Moto, Kawasaki rilancia con la “W 800”

13 Novembre 2019

Pochi sanno che Kawasaki inizia la sua storia nel 1896, occupandosi di cantieri navali. L’attività si allarga ai treni e solo nel 1949 nasce il primo motore per le due ruote, che vedono il loro esordio nel 1962, con la “BB 125”.
Qual è il claim della Casa giapponese? Sportività, prestazioni, ricerca del limite. Tutte caratteristiche sublimate in innumerevoli vittorie su tutti i circuiti del mondo e in tutte le categorie. Eccezione, la serie W, che va in produzione fino al 2016 con la “Final Edition”. E oggi, Kawasaki rilancia con la “W 800”, che ha l’obbiettivo di recuperare il mito della “W1 650” del 1965. Questa moto nasceva sulle ceneri, ma sarebbe più corretto dire sul telaio, della Meguro “K1 500”, a sua volta un – quasi – clone della gloriosa BSA A7. Con la giubilazione della “Final Edition”, il fil rouge sembrava essersi interrotto per sempre. E, invece, con la “W 800”, Kawasaki non solo omaggia il passato degli anni sessanta del secolo scorso, ma fa tesoro delle innovazioni che hanno seguito l’avventura della serie W fino, appunto, alla “Final Edition”.

La “W 800” è il degno risultato di questo lungo percorso e mantiene l’impostazione tradizionale, con qualche indovinato ritocco, frutto di tanta cura. Perché la serie W rappresenta l’eccezione? Perché si conduce in souplesse, con il motore bicilindrico parallelo a quattro tempi di quarantotto cavalli erogati senza brutalità – comunque con una discreta coppia che si attesta a 62.9 Nm a 4800 giri/minuto. E con le sospensioni che significano comodità abbinata, tuttavia, a una certa piacevolezza di guida. In ogni caso, in allungo, i terminali a cono di bottiglia emettono un suono racing che riempie il cuore di chi ama un approccio più sportiveggiante. Quali le differenze rispetto ai modelli che abbiamo ricordato, cioè gli antesignani della “W 800”?

In primo luogo, il telaio a doppia culla con l’originalità della forcella telescopica con soffietti protettivi e con steli da 41 mm invece dei 39 mm, del freno anteriore monodisco da 320 mm con disco posteriore da 270 m, dell’ABS di serie, degli scarichi ossequiosi della normativa euro 4. Tocchi vintage: il silenziatore cromato – eccellente – il serbatoio opaco e la strumentazione analogica. Per tacere della ruota anteriore da 18 pollici in luogo dei 19 precedenti. Due le versioni: “Street” e “Cafe”. Versioni che si assomigliano parecchio, con la differenza che sulla “Street” si viaggia più comodi, in posizione più eretta grazie al manubrio alto: il colore è nero opaco accompagnato da un grigio grafite indovinato. La “Cafe” pretende una vocazione un po’ più sportiva, presentando un manubrio stretto e a corna di bue, la sella simil monoposto e una colorazione magnesio argento metallizzato con cerchi neri, un impatto estetico da urlo.

Prezzi da euro 9840 per la “Street” e da euro 10640 per la “Cafe”.

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