Yves Perraillon e Lo Copafen: un’azienda agricola che per crescere ha puntato sul web
Cosa succede quando, nel mondo dell’agricoltura, le vecchie generazioni incontrano le nuove? Basta andare nella frazione Septumian di Chambave dopo essersi fatti un giro sul sito www.locopafen.it per scoprire come la storia di Yves Perraillon e di Lo Copafen rappresentino una piccola realtà di come tradizione e nuove tecnologie possano convivere.
La storia dell’azienda agricola dei Perraillon nasce molti anni fa, col nonno prima e col padre poi, per poi arrivare ad Yves e, ora, ai suoi figli, Edy e Anny. Partiti nel villaggio con alcune piccole stalle, grazie agli studi alla scuola di agricoltura dell’attuale Presidente dei Pensionati Coldiretti l’azienda è cresciuta: “Mi sono detto: o si fa un’azienda che valga la pena, oppure nel villaggio con una ventina di bovine non si può più continuare”, racconta. “Così, nel 1977, ho costruito qui l’azienda e, grazie all’aiuto di mia moglie e dei miei fratelli e sorelle siamo cresciuti”.
Ora le bovine sono un centinaio e contribuiscono a produrre quello che turisti e clienti da fuori Valle vengono ad apprezzare e comprare: fontina e tome. Oltre a quello, ci sono anche i salumi e le capre, che producono latte e formaggi ricercati. “A far macellare le mucche si guadagnava troppo poco, quindi li lavoriamo noi e facciamo i salumi. Quello che va di più, però, sono i formaggi. Abbiamo sempre fatto un po’ di vendita, ma la svolta è arrivata quando mia figlia Anny ha creato il sito: la gente ci scopre su internet e viene a cercarci. I miei figli hanno dato una grande mano, hanno un punto di vista diverso, nuovo”.
Anny si è diplomata all’ITPR ad indirizzo turistico, per poi lavorare cinque anni in un albergo, dove ha imparato la relazione con il cliente. È lei, infatti, ad occuparsi del punto vendita, nonché della produzione dei formaggi freschi. Edy, dal canto suo, ha iniziato in azienda appena finita la scuola. “Per mia fortuna ho sempre seguito mio papà anche in alpeggio”, dice Yves, “così posso tramandare ai miei figli quello che ho imparato dai nostri vecchi. Purtroppo poi abbiamo saltato una generazione: il benessere ha portato i giovani in città o a fare altri lavori. Qualcuno che comincia c’è, ma credo che si sia perso qualcosa”.
Di certo il lavoro è tanto: l’alpeggio, il mayen, i fieni, lo stagionamento delle fontine, la produzione dei formaggi, il punto vendita. In mezzo, burocrazia e difficoltà: “Lavorare in agricoltura è fisicamente meno pesante, grazie alle macchine, ma la prospettiva è dura: una volta c’erano degli aiuti, ora sono pochi, ed in compenso ci sono tante norme e tanti adempimenti che prima non c’erano e che ti tolgono tempo ed energie. Si fa il doppio della fatica. Però lavoriamo molto e ci stiamo allargando, stiamo facendo dei lavori per espanderci, fare un nuovo punto vendita ed una nuova cantina. La soddisfazione più grande, però, è che producendo tu stesso metti la faccia davanti al cliente. Se è soddisfatto e torna vuol dire che hai fatto qualcosa di buono”.