Che cosa rimane?
Il problema non è tanto l’immagine, o le immagini in sé, ma piuttosto la lettura che ne facciamo. Abbiamo visto, e purtroppo continuiamo a vedere, fotografie di una violenza dantesca che ci aiutano a capire come va il mondo, ma se davanti all’immagine di un bosco che brucia riusciamo solamente ad emozionarci, c’è qualcosa che non va.
Un omicidio in diretta non ci fa agire, piuttosto lo filmiamo e fotografiamo. L’azione comporta una messa in gioco che non siamo più in grado di sopportare: in qualche modo lo schermo del telefono è diventato una sorta di scudo, un risveglio durante un incubo che ci salva e protegge. La tecnica ha sostituito l’umanità, un’umanità stanca che si stupisce solo se la vittima è occidentale. C’è un razzismo delle emozioni di fronte a tutto ciò che viene alimentato quotidianamente da titoli di giornali e pubblicità, da una diffidenza che si trasforma in paura e colpisce tutti gli strati sociali, la sua egemonia si palesa nei risultati elettorali, e alla cassa del supermercato.
Andrebbero trasformate le emozioni, espanse e convogliate in ascolto piuttosto che in saccenza da social. Instagram ci ha insegnato ad odiare le immagini, ne vediamo talmente tante che non ci ricordiamo quella vista dieci secondi prima, le manipoliamo e stravolgiamo come un lenzuolo dopo una scopata estiva, rimangono dei cadaveri nel fiume che nessuno si preoccupa di seppellire. L’invidia le allontana e quello che dovrebbe essere un diario personale diventa merce di scambio per consumare ancora di più, e peggio. L’emozione viene distorta e diventa così totalizzante da non avere più una sua dimensione, ci si allinea al voto degli altri perchè manca una consapevolezza soggettiva rispetto non tanto alla bellezza dell’immagine ma piuttosto al suo significato in quel preciso momento storico. Sotto quelle immagini ci sono orde di subumani che tifano da una parte e dall’altra come genitori alle partitelle dei propri figli, rovinando il messaggio, qualora fosse stato compreso, stuprandolo e rendendolo ormai assente, vacuo.
Che cosa rimane?
Una svendita quotidiana di analisi che non siamo in grado di compiere, domande alle quali non ci avviciniamo e distese di nulla che ad ogni like diventano sempre più grandi.