, lo studente toscano che quando è in visita al campo di Auschwitz fa un discorso memorabile, per dire ‘Basta ad un Europa di muri e di fili spinati’. Lui, che di anni ne ha solo 20. Poi c’è Nicolò Govoni, già più maturo: lui è un Millennials di 27 anni, che da quando è giovanissimo lavora in Missioni Umanitarie, si occupa di bambini, ha fondato una scuola dentro il campo profughi di Samos e ha già scritto due libri.
Questi sono solo alcuni di LORO, noti alle cronache o che io ho intercettato sul web; ma ce ne sono tanti altri, ve lo garantisco! (Una nota per quelli che continuano a gettar discredito sugli adolescenti di oggi chiamandoli Millennials, ecco almeno documentatevi: quelli nati dopo il 2000 sono la generazione Z, quelli prima i Millennials. Tanto per iniziare a capire di cosa parliamo…)
Sapete cosa hanno di diverso da NOI questi ragazzi di oggi? Non hanno la nostra paura. Non sono rigidi mentalmente. Non hanno aspettative che li intrappolano, che li ingabbiano, e sono quindi più liberi. Certamente hanno anche avuto delle famiglie potenti alle loro spalle, perché in educazione nulla avviene per caso (quindi, tra di NOI, qualcuno che ancora fa bene il proprio lavoro di genitore c’è, ovvio!); se, infatti, educare i figli non è un’equazione semplice, per cui non è detto che fare una cosa ti dia immediatamente quel risultato atteso, è però vero che l’educazione è un’equazione complessa. Se compi tutta una serie di azioni pedagogicamente orientate, se offri i giusti stimoli appropriati all’età, se sei un buon modello, se cerchi di trasmettere certi valori, se dai le giuste regole e educhi alla responsabilità, i risultati poi si vedono. La fortuna non c’entra, che sia chiaro.
Certamente questi ragazzi hanno anche avuto degli insegnanti significativi, perché il loro è un ruolo fondamentale nel percorso di crescita di un ragazzo; lo testimoniano i professori di Simone, che si sono esposti in difesa del loro studente, che in questi giorni è stato (addirittura!) attaccato sul web per il suo gergo romanesco, probabilmente da quegli adulti ‘rosiconi’ che forse non hanno apprezzato che un ragazzino di soli 15 anni abbia “chiuso” (come direbbero i miei adolescenti adorati) con la sua comunicazione ferma e solida una stregua di adulti.
Sapete qual è il dramma della mia generazione? La perenne insoddisfazione. Siamo figli del boom economico, i nostri genitori si son comprati la casa col mutuo trentennale, hanno fatto lo stesso lavoro trentennale, avevano il tempo determinato, il posto fisso, la pensione. Davano e ricevevano; qualcuno ha pure messo su l’azienda familiare, con appena la terza media. NOI, invece, abbiamo studiato di più e guadagniamo di meno, noi che i soldi non bastano mai, noi che non avremo la pensione e non c’è più lavoro, noi che abbiamo vissuto il dramma delle torri gemelle e la crisi del 2008, noi che non abbiamo capito che quella non era una crisi transitoria ma di sistema, noi che abbiamo vissuto metà della nostra vita off line e metà on line, noi che abbiamo visto nascere il Web, Google e Facebook, invece di rendere tutto questo bagaglio una straordinaria esperienza, che facciamo? Rodiamo nell’invidia. L’invidia per la generazione dei nostri genitori (che almeno hanno raccolto i frutti del loro lavoro) e l’invidia per i nostri giovani, che hanno tutto facile, che non sanno cos’è la fatica (certo, se non gliela si fa provare!), che stanno sempre sullo smartphone, e così li chiamiamo ‘gli sdraiati’.
Forse, i veri sdraiati, siamo NOI; noi che, invece che sostenere i giovani quando scendono in piazza, cerchiamo il difetto in ogni cosa, noi che abbiamo smesso di sognare in grande e vorremmo che anche i giovani avessero la nostra stessa ansia per il futuro. NOI che diciamo loro “ma cercati un lavoro sicuro” e LORO che ci guardano e vanno un anno all’estero “per fare esperienza”.
LORO, che con una App e un algoritmo possono inventare mille cose; e molti lo faranno. E NOI, che stiamo ancora lì a bistrattare le nuove tecnologie, che tanto sono solo una perdita di tempo! E non capiamo che dovremmo diventare NOI il modello virtuoso di come si usa quel tempo al cellulare, che dovremmo interessarci al loro mondo, anche ai videogiochi, a Instagram, agli youtuber. Dovremmo capire, prima di criticare. Dovremmo conoscere, per aiutare i ragazzi di oggi a prendere il meglio dal web e dalla tecnologia, per insegnar loro ad usarli come un mezzo e non come fine, per non diventarne dipendenti, come invece può succederne (e come sta succedendo a molto adulti!)
Dovremmo, insomma, smetterla di camminare loro davanti, smetterla di far loro ombra, di tracciare per loro strade precostituite, ammazzando i loro sogni. Perché i ragazzi di oggi percorreranno strade a noi ignote, vivranno mondi per noi inimmaginabili, costruiranno un futuro migliore del nostro. Ne sono convinta. Ci converrebbe, quindi, cominciare a camminar LORO accanto. Ascoltandoli. Perché hanno tantissime cose da dire.