Alzheimer: la malattia che cancella la tua vita

02 Ottobre 2018

Nel momento in cui un membro della tua famiglia riceve la diagnosi di demenza di Alzheimer è come se una bomba esplode nella sua vita.

Cos’è? Cosa posso fare? Cosa mi devo aspettare?

Sono tante le domande che uno si pone e non sempre si riesce a trovare le risposte che vorremmo sentire, inoltre, è difficile trovare sollievo alla sofferenza che una diagnosi così genera nelle persone. Parlo in plurale perché, come si usa dire, la demenza colpisce per ben due volte, colpisce la persona che ne è malata e colpisce la famiglia che è intorno a lui.

Tutto cambia, più nulla potrà essere come prima. Prendersi in carico un malato di demenza richiede molta energia, richiede cambiamenti, richiede l’accettazione di un caro che cambia, al tal punto da non riconoscerlo più.

L’atteggiamento più giusto per fare fronte a questa malattia è la curiosità, è il voler conoscere cosa sia. Mi rendo conto che quello che vi chiedo è molto provocatorio, ma partiamo dal presupposto che più conosco il mio “nemico” e meglio saprò gestirlo!

Quindi, se vogliamo affrontarla nel modo giusto vediamo innanzitutto di capire cos’è.

È una malattia del cervello, degenerativa, che man mano che progredisce, colpisce le varie aree, e come tale porta la persona a ridurre la propria capacità di portare a termine anche le più semplici attività quotidiane: vestirsi, lavarsi, farsi da mangiare, tenere pulita la casa, fare la spesa, con l’avanzare del tempo non si ricorderà né dei suoi figli né della propria moglie o marito… fino alla sua totale non autosufficienza.

Cosa posso fare?

Innanzitutto è fondamentale sapere quali sono le aree del cervello che questa malattia colpisce. Vediamole velocemente una ad una:

MEMORIA: esistono due tipi di memoria quella a breve e quella a lungo termine, primariamente viene colpita quella a breve termine, ciò comporta che la persona malata faccia frequentemente la stessa domanda, non si ricorda chi è venuto a trovarla la mattina ma si ricorda benissimo episodi relativi al suo passato. Ricordati che “Non lo fa apposta”. Quando la memoria inizia a non funzionare bene porta al disorientamento spaziale e temporale, non si ricorda dove si trova e che giorno è oggi; per questo un cambiamento di ambiente può destabilizzarlo molto.

ATTENZIONE: questa funzione si riduce nella sua efficacia, ciò comporta difficoltà a concentrarsi su uno stimolo, tralasciando quelli non necessari. È possibile che se gli chiedete di aiutarvi a piegare degli asciugamani, appena sente un rumore si ferma oppure riesce a svolgere il lavoro richiesto per poco tempo, anche solamente qualche minuto, senza di conseguenza portarlo a termine. “Non abbiate aspettative”.

LINGUAGGIO: la compromissione di questa area crea notevoli difficoltà a livello relazionale. Il disturbo si manifesta con il fenomeno della parola sulla punta della lingua; la persona inizia a sostituire le parole con “coso”, “quello”… col progredire della malattia le parole perdono di significato, per esempio il malato di fronte alla parola “spazzola” è spaesato perché non sa più cos’è. È fondamentale utilizzare un linguaggio molto concreto, fatto di frasi brevi e scandendo bene le parole. Faccio alcuni esempi, è meglio dire “passami la giacca blu”, piuttosto che “passami quella giacca”, “oggi viene a trovarti Teresa” piuttosto che “oggi viene a trovarti tua sorella”.

RICONOSCIMENTO: la persona perde la capacità di riconoscere l’uso degli oggetti. Questo comporta per esempio l’utilizzo del bidet come wc oppure comporta il non riconoscersi allo specchio, portandolo a spaventarsi della sua propria immagine.

APRASSIA: la persona in questo caso perde la capacità di utilizzare gli oggetti di uso comune in modo adeguato. Questo determina difficoltà nel vestirsi, non riesce ad abbottonarsi, allacciare la cintura oppure può mettersi il pigiama al mattino invece che l’abbigliamento corretto oppure adeguato alla stagione.

Un cervello malato comporta anche la difficoltà a gestire le problematiche emotive e comportamentali, questo spiega come a volte insieme alla demenza ci siano problemi emotivi, come l’ansia e la depressione, disturbi comportamentali come l’aggressività e il vagabondaggio.

Si può guarire da questa malattia? No, ma si può fare molto. Il primo passo è fare quello che abbiamo fatto oggi: conoscerla. Il secondo passo è accettarla senza opporsi, non esigere, pretendere o chiedere troppo al malato, perché lui non può collaborare in questo, proprio perché il suo cervello malato glielo impedisce. Il terzo passo, ma non per questo meno importante, la persona malata ha bisogno di amore e tranquillità, sia che sia a casa o ricoverato in struttura.

Numerose ricerche stanno dimostrando l’importanza della stimolazione cognitiva, questa avviene proponendo alla persona affetta da demenza esercizi specifici, i quali vanno ad agire sulle aree del cervello mal funzionanti (attenzione, memoria, linguaggio…).

Questi esercizi non guariscono, ma, soprattutto nella prima fase della malattia, aiutano a preservare più a lungo le funzioni cognitive coinvolte.

Informazioni più dettagliate si possono trovare nel sito www.nicolettasavoye.it

Per informazioni:

Nicoletta Savoye

346 2203071

Riceve su appuntamento presso l’Ecoworking, 11020 Quart

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