La scintilla della curiosità: così nascono i vini di Edoardo Braga
Cosa succede quando una semplice curiosità nata da giovanissimo passeggiando per le vigne si trasforma, dopo studi, investimenti e sacrifici, in un lavoro a tempo pieno? Che ci si ritrovi di fronte ad una persona appassionata e competente, che quella curiosità non l’ha mai abbandonata – anzi, la coltiva sempre più –, come Edoardo Braga, viticoltore e produttore di vini.
Una scintilla scattata presto, che lo ha portato ad intraprendere un percorso formativo e professionale nel settore fin da subito: prima gli studi all’Institut Agricole Régional, poi la laurea in Viticoltura ed enologia ad Alba, a cui si sono aggiunte diverse esperienze di stage in aziende vinicole della Valle d’Aosta e della Borgogna, fino ad arrivare, nel 2014, alla nascita della sua azienda. “Non sono un figlio d’arte”, sottolinea Braga, “ma nascendo e vivendo in Valle d’Aosta sono stato a contatto con questo mondo costantemente. Inizialmente avrei voluto fare l’enologo, ma la nostra regione è troppo piccola per una figura del genere a tempo pieno”.
Così, con una produzione iniziale di 3500 bottiglie, Braga è cresciuto ed ora produce 20.000 bottiglie in 2,5 ettari di terreni tra Jovençan, Nus e Saint-Christophe, con più di dieci etichette e la prospettiva di crescere ancora: “Il clima valdostano generalmente è molto favorevole, con poche piogge, poca umidità e molto vento”, spiega. “Ho sia vitigni autoctoni che internazionali e produco Torrette, Torrette Supérieur, Cornalin, Fumin, Pinot Noir, Gamay, Pinot Gris, Muscat de Chambave ed i due Incipit, bianco e rosso, che si chiamano così proprio perché sono quelli che hanno dato vita all’azienda”. Oltre a questi ce n’è uno molto particolare, lo Scaccomatto, un’edizione limitata a 600 bottiglie che deriva da una vecchia vigna ad alberello a Sénin, lasciato sovrammaturare sulla pianta e raccolto solo a novembre inoltrato: “Offre sensazioni simili a quelle di un passito ma non è dolce ed ha una gradazione di 15,5%. La vendemmia del 2016 era eccezionalmente abbondante ed ho deciso di provare. Si chiama così perché è uscito nel 2020, l’anno del Covid, e rappresenta una sorta di rivincita contro questo virus che ci ha messi tutti in ginocchio”.
Nel futuro c’è la Petite Arvine – ma ci vorranno almeno tre anni prima di vederne i prodotti – ed un appezzamento di Enfer d’Arvier (“mi ha sempre incuriosito capire come mai il Petit Rouge in quella zona dà risultati così diversi rispetto ad altri posti”), oltre ad un rosé. L’obiettivo è quello di crescere ed arrivare a 30.000 bottiglie, sempre puntando sulla qualità perché “è difficile emergere in un mondo, quello del vino, che tira ma in Valle d’Aosta è abbastanza saturo”.
Anche per questo motivo Edoardo Braga aderisce al disciplinare di lotta integrata, che riduce l’utilizzo delle molecole di sintesi più impattanti, ed ha come filosofia quella di ottenere uve sane e “accompagnare” il processo di vinificazione senza stravolgimenti, scegliendo poi l’affinamento in botti di legno o in acciaio (o entrambe) a seconda delle caratteristiche di ogni uva e del vino ricercato. A testimonianza del suo operato ci sono i tanti premi vinti, tra cui quello per il miglior giovane al Mondial des Vins Extrêmes nel 2020.
Tolte le difficoltà legate alle condizioni climatiche sempre più anomale, a sorprendere Braga è stata la parte commerciale dell’attività: “Ho iniziato in una delle annate meteorologicamente peggiori in Valle d’Aosta, poi mi sono soprattutto scontrato con il trovarmi di fronte a realtà importanti e già avviate, e non è facile emergere per un’azienda piccola e giovane come era la mia. Pensavo fosse più semplice, bisogna azzeccare tutte le mosse commerciali e queste cose a scuola e in università non le studi. Ho provato sia a vendere direttamente io che ad avere un rappresentante, ora ho un distributore ed ho anche aperto lo shop online”.
Altro aspetto da non sottovalutare è la frammentarietà dei terreni e la quasi impossibilità di meccanizzazione, elementi che rendono questo tipo di viticoltura davvero “eroica”, anche perché a parte qualche aiuto in primavera ed estate, Braga lavora da solo. Poi c’è la vendemmia: “È bella…un giorno. È abbastanza faticosa, ma per fortuna ci sono parenti ed amici che aiutano, e nel momento finale siamo tutti contenti, sia per l’aspetto conviviale che perché una volta raccolta l’uva non si dipende più dal tempo”.
Edoardo Braga racconta i suoi vini, la loro lavorazione, le caratteristiche ed i loro aspetti più tecnici, e si capisce che questo è il suo mondo. Sette anni di attività sono ancora pochi per fare un bilancio, ma un’idea se l’è fatta. Più o meno: “Se lo rifarei? È la classica domanda da un milione di dollari”, scherza. “È difficile ma lo sapevo, ero preparato: non è stata un’avventura improvvisata, dietro c’è stato un percorso. È quello che volevo fare e me lo aspettavo così. La soddisfazione personale è grande, partire da zero ed arrivare fino qui è molto”.