Coronavirus, l’analisi dei dati: indice RT in lenta discesa
L’Rt in Valle d’Aosta ha lentamente ricominciato a scendere, anche se ciò non ci ha permesso di rientrare in zona gialla.
Come si vede nel grafico seguente, che confronta Rt ed incidenza di nuovi casi, il nostro Rt si sta avvicinando al valore soglia di uno (siamo a 1,08) e l’incidenza si mantiene intorno ai 100 casi per 100.000 abitanti da circa sei settimane.
Dal confronto con le medie nazionali e con le regioni a noi più vicine risulta un sostanziale allineamento dei pochi parametri messi ufficialmente a disposizione dalla Protezione Civile e dall’Istituto Superiore di Sanità. L’Rt, disponibile dai primi di giugno, in Italia è attualmente pari a 0,97.
A parte i ricoveri in Terapia Intensiva, in Valle nettamente meno frequenti rispetto alle altre regioni, tutti gli altri parametri sono sostanzialmente allineati.
Una piccola notazione sugli ultimi quattro grafici: per renderli più vicini a ciò che avviene nella realtà i dati sono raggruppati per settimana, perché com’è ampiamente dimostrato le registrazioni variano con regolarità dal lunedì alla domenica.
Merita ricordare che i dati messi a disposizione continuano ad essere molto scarsi, ad un anno dall’inizio della pandemia, e non ci permettono di avere una chiara idea di ciò che avviene. Abbiamo solo una fotografia degli eventi complessivi (casi totali, guariti, isolati al domicilio, ricoverati e deceduti) senza nessuna informazione sui flussi intermedi. Nulla sappiamo, ad esempio, sul destino degli isolati al domicilio (se successivamente ricoverati e con quale esito), né dell’esito dei ricoverati (se guariti, trasferiti in Terapia Intensiva o deceduti) o ancora di quello dei ricoverati in Terapia Intensiva (se dimessi o deceduti). Senza contare l’assenza di notizie sulla distribuzione per età, sesso e residenza.
Le varianti del virus sono ormai numerose (ad oggi l’inglese, la sudafricana e la brasiliana) e purtroppo vengono indicate con la loro origine geografica, quasi a stigmatizzare una nazione rispetto alle altre. In realtà a questi Paesi va il merito di aver predisposto dei laboratori in grado di diagnosticarle, quindi ad essi dobbiamo essere grati. Pare che per ciascuna di esse sia maggiore la contagiosità ma non la gravità della malattia (morbilità), così come non è chiaro l’effetto che le vaccinazioni in atto abbiano su di esse. Prima di spaventarci aspettiamo le risposte della comunità scientifica piuttosto che affidarci al sensazionalismo dei media e dei social.
La campagna vaccinale
La campagna vaccinale procede, pur se con l’imprevisto rallentamento dovuto all’attuale ridotta distribuzione da parte della Pfizer BioNTech. Speriamo che le cose ripartano con la dovuta velocità, perché come già dicevamo la settimana scorsa, più si rallenta la campagna vaccinale, e quindi il contrasto al virus, tanto più gli si regala tempo per mutare e migliorare le sue capacità di sopravvivenza, che per noi umani significa aumento dei contagi.
In Valle d’Aosta la percentuale dei vaccinati rispetto alle dosi disponibili, aggiornata a stamani, è del 75%, il che dimostra una buona efficienza complessiva della nostra campagna vaccinale. Credo tuttavia che sarebbe stato meglio, dopo aver vaccinato il personale sociosanitario a diretto contatto con i malati, concentrare tutti gli sforzi sui grandi anziani e sulle persone fragili per ridurre i decessi, piuttosto che vaccinare contemporaneamente altre categorie a rischio di contagio ma con probabilità di esiti gravi nettamente minori. Per sostenere con qualche dato quanto ho appena affermato, vi riporto sulla scorta degli ultimi dati aggiornati dall’ISS qual è oggi in Italia la probabilità di decesso in funzione del sesso e dell’età delle persone contagiate dal coronavirus: