Antares, il rosso cuore dello Scorpione

26 Giugno 2020
Nus

Da mercoledì 1° luglio ricominciano le visite guidate diurne e notturne in Osservatorio Astronomico, con modalità innovativo che rispettano le linee guida per garantire la massima sicurezza ai partecipanti. Vale la pena ribadire che la pandemia non è scomparsa e siamo ancora chiamati a fare la nostra parte, per non vanificare gli sforzi finora compiuti. Ringraziamo anticipatamente chi avrà voglia di salire a Saint-Barthélemy per ammirare il cielo insieme a noi. Vi chiediamo di prenotarvi sul sito www.oavda.it e armarvi di una ragionevole quantità di pazienza.

Non ci riferiamo solo al fatto che le procedure di ingresso saranno un po’ più lunghe, per evitare contatti e assembramenti, ma anche che il buio fatica a calare in questo periodo dell’anno. Meno di una settimana fa, infatti, è cominciata l’estate astronomica, con il solstizio d’estate di sabato 20 giugno.

Quel giorno l’emisfero boreale della Terra ha ricevuto la massima insolazione, con il dì più lungo (la parte della giornata con il Sole sopra l’orizzonte) e la notte più corta dell’anno. Tanta luce anche di sera, quindi. In realtà proprio a partire dal solstizio estivo le giornate cominciano ad accorciarsi. All’inizio di pochissimo, per poi prendere slancio dopo qualche settimana.

Questo vale per l’emisfero boreale della Terra. Nell’emisfero australe, invece, le stagioni sono scambiate e quello che abbiamo appena celebrato è stato il solstizio d’inverno. Dall’altra parte del globo i rapporti di forza sono ribaltati: dopo il solstizio il dì comincia ad allungarsi, sempre molto lentamente.

Tornando alle nostre latitudini, quando finalmente arriva il buio, scopriamo che abbiamo fatto bene ad attendere, perché possiamo vedere vere e proprie meraviglie celesti. In prima serata notiamo ancora il cielo primaverile: altissime sull’orizzonte ci sono le costellazioni dell’Orsa Maggiore e quella di Boote, mentre la Vergine è più bassa verso sud e il Leone ormai è prossimo a tramontare occidente. Poi arrivano le costellazioni di inizio estate, quali la piccola, ma affascinante Corona Boreale, la grande costellazioni di Ercole, la testa del Serpente, più a sud la Bilancia e Ofiuco, araldi del cielo pienamente tipico della stagione estiva.
A sud di Ofiuco sorge lentamente lo Scorpione, che incede mantenendosi bassa sull’orizzonte meridionale. Lo Scorpione è tra le costellazioni più spettacolari del cielo. Tre stelle ne identificano la testa: Acrab, Dschubba e Pi Scorpii. Il suo cuore è tradizionalmente identificato con la stella più brillante della costellazione, Antares. Una coda di stelle si dipana vicino all’orizzonte verso la Via Lattea, arcuandosi fino a sollevare il velenoso pungiglione formato dalle stelle Shaula (la seconda più brillante della costellazione) e Lesath. Il disegno è talmente caratteristico da comparire anche nella bandiera del Brasile.

La costellazione dello Scorpione sulla bandiera del Brasile (dal n. 16, Antares, al n. 23)

Davanti alla testa dello Scorpione, a ovest della costellazione, troviamo due stelle chiamate Zubenelgenubi e Zubeneschamali. Sembrano due scioglilingua, ma come molti nomi di stelle derivano dall’arabo medievale e significano “la chela meridionale” e “la chela settentrionale”. Infatti originariamente rappresentavano gli arti dell’aracnide, uno più verso sud, l’altro più verso nord. Oggi però sono le due stelle principali della contigua costellazione della Bilancia. Com’è possibile un “trapianto” da una costellazione all’altra? Le costellazioni sono figure di fantasia e tra gli astri che le compongono non ci sono reali legami di natura fisica, se non in rarissimi casi. Ecco quindi che popoli differenti hanno immaginato con le stesse stelle disegni differenti, immortalando in cielo valori e significati specifici della propria cultura. Così le due stelle, nel corso del tempo, hanno compiuto un curioso trasloco celeste, trasformandosi nei due piatti della bilancia, simbolo della giustizia.

La stella più brillante dello Scorpione, Antares, è una supergigante rossa. Il colore di una stella dipende dalla temperatura del gas, soprattutto idrogeno, che compone i suoi turbolenti strati esterni. Con una temperatura attorno a 3.500 °C, i gas incandescenti emettono luce rossastra: una sfumatura adatta per un astro che rappresenta l’organo cardiaco dello Scorpione! Ce lo rivela anche il nome della stella, che deriva dal greco e significa “antagonista di Ares”, perché rivaleggia con il pianeta Marte (Ares in greco) per il colore rosso. Ricordiamo che Marte si vede bene a occhio nudo e, quando è in posizione favorevole rispetto alla Terra, è anche molto brillante, come potremo apprezzare il prossimo autunno.

Il diametro della fotosfera di Antares, cioè gli strati esterni che emettono la luce che vediamo con i nostri occhi, è di oltre un miliardo di km, pari a circa 800 volte quello del Sole. Se fosse al posto della nostra stella, arriverebbe tra le orbite di Marte e di Giove. Per questo si dice che è una supergigante! Infatti è molto più grande di una stella gigante, come Arturo (di cui abbiamo trattato nella precedente puntata), che pur è 25 volte la nostra stella. Tra le stelle visibili a occhio nudo si stima che Antares sia preceduta, in questa speciale classifica, solamente da Mu Cephei, nella costellazione di Cefeo, e Betelgeuse, in quella di Orione (di cui abbiamo parlato nella prima puntata di questa rubrica). Antares dista 550 anni luce, quasi 15 volte più di Arturo, mentre Betelgeuse e soprattutto Mu Cephei sono ancora più lontane.

Studi recenti con i radiotelescopi, che osservano le onde radio emesse dagli astri e non la luce visibile come i telescopi classici, indicano che l’atmosfera di Antares si estende ancora per miliardi di km oltre la fotosfera. C’è addirittura un’altra stella che si muove dentro questa vasta atmosfera, gravitazionalmente legata a Antares, formando quindi una stella binaria. Possiamo notare la coppia solo con strumenti opportuni, perché Antares B – questo il nome dato agli astronomi alla compagna di Antares, senza troppa immaginazione – si dilegua nella luce emessa dalla supergigante.

La turbolenta fotosfera della stella Antares

Il rosso di Antares è in netto contrasto con il colore blu di tantissime altre stelle dello Scorpione, indice di una temperatura degli strati esterni di gas più elevata, sui 10.000 °C e oltre. Anche altre costellazioni vicine, come quelle del Lupo, del Centauro e della Croce del Sud (che però sono parzialmente o del tutto invisibili dall’Italia, perché troppo australi) possiedono tante stelle blu, tutte a distanze più o meno simili, tra 400 e 500 anni luce per fare numeri tondi. Non è un caso.

Queste stelle formano l’associazione stellare chiamata OB Scorpius-Centaurus. Si tratta di gruppi di stelle di grande massa, di colore blu (tecnicamente si dice che appartengono alle classi spettrali O e B, da cui il nome) e di altissima luminosità intrinseca. La stessa Antares B è una stella blu di tipo B. L’associazione OB Scorpius-Centaurus è la più vicina di questo genere al Sistema Solare. Grazie alle ricerche, abbiamo scoperto che è costituita da tre successive “ondate” di formazione stellare che si sono susseguite negli ultimi 15-20 milioni di anni. Sì, perché grazie all’analisi della luce delle stelle, realizzata con strumenti sempre più raffinati, da più di un secolo e mezzo gli studiosi, indagando le caratteristiche degli astri, hanno cominciato a ricostruirne per sommi capi la storia!

Proviamo allora a delineare brevemente le vicende di questa associazione, tenendo presente che ci sono ancora molti dubbi sulla dinamica esatta. La regione galattica dove si trova è ricca di nebulose, ovvero grandi nubi di gas sparse nello spazio. Circa 20 milioni di anni fa ha avuto luogo un intenso processo di formazione stellare, nella regione del Centauro non visibile dalle nostre latitudini. Si sono formate stelle molto massicce, perché composte da grandi quantità di materia.

Più una stella è dotata di massa, più veloce è il ritmo con cui si compiono le reazioni nucleari che la tengono accesa: possiamo dire che è ingorda e consuma in fretta il suo combustibile. Le stelle più massicce di quella generazione dopo pochi milioni di anni – tempo brevissimo su scala cosmica – sono esplose come supernove, scagliando nello spazio materia e energia. L’onda d’urto così prodotta ha attraversato lo spazio, comprimendo i gas che vi si trovano e propagandosi verso sud nella zona oggi identificata dalla Croce del Sud, verso nord proprio in quella dello Scorpione.

Circa 15 milioni di anni fa, il gas in quella zona, condensandosi per effetto dell’onda d’urto, ha dato così origine a una seconda generazione di stelle. Le leggi della fisica sono inflessibili e la storia si è ripetuta: le stelle più massicce della seconda generazione sono già esplose come supernove, mentre una è sul punto di farlo: proprio la supergigante rossa Antares. Con la sua massa pari a circa 15 volte quella del Sole e un’età di circa 15 milioni di anni, è già in una fase avanzata della propria evoluzione. Entro un milione di anni o giù di lì esploderà come supernova, lasciando probabilmente come residuo una stella di neutroni.

Nel frattempo, l’onda d’urto dovuta alle esplosioni delle stelle della seconda generazione si è propagata verso la costellazione di Ofiuco, dove ha dato vita a una terza generazione di stelle.
Quando guardiamo la regione di cielo dello Scorpione, quindi, senza accorgercene stiamo assistendo a un’incredibile sequenza di nascite e morti stellari: stelle che si accendono in generazioni successive, riempiendo il cielo di magnifiche stelle blu di altissima luminosità che possono poi evolvere in colossali astri come la supergigante rossa Antares, terminando infine l’esistenza in potenti esplosioni che innescano ulteriori nascite stellari. Il processo andrà avanti finché ci saranno le condizioni per alimentarlo, per esempio abbastanza materia che può addensarsi per formare nuove stelle. Fuochi d’artificio cosmici in serie che non riusciamo ad apprezzare perché avvengono su spazi così vasti e su tempi così lunghi che l’esperienza umana non riesce a cogliere, ma che abbiamo scoperto grazie alla nostra curiosità e all’indagine scientifica.

L’articolo è stato realizzato in collaborazione con l’Associazione LOfficina del Planetario che gestisce il Civico Planetario “Ulrico Hoepli” di Milano (lofficina.eu).

 

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