1973, l’annus horribilis Ferrari
Questo 2023, iniziato per la Ferrari gravido di speranze, si è avviato presto su un percorso anonimo, con la promessa, l’ennesima, di una riscossa nella stagione che verrà. Non sappiamo se ciò che stiamo per raccontare potrà produrre un effetto consolatorio, ma ci proviamo. Giusto cinquant’anni fa, era il 1973, il Mondiale delle Rosse andò pure peggio. Il 1972 non era stato eccezionale, ma si era comunque concluso con un bilancio di una vittoria (Jacky Ickx in Germania) e tre secondi posti (Spagna e Monaco per Ickx, Germania per Clay Regazzoni). Bene, il 1973 fu un assoluto incubo. Tre quarti posti, peraltro con la macchina del 1972, poi un sesto posto in Svezia e un quinto in Francia, con Ickx. L’altro pilota, Arturo Merzario, non finì mai a punti. Due premesse fattuali. Un grave problema di salute allontanò Enzo Ferrari dalla Scuderia e il geniale progettista Mauro Forghieri venne esautorato. La nuova vettura, denominata 312 B3 – 73 si rivelò ben al di sotto di una accettabile competitività. Ignoriamo se si trattò di cronaca o di leggenda – noi propendiamo per la prima – ma si narrò all’epoca che, dopo il deludente Gran Premio d’Italia, conclusosi con Ickx all’ottavo posto e con Merzario ritirato al secondo giro, i due piloti – peraltro non certo responsabili delle disfatte – si trovarono costretti a lasciare l’Autodromo Nazionale di Monza dalle porte secondarie, per evitare contatti con la tifoseria inviperita. I risultati furono talmente deludenti che Ferrari, guarito e nuovamente sulla tolda del comando, assunse due determinazioni. La prima, il ritorno di Forghieri, la seconda, drastica, di disertare i Gran Premi di Olanda e Germania. Forghieri modificò pesantemente la monoposto, e anche se gli interventi non sortirono immediatamente gli effetti sperati, si posero le basi per un 1974 che portò Clay Regazzoni e la Ferrari a sfiorare i titoli mondiali conduttori e costruttori. Il Genio ideò infatti una 312 B3 – 73 fortemente evoluta, anzi diremmo sconvolta, che prefigurava le forme della futura 312 B3 – 74. Già al primo colpo d’occhio, si potevano indovinare le soluzioni dell’erede, quali l’alettone anteriore fissato sopra il muso – a sostituire i precedenti “baffetti” laterali – le pance squadrate e la presa d’aria prospiciente l’abitacolo fessurata orizzontalmente. Proprio a Monza, il primo embrione di rinascita, con il settimo tempo ottenuto nelle prove di qualifica da Merzario, che, poi, come si diceva, fu costretto al ritiro. L’embrione non valse a placare la folla inferocita, anche perché la Ferrari si inventava sempre qualcosa di particolare per la gara di casa, normalmente un super motore. Ma la rinascita iniziò proprio lì. Una rinascita che, tornando alla stretta attualità, non ci stanchiamo di auspicare.