L’azienda agricola di Savino Vacquin: quando l’unione della famiglia fa la forza
In un territorio come la Valle d’Aosta, agricoltura e turismo devono viaggiare insieme: è dall’unione di questi due fattori che entrambi possono continuare ad essere un traino ed a sopravvivere. Ne è convinto Savino Vacquin che, con la sua azienda e la splendida posizione in cui si trova, ha uno sguardo ben consapevole su quello che gli sta attorno.
Ecco, quello che gli sta attorno: verde, tanto verde, sulle montagne della Val d’Ayas. “Passa dal Col di Joux”, mi consiglia, “c’è meno traffico e, soprattutto, hai una vista bellissima”. Nei giorni dei quasi 40° di Aosta, essere lì è come stare in vacanza. Con l’accoglienza “in famiglia” propria delle genti di montagna.
“Nelle aziende di famiglia bisogna essere molto uniti”
La famiglia “di sangue” di Savino è al completo: c’è la moglie Valentina, i figli Gilles di 17 anni e Henri di 20, ed il cane Whisky. Tutti danno il loro contributo: “Io e mia moglie veniamo da due famiglie di agricoltori, con pochi animali in piccole stalle dentro il paese”, racconta Savino. “Nel 1998 ci siamo sposati, nel 2000 abbiamo iniziato a costruire qui la stalla ed io ho lasciato il lavoro alle funivie, dove facevo il tecnico. Ora mantengo anche l’attività da elettricista, perché di solo lavoro agricolo non si vive, ci sono mutui e investimenti da ripagare. Valentina si occupa della parte contabile ed i figli, quando possono, danno una grande mano, anche se studiano”.
“Con i figli grandi è un’altra cosa”, gli fa eco Valentina. “Quest’inverno Savino si è rotto il piede, per fortuna c’era Henri, altrimenti da sola non ce l’avrei fatta. Quando erano piccoli era molto difficile: lo tsan, la scuola, lo sci. Non so come ce l’abbiamo fatta…eravamo giovani!”, scherza. “Il mondo cambia, noi forse non cambiamo abbastanza ma loro hanno un’altra prospettiva”. E non solo: i figli aiutano ad avere più coraggio, a migliorarsi, ad andare avanti e pensare anche al loro futuro. “Nelle aziende di famiglia bisogna essere molto uniti: quelli che lavorano da soli fanno molta fatica, soprattutto se vogliono iniziare da zero, perché gli investimenti sono altissimi e la redditività è bassa. E anche se assumi del personale, sei quasi sicuro che le cose non le facciano come l’hai sempre fatto tu”.
Non solo latte e formaggio, ma anche carne di ottima qualità
Savino Vacquin ha una quarantina di bovine ed una decina di capre: “Abbiamo riportato un po’ in vita, a Brusson, la bataille des chèvres, un momento bello per stare con gli amici, che organizziamo in concomitanza con la fiera del bestiame e la festa patronale. Ed è una cosa che piace anche ai giovani”. Le bovine producono il latte che viene portato nella Fromagerie, mentre la grande novità riguarda i vitelli: “Con il Progetto Eat Biodiversity dell’AREV abbiamo pensato di creare un laboratorio per la lavorazione della carne con una parte dei nostri vitelli da ingrasso. Se lavorata in un certo modo è una carne di ottima qualità: pensa che vengono addirittura clienti dal Piemonte, dove in genere se ne intendono molto. La nostra idea è di creare dei pacchi famiglia da 10-12 kg e venderli a turisti e gente del posto”, spiega Savino.
Un modo per valorizzare la carne valdostana e per far scoprire cosa c’è dentro e dietro un’azienda agricola. Poi, in futuro, può nascere un agriturismo o un punto vendita. “Chi viene da fuori apprezza: vedono che produciamo in maniera naturale, come una volta, e questo è piaciuto”.
L’agricoltura nutre il turismo, e viceversa
E qui il discorso si ricongiunge a quello turistico. “Il nostro è un settore ancora vivo, qui a Brusson siamo pochi ma ci sono molte aziende agricole, il territorio ce lo permette. Però dobbiamo vendere anche fuori, altrimenti non potremmo sopravvivere. Per noi il turismo è essenziale. Io e mio marito affittiamo degli appartamenti per le vacanze, quindi abbiamo un rapporto privilegiato coi turisti e siamo attenti alle loro esigenze”, è l’opinione di Valentina.
“Di certo dobbiamo muoverci e svegliarci noi agricoltori, non possiamo restare fermi ad aspettare. Dobbiamo imparare a reinventarci”, ribatte Savino. “Se non ci fosse il nostro mondo, il territorio rimarrebbe trascurato. Alcune persone di Pavia mi raccontavano che, da loro, molte stalle sono state abbandonate e, di conseguenza, anche il territorio: succedesse da noi sarebbe un grosso problema, non ce lo potremmo permettere. L’agricoltura mantiene il territorio curato, e questo ha ripercussioni positive sul turismo. Certo è che dietro c’è tutto un lavoro che deve venire valorizzato e fatto conoscere”.
Un modo per farsi conoscere sono le visite in azienda, ma anche qui la questione burocratica supera di gran lunga la comodità. “C’è un bambino che, tutte le sere alle sei, viene ad aspettare le mucche che tornano dal pascolo. L’altro giorno ha portato a mia moglie un mazzo di fiori: ecco, anche se non riusciamo più a fare la fattoria didattica, ci basta il sorriso di un bambino”.