Coronavirus, l’Rt della Valle è il più alto d’Italia. Ma è possibile una lenta inversione

28 Marzo 2021

L’andamento pandemico dell’ultima settimana conferma la fragilità della Valle d’Aosta nei confronti della diffusione virale: il report dell’Istituto Superiore di Sanità, aggiornato al 24 marzo, mostra il persistente aumento della stima di Rt e dei casi di contagio, che hanno raggiunto rispettivamente l’1,61 ed i 237 casi per centomila abitanti, in controtendenza con l’andamento in calo della media nazionale, oltre che del Piemonte e della Lombardia, come si può facilmente osservare nei grafici che seguono.

Riguardo alla stima di Rt ricordo che il dato che riporto è una media della settimana dal 15 al 22 marzo, mentre spesso dagli organi di informazione viene citata la stima puntuale pubblicata in un altro documento il giorno prima insieme con tutti gli altri indicatori ministeriali: trattandosi dell’Rt calcolato su di un singolo giorno, ovviamente è soggetto a maggiori oscillazioni. Ad esempio, l’ultimo valore pubblicato, relativo al 10 marzo, era pari a 1,75.

Nelle due mappe delle regioni italiane potete rendervi conto della posizione della Valle d’Aosta rispetto alle altre regioni: l’Rt è il più alto d’Italia mentre rispetto ai nuovi casi positivi siamo dietro a Piemonte (344), Emilia Romagna (335), Lombardia (301), Marche (283), Puglia (269), Veneto (252) e Campania (239).

Essendo i fenomeni in Valle per lo più in ritardo rispetto alle regioni vicine, nelle prossime settimane possiamo aspettarci un trend in rallentamento o in lenta inversione.

Riguardo ai nostri vicini d’oltralpe, tenendo conto che i confronti possono essere fatti solo tra Stati e non tra Regioni, si vede dal sito di OurWorldInData che le stime di Rt sono piuttosto simili: tuttavia i nuovi casi sono in aumento sia in Francia sia in Svizzera, mentre in Italia abbiamo il record dei decessi per centomila abitanti (nell’ultima settimana 7,1 contro i 4,9 della Francia e gli 1,6 della Svizzera).

Sul fronte dei ricoveri e dei decessi, la Valle d’Aosta è ancora in una condizione favorevole rispetto ai confronti regionali che vi presento abitualmente: tuttavia è probabilmente realistico, per via della latenza valdostana rispetto alle altre realtà, aspettarci un peggioramento che speriamo tutti possa essere molto contenuto, soprattutto se la campagna vaccinale sarà mirata e tempestiva.

In ultimo i vaccini.

Al 26 marzo il 9,8% della popolazione valdostana aveva iniziato la campagna vaccinale ed il 6,5% l’aveva conclusa (in totale siamo al 16,3%): in Italia alla stessa data queste percentuali erano del 9,2% e del 5,2% (totale 14,4%). Riguardo agli over 80 andiamo decisamente meglio: 41% di sole prime dosi, 30% ciclo completato, dunque sette su dieci anziani vaccinati (70,9%). In Italia queste percentuali erano del 44 e del 21%, per un totale del 65%.

Per abbattere finalmente il tragico numero dei decessi rimane il grande problema dei cosiddetti “fragili”. Il Italia circa 14 milioni sono portatori di patologie croniche, ovviamente non tutti in condizioni di gravità che necessitino di assoluta priorità rispetto al rischio Covid. Il Ministero della Salute ha stabilito con precisione quali sono i fattori di rischio che definiscono le priorità vaccinali, ma come sempre, in assenza di una cultura epidemiologica di cui in questi tempi si sente la grande mancanza, non abbiamo idea del numero di soggetti che effettivamente necessitano di vaccinazione.

Senza contare la necessità di vaccinare i caregivers, che spesso sono intere famiglie (compresi i giovani, che spesso vengono superficialmente accusati di essere causa di contagio per stili di vita non consoni alla gravità della situazione generale) che supportano e convivono con i veri “malati fragili”.

Se già fatichiamo ad avere un’anagrafe vaccinale generale, possiamo immaginare quanto siano incompleti o inesistenti i registri di patologia su tutto il territorio nazionale, con i nostri venti piccoli ed assurdamente autonomi sistemi sanitari regionali. Speriamo che i Medici di medicina generale, gli unici che conoscano davvero la situazione sociosanitaria di ogni assistito, siano incaricati ed in grado di stilare insieme con i vari reparti ospedalieri e ambulatori specialistici delle liste di priorità secondo le linee guida ministeriali, piuttosto che affidarci solo a burocratici elenchi di esenzioni per patologie.

Grazie dell’attenzione.

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